L’omaggio dell’Irpinia a Colasurdo. Un arcobaleno di tammorre per l’ultimo saluto nella sua Pomigliano

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C’era anche l’Irpinia a rendere omaggio a Marcello Colasurdo nella sua Pomigliano in una cerimonia di forte emozione in cui risuonano con forza le sue tammorre. Un abbraccio capace di abbattere barriere e confini, unendo territori differenti nel segno dell’amore per la musica popolare e le radici. A portare il saluto da parte della comunità di Mercogliano il sindaco Vittorio D’Alessio. “La sua intima relazione di amore per Montevergine continuerà a risuonare – ha spiegato D’Alessio – per sempre nella musica delle tammorre di tutti i pellegrini di Mamma Schiavona”.  Presenti anche gli ex sindaci di Ospedaletto d’Alpinolo e Summonte, Antonio Saggese e Pasquale Giuditta a ribadire un legame, quello con Mamma Schiavona e l’Irpinia, che non può finire con la morte. Proprio dal comune di Ospedaletto d’Alpinolo Colasurdo aveva ricevuto la cittadinanza onoraria nel 2019, per aver valorizzato il territorio con il suo impegno artistico.  Tanti gli artisti presenti in chiesa. Da Fausta Vetere, una delle voci storiche della Nuova Compagnia di Canto Popolare, a Eugenio Bennato, Enzo Gragnaniello, Daniele Sepe, Francesco Migliaccio, Carlo Faiello, Raiz, Dario Mogavero, l’irpino Massimo Vietri, voce dei Lumanera. Fuori dalla chiesa risuonano i ritmi delle tammorre, in un giorno di lutto e insieme di festa come avrebbe voluto  Marcello. Gli amici ricordano il suo essere stato “Un uomo che ha fatto della cultura una lotta sociale attraverso la tammurriata, sempre dalla parte degli ultimi”. Quindi a prendere la parola è il giornalista Federico Vacalebre che ricorda il suo motto “Meglio na tammurriata che na guerra”: “Marcello era una voce di dentro di questo territorio, aveva dato alla tammurriata le radici e le ali, era uno sciamano delle nostre terre, aveva messo nella sua voce qualcosa che stiamo perdendo. Le sue invocazioni tra sacro e profano potrebbero essere di grande aiuto nel presente. Viviamo oggi troppe divisioni. C’è bisogno delle tammorre unite, di un paranzone unico, di un arcobaleno di tammorre”. Ricorda come “Eugenio Bennato, Marcello e i Zezi avevano capito che la musica dovesse avere una valenza sociale già negli anni ‘ 60. Dobbiamo riprendere la cultura del cortile, Marcello voleva questo. La Colasurdita di cui parlavamo nelle nostre lunghe chiacchierate per Marcello è stato impegno per il sociale, militanza, ma soprattutto coerenza. Riprendiamo il percorso”.