Le tensioni della vigilia

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Mentre il presidente ucraino Zelensky avverte l’Europa che siamo “sull’orlo del disastro” e il capo della Casa Bianca evoca la guerra nucleare citando l’Armageddon, lo scontro definitivo fra il bene e il male, qui da noi, in Italia, Giorgia Meloni, vincitrice delle elezioni, incontra qualche difficoltà sulla strada che la porterà alla formazione del primo governo guidato da una donna e da una donna di destra che non nasconde la sua origine e il suo radicamento politico. Pare si sia molto seccata con i suoi per le soffiate uscite dalla riunione dell’esecutivo di Fratelli d’Italia che alludevano ad una insoddisfazione per la tempistica nella “messa a terra” del Piano di ripresa e resilienza che è poi la parte più consistente dell’eredità che Draghi lascia alla nuova inquilina di Palazzo Chigi. L’irritazione del presidente del Consiglio uscente, impallinato alla vigilia di un vertice europeo, era giustificata, e Giorgia Meloni è corsa ai ripari, ma quando fa sapere, non smentita, che il suo governo sarà in “discontinuità” con quelli “a trazione Pd”, dice un‘ovvietà ma apre anche un capitolo nuovo nella politica nazionale, tutto ancora da scrivere e che riserverà sorprese. Se il diverbio con Draghi è appianato, resta aperto quello con Parigi, nato dall’intervista della ministra francese per gli affari europei che annunciava “vigilanza e fermezza” sulle politiche italiane in tema di diritti e valori democratici. Meloni ha chiesto una smentita che finora non è pervenuta; ma il segnale giunto da oltralpe è chiaro: il nuovo governo italiano viene messo sotto osservazione prima ancora di nascere. Lo confermano le domande rivolte a Draghi a Praga dai leader europei convocati fra giovedì e ieri, indice non solo di curiosità ma anche di una certa apprensione. Così come gli avvertimenti delle agenzie di rating sui rischi che corre il debito pubblico italiano mostrano che il credito personale di cui l’ex banchiere centrale godeva nei circoli finanziari internazionali non è più così scontato.  Sarà dunque quello della politica europea il primo dossier sul quale la futura premier italiana verrà esaminata; ma non mancano altri interrogativi. L’aver abbandonato il progetto iniziale di cedere all’opposizione la presidenza di una Camera, per quanto in continuità con i precedenti più immediati, è un chiaro segnale di definizione politica dell’ambito della nuova maggioranza, e del resto non potrebbe essere diversamente dopo un esplicito responso elettorale. E tuttavia, per dar vita ad un governo “politico”, come richiesto dagli elettori, la presidente dovrà dimostrare di poter contare su un personale all’altezza, a cominciare dagli uomini e dalle donne del suo partito, superando anche le ambizioni degli alleati, in particolare di chi, come Salvini, ha bisogno di posizioni di prestigio nel governo per coprire la non smagliante prova delle urne. La girandola di candidature di questi giorni è l’indice di una difficoltà oggettiva. Le tensioni della vigilia si scioglieranno presto e tutto è destinato ad appianarsi a cominciare dalla prossima settimana, quando la nuova legislatura inizierà il suo cammino nelle aule parlamentari parzialmente rinnovate per ospitare un numero ridotto di deputati e senatori; ma tutto fa prevedere che fra emergenza internazionale e dissensi interni il primo governo italiano a trazione femminile potrà godere di una “luna di miele” piuttosto breve.

di Guido Bossa