Il monito di Costanza all’Ic Aurigemma di Monteforte: alzate il tiro, la verità su Capaci è ancora lontana

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“I veri mandanti della strage di Capaci non sono ancora stati fermati. Gli attentatori, coloro che hanno piazzato la bomba, sono manovalanza. Ma i veri artefici sono menti raffinate. Speriamo di non dover aspettare altri 30 anni perché venga fuori la verità. Per fortuna, qualcosa oggi sta cambiando. Le istituzioni non sono più assenti”. Lo sottolinea Giuseppe Costanza, autista di Falcone, sopravvissuto alla strage di Capaci, nel corso del confronto promosso questa mattina dall’Ic Aurigemma di Monteforte presso il Polo Giovani nell’ambito della Giornata della legalita’. Non ha dubbi Costanza, in tanti non volevano che Falcone diventasse procuratore antimafia. “Una settimana prima della strage – ricorda Costanza, intervistato dal giornalista Alfredo Picariello – mi aveva annunciato la sua prossima nomina a procuratore. Sono convinto che quello sia stato il movente. A Roma si muoveva senza scorta, avrebbero potuto ucciderlo tranquillamente, invece hanno aspettato che tornasse a Palermo per mettere su questa sceneggiata. La mafia è stato un depistaggio. Politici? Il giudice Falcone mi parlava di colletti bianchi. E’ chiaro che dobbiamo alzare il tiro, che i veri colpevoli vanno cercati altrove”.

Sottolinea come abbia dovuto fare i conti con una seconda strage, dopo Capaci: “Rientrando in ufficio mi aspettavo un’accoglienza diversa ma ho scoperto che non sapevano cosa farsene di me. Ero stato retrocesso a portiere. Poi, un giorno mi trovavo davanti alla Tv, insieme ai miei nipoti, è stato uno di loro a chiedermi perchè non ci fossi anche io su quel palco. Da quel momento ho capito che dovevo svegliarmi, ho cominciato a far sentire la mia voce, perchè si accendessero i riflettori anche sulle verità più scomode. Oggi raccolgo i primi frutti delle mie battaglie”.

Spiega come “Ero stato inzialmente coinvolto in un progetto del Miur per portare la mia testimonianza nelle scuole ma poi qualcuno non ha più voluto che continuassi. Per fortuna, oggi, sono gli stessi docenti e dirigenti scolastici a chiedermi di incontrare gli studenti”.  Tanti gli aneddoti consegnati durante l’incontro. Spiega come anche nel fallito attentato all’Addaura “fui chiamato perchè erano stati ritrovati sulla scogliera un borsone sportivo e una muta subacquea contenenti un ordigno esplosivo. Fu fatto brillare dagli artificieri ma senza che venisse distrutto il timer. Eppure fu detto che di quel timer non c’era più traccia. Un chiaro esempio di falsa testimonianza. Quell’ordigno faceva paura, poichè dal timer sarebbe stato possibile risalire agli artefici di quell’attentato e magari la storia di Falcone sarebbe stata diversa”

Incalzato dagli studenti, ribadisce come “Rifarei tutto. Oggi, in una giornata come questa, facciamo vera antimafia”. Ricorda con emozione l’uomo Falcone “Era una persona gentile. Entravo nella loro casa perché Falcone mi chiedeva spesso di tagliargli i capelli, sapeva che la mia prima professione era stata quella di parrucchiere. Si era stabilito un rapporto di fiducia, per lui l’uomo veniva prima dell’autista. Una volta gli chiesero, temendo per la sua vita, di mandare avanti la sua auto con me alla guida ma lui puntualizzò che non mi avrebbe lasciato solo. Fu per me una grande emozione sentirlo parlare in quel modo. Nei momenti in cui mettevo piede nella loro casa, c’era sempre anche la moglie Francesca Morvillo, non si parla quasi mai di lei ma lo aiutava tantissimo nel suo lavoro”.

Rievoca con emozione il momento dell’attentato: “Sedevo sul sedile posteriore dell’auto di Falcone, ero andato a prenderlo all’areoporto ma poi il giudice aveva voluto mettersi al volante, accanto a lui la moglie Francesca. A un tratto mi consegnò le chiavi e spense l’auto, dicendomi che non sarebbe tornato a casa poiché aveva una riunione con altri magistrati. Ci saremmo, poi, visti il lunedì. Così facendo, rallentò quel tanto necessario a salvarmi la vita, poichè fece sì che l’impatto fosse meno forte e che non finissimo nell’area dell’eplosione”. Ricorda come l’essere sopravvissuto è diventato una colpa “Sarei stato contento di essere morto al suo posto, perché se oggi fosse stato vivo, avrebbe saputo dove mettere le mani e avremmo un’Italia diversa. Tuttavia, se ci fossi stato io al volante, saremmo probabilmente morti in 9 invece che in 5. Poiche in un convoglio le auto della scorta si fiancheggiano continuamente, per evitare che qualcuno entri nel corteo”. Chiarisce come “Non sono stato l’unico sopravvissuto di Capaci. Anche gli altri tre giovani della terza auto si sono salvati. E’ giusto che nemmeno loro siano dimenticati”.

Ci tiene a fare chiarezza su Falcone “Non è vero che il giudice scappò da Palermo, andò via perchè si ritrovò con le mani legate. Era l’erede naturale di Caponnetto alla guida del pool antimafia ma gli preferirono Meli e si andò allo scioglimento della squadra”. Ma la speranza c’è ed è forte. Lo dimostra l’attenzione dei giovani alla lotta alla criminalità: “C’è stata una forte presa coscienza del fenomeno mafia, omertà e silenzio non sono più la regola”

E’ quindi la dirigente Filomena Colella a porre l’accento sulla necessità di trasmettere modelli valoriali forti, perché gli studenti comprendano il valore della legalità e si stabilisca un circolo virtuoso tra istituzioni, scuola e studenti “I giovani devono capire fino in fondo il concetto di legalità intesa come sentimento, moto dell’anima e non come concetto astratto. Devono capire che le regole sono indispensabili per la convivenza civile e che per questo vanno rispettate”.

A portare il proprio messaggio agli studenti attraverso un video anche il ministro dell’interno Matteo Piantedosi che pone l’accento sulla necessità del contributo di tutti  per combattere l’illegalità “Non servono supereroi, ciascuno deve fare la sua parte per combattere la criminalità. La morte di Falcone non ha spento le speranze di vincere questa battaglia. Ma voi dovete scegliere  da che parte stare”. Numerose le autorità presenti, dal sindaco Costantino Giordano al questore Nicolino Pepe, dal viceprefetto Maura Nicolina Perrotta all’ispettore di polizia postale Alessandra Iandolo, dagli assessori al Comune di Monteforte Giulia Valentino e Lia Vitale a rappresentanti di polizia municipale ed esercito.

E’ il questore Pepe a esortare le nuove generazioni a riflettere sulle conseguenze delle proprie azioni, “a non pensare solo al vostro utile e all’interesse personale ma al contratto sociale da rispettare” e ad avere fiducia nelle istituzioni soffermandosi a lungo sul fenomeno della devianza giovanile e delle baby gang. Chiarisce come “Ho sempre riscontrato collaborazione da parte dei cittadini in questa provincia. E’ questo un dato fortemente positivo”. E’, quindi, il vicario del prefetto Perrotta a insistere sulla necessita di una coesione tra istituzioni e società così da innestare nelle nuove generazioni i semi della speranza. Mentre Emiliano Valtulini di Trinity College Italy consegna agli studenti un contributo video sul ruolo della musica per prevenire la dispersione e promuovere la legalità.

Ed è un messaggio forte quello che si leva dal Polo Giovani, impreziosito dalle esibizioni degli studenti del coro e dell’orchestra dell’Ic Aurigemma.  Numerose le domande rivolte dagli allievi,  sulle cui maglie campeggiano frasi sul tema della legalità. A chiudere l’incontro il dono di una targa da parte dell’Ic Aurigemma “Grazie per l’impegno di continuare a testimoniare che la legalità è una luce che non va mia spenta”