L’emergenza carcere in Italia, una fotografia impietosa, se ne discute al Rosario con il fondatore del Movimento “No Prison”

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Un momento di riflessione-confronto sull’attuale condizione di sovraffollamento carcerario e lo stato inumano e degradante della detenzione nel nostro Paese. E’ l’incontro, in programma il 15 marzo, alle 16.30, nel salone del santuario del Rosario, con il giornalista Livio Ferrari, esperto di politiche penitenziarie, fondatore e portavoce del “Movimento No Prison” dal 2019, autore di diversi volumi sul tema del carcere, a partire da “Il Carcere in Italia oggi-Una fotografia impietosa”. L’autore descrive un sistema irresponsabile e arrogante adottato dalla politica, in quanto i livelli di repressione penale nel nostro Paese si connotano con una dimensione sempre più razziale, e comunque maggiormente rivolta nei confronti di minoranze e di soggetti poveri.

Oltre 60.000 i detenuti presenti negli Istituti penitenziari, un aumento costante di 400 unità al mese, una crescente ascesa del numero dei suicidi avvenuti in carcere nei primi 80 giorni  del 2024, circa uno ogni due giorni; una “stasi” del Governo e della Politica che non adotta rimedi idonei a scongiurare la morte per malattia e per suicidio.

Di qui la consapevolezza ch esiste “una responsabilità politica e morale di coloro che tale fenomeno hanno l’obbligo di affrontare con rimedi urgenti e inderogabili?”.

Interverranno Carlo Mele, garante provinciale delle persone private della libertà personale, da anni protagonista indiscusso delle segnalazioni, a vario titolo, alle Autorità circa le criticità, in particolare quelle sanitarie, all’interno degli Istituti penitenziari presenti sul territorio di Avellino e Provincia; l’avv. Giovanna Perna, che offrirà una visione di come è possibile vivere in un mondo migliore con una esecuzione della condanna che sia rispettosa dei diritti dei condannati. “Il Carcere è solo l’anello finale di una catena giudiziaria che verte sempre e solo quale mera vendetta di uno Stato che applica ancora la legge del taglione, della vendetta istituzionalizzata, ma non ha cura né del reo e nemmeno della vittima. Con la comminazione delle pene c’è da parte dello Stato la presunzione di sapere, ma il dolore nel cuore della gente nessuno può saperlo”!