L’ex boss Panzuto si racconta agli studenti dell’Amabile: fiction pericolose per i ragazzi, finiscono per legittimare l’universo della camorra

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“Sono tornato a Napoli nel 2021. Quando mi chiedono se ho paura di vivere lì dove opera la camorra, rispondo che non avevo paura quando stavo dalla parte sbagliata, perciò non posso averne ora che sono dalla parte giusta”. A sottolinearlo il pentito di camorra, l’ex boss del clan Piccirillo di Mergellina Gennaro Panzuto detto “Genny Il Terremoto” nel corso del confronto con gli studenti dell’Ite Amabile. Ad introdurre l’incontro “Abituati a dire no. Il coraggio della redenzione”, la dirigente scolastica Antonella Pappalardo che spiega “Portiamo avanti un percorso di legalità che abbiamo istituito da tempo e che si affianca a un Pcto specifico sulla pratica legale. Siamo convinti che ascoltare la testimonianza di chi ha vissuto un’esistenza tragica ma è stato capace di prendere le distanze dalla camorra può aiutare i ragazzi a comprendere la ferocia della malavita e dunque a prevenire ogni forma di devianza. E’ importante che l’universo della criminalità sia raccontato non da fiction che possono distorcere valori e personaggi ma da chi conosce davvero quel mondo”.

“Se non fossi stato convinto della mia scelta non sarei mai stato qui. Continuo a pensare che raccontare la mia storia possa essere un deterrente al fenomeno della criminalità, possa persuadere quei ragazzi che a volte sono affascinati dal mondo della camorra a capire davvero di cosa parliamo”. Inevitabile il riferimento a fiction come ‘Mare fuori” che appassionano le nuove generazioni e rischiano di lanciare messaggi sbagliati “Sono stato tra i primi a sostenere che queste fiction finiscono talvolta per legittimare determinate scelte e stileidi vita. Oggi la mia tesi è confermata da tanti addetti ai lavoro, magistrati e psicologi. Se lo Stato vuole combattere la camorra deve comprendere anche le reali motivazioni che spingono tanti giovani ad aderire a questa realtà. Sicuramente un forte condizionamento arriva anche dal bombardamento affidato a musica e fiction che trasmette messaggi e valori ambigui. Così i nostri giovani rischiano di scegliere la strada sbagliata”. Quindi ribadisce come “la scuola possa svolgere un ruolo cruciale nel contrasto alla malavita. Manca la cultura, lo Stato deve investire sull’istruzione”. Sul fenomeno delle baby gang “Molto spesso non fanno parte della camorra ma senza saperlo creano un diversivo e finiscono con il distrarre le forze dell’ordine, facendo sì che la camorra, che ha cambiato pelle, svolga i propri affari indisturbata”.

A prendere la parola è anche il cappellaano del carcere di Secondigliano Don Salvatore Soggiorno “la cultura è l’unica arma per educare alla legalità e prevenire la devianza. Bisogna promuovere sempre più progetti culturali negli istituti e nelle carceri. Sappiamo bene che la casa circondariale è la tappa conslusiva di un percorso strettamente legato alla mentalità mentre dobbiamo insegnare ai giovani che la malavita è tragedia e violenza. Di qui il progetto Nco: abbiamo preso in prestito l’acronimo che indicava la Nuova Camorra Organizzata per rilanciare la nostra sfida ‘Niente camorra oggi’. La camorra deve essere anche banalizzata per essere distrutta. Nel carcere di Secondigliano portiamo avanti laboratori per apprendere mestieri e collaborazioni con Poli universitari per favorire il reinserimento nella società”. A partecipare al confronto anche l’avvocato Almerigo Pantalone e il colonnello Domenico Albanese, comandante provinciale Arma dei carabinieri.