Le incertezze tra presente e futuro

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Come in un puzzle da comporre il sistema politico deve incastrare pezzi che oggi sono sparsi sul tavolo. La data del voto, il destino del governo Gentiloni, le possibili alleanze e soprattutto la legge elettorale premessa indispensabile per capire la sorte dei partiti e dei mille parlamentari che attendono una riconferma. Sono passati poco più di cinque mesi da quando il premier Paolo Gentiloni giurò nelle mani del Capo dello Stato. Il governo attuale nasce da una sconfitta elettorale: quella del 4 dicembre sul referendum costituzionale. Il Presidente del Consiglio ha camminato su un filo, sorretto da una maggioranza senza alternative e dai consigli di Mattarella. Da poco più di quindici giorni però è cambiato l’azionista di maggioranza. Dopo aver vinto primarie un po’ spente Renzi è tornato a guidare il partito democratico e bisognerà vedere quale road map intende seguire. Nonostante la vicenda dell’inchiesta Consip lo abbia un po’ammaccato, c’è comunque voglia di rivincita, la fine della quaresima referendaria anima il segretario del PD che però sa che a Palazzo Chigi non c’è Letta ma Gentiloni che con Renzi è amico ed è sempre stato attento a non creare frizioni o rivalità. Il suo governo è nato per accompagnare Parlamento e paese alla fine della legislatura. Ma restano da fissare calendario e scadenza. E la partita sarà con ogni probabilità tra Renzi e Mattarella. In mezzo c’è il nodo da sciogliere della legge elettorale. Il Quirinale insiste per armonizzare gli attuali sistemi di Camera e Senato ma sarà difficile trovare a breve una soluzione. Le riforme dovrebbero avere un respiro ampio ed invece a dominare sono le piccole convenienze. Ogni partito ha la sua personale ricetta, utile al proprio tornaconto e non all’interesse generale. Sarà dura sbrogliare la matassa tra premi di maggioranza, liste, coalizioni, soglie di sbarramento e modelli europei da importare. Di certo c’è che il sistema non potrà che essere proporzionale e questo nei fatti consegnerà al prossimo Parlamento e non ai cittadini la scelta del futuro governo. Un modello simile alla Prima Repubblica ma con l’incognita di alleanze difficili da formare nelle nuove Camere. Renzi come ha scritto Marco Damilano sull’Espresso “sogna di replicare in Italia lo scontro francese: Emmanuel Macron contro Marine Le Pen, ovvero europeisti contro sovranisti, riformismo contro anti-politica, establishment contro anti-establishment. Qualcosa si simile a quanto è già successo nel 2014, quando la campagna elettorale per le elezioni europee si trasformò in una corsa a due, Beppe Grillo contro Matteo Renzi”. A vincere e guarda caso con un sistema totalmente proporzionale fu il segretario del PD. Ed è per questo che da settimane Renzi sta ingaggiando un duello su ogni argomento possibile con i cinque stelle, dall’immigrazione, al caso Boschi Banca Etruria, ai vaccini. Tende ad ingaggiare un corpo a corpo con Grillo tagliando fuori il centro destra. Due liste più forti che si contendono il primato. Mosse che però inquietano tutti gli altri. Innanzitutto i cinque stelle. Il movimento non è quello di tre anni fa. Ha conquistato e governa due grandi città come Roma e Torino con due donne giovani e cerca di accreditarsi sul piano internazionale. Di Maio è il più attivo e il recente viaggio negli Stati Uniti fa parte di questa strategia. E poi c’è il centro destra. E’ diviso, non ha più una leadership indiscussa, anzi. Le distanze tra Salvini e Berlusconi sono cresciute a partire dall’Europa. Se però ritrova l’antica unità, l’alleanza tra Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e qualche spezzone centrista è ancora competitiva. Insomma le incognite per il presente e per il futuro sono molte di più rispetto alle certezze.
edito dal Quotidiano del Sud