Moda, tradizione e innovazione nel volume curato da Pelizzari

0
1695

E’ un’analisi attenta della centralità della moda nella storia della società quella che consegna il primo volume dell’opera “Moda&Mode” a cura di Maria Rosaria Pelizzari, Franco Angeli editore. Un’analisi in cui gli elementi tecnici si intrecciano con quelli storico-culturali, giuridici e sociali, economici e tecnologici, a partire dal rapporto con le trasformazioni della società, affrontati da 79 autori, docenti e ricercatori dell’Università di Salerno, nell’arco temporale compreso tra l’XI e il XXI secolo. La moda diventa così strumento per raccontare un’epoca e insieme il radicamento di fedi religiose e ideologie. Lo testimonia la trasformazione radicale nel modo di vestire che ha accompagnato il lungo percorso delle donne, l’emancipazione femminile è strettamente collegata alla rivoluzione della moda, capace di introdurre nel settore femminile capi di abbigliamento maschili, con la nascita del concetto di “unisex”. Oggi, più che mai, la moda “è strumento – scrive Pelizzari – di formazione di un’identità di genere, vista soprattutto come il risultato di pratiche interazionali e di consumo in cui gli attori la utilizzano, insieme all’abbigliamento, per mettere in scena il proprio ruolo sociale”.
Un’evoluzione, quella della moda, che parte dal Seicento in cui gli abiti diventano cartina al tornasole del rapporto tra costume ed etica per approdare al Settecento in cui l’illuminismo determina la messa al bando di parrucche e ogni genere di eccesso per scoprire il valore della comodità. Nell’Ottocento assistiamo, invece, all’affermarsi dell’uniforme borghese, espressione dei valori della classe media, dedita al lavoro con un guardaroba sempre più disinvolto da parte delle donne. Fino al Novecento in cui la moda è dominata da molteplici stili di abbigliamento e modelli di consumo, collegati anche ai diversi luoghi del mercato, dai centri commerciali alle vendite on line. Ecco perchè, oggi, ci ricorda Pelizzari, il fashion system è quantomai complesso perchè deve fare i conti con la definizione dell’identità, le forme di democratizzazione del vestire, il sistema culturale e industriale. Grande attenzione è rivolta anche all’emergere dei fashion studies in cui lo studio della moda diventa spazio capace di abbracciare antropologia, etnografia e sociologia. Si spiega così perché la prima parte dell’opera “Moda& mode” – con un primo volume tutto dedicato ai linguaggi – curata da Claudio Azzara, passi in rassegna i contesti, dall’abito come elemento identitario analizzato dallo stesso Azzara al valore di cui si caricano le misure adottate dalla Repubblica di Ragusa per temperare il lusso, vero strumento per disciplinare i comportamenti sociali, analizzati da Stefano d’Atri, dall’analisi dei costumi valdesi femminili, contrassegnati da elementi distintivi, nella ricostruzione di Alfonso Tortora alla storia di un oggetto femminile come il ventaglio, ripercorsa da Francesco Barra, che dimostra come questo oggetto si sia trasformato in un vero mezzo di comunicazione. Fabiana Quatrano si sofferma, invece, sui giocattoli come “luogo simbolico di costruzione identitaria” mentre Alfonso Amendola propone l’idea di moda, a partire dal fenomeno del dandismo di fine Ottocento, come mezzo di protesta contro le convenzioni della società. E’ dedicata, invece, alla letteratura la seconda sezione del volume, curata da Milena Montanile, che sceglie di partire da un testo centrale nel passaggio dal Medioevo al Rinascimento, “La Raffaella”, scritto negli anni Trenta del Cinquecento, espressione di una nuova sensibilità nei confronti della moda, testimoniata anche da una prima codificazione delle pratiche e dei usi legati all’abbigliamento, evidente nella diffusione della trattatistica sui comportamenti. Una nuova sensibilità determinata anche dall’incremento delle tecniche di riproduzione dei manufatti. E’, invece, Carmela Citro a sottolineare nel suo saggio come la moda possa diventare strumento prezioso nell’architettura narrativa come accade nel caso di Goldoni, sulla stessa linea Rosa Troiano e Paola Nigro che offrono una lettura della moda in un’ottica storico-linguistica. L’abito come sistema segnico, a partire dalla novella di Gottfried Keller “L’abito fa il monaco” caratterizza anche lo studio di Antonella Catone. Eleonora Rimolo rivolge, invece, il suo sguardo all’affermarsi nei primi anni del secolo della femme fatale. Una sezione che non può non concludersi con il rifiuto di Pasolini della società del consumo. La moda come rappresentazione è il filo conduttore della terza parte, curata da Emiliana Mangone, in cui la scelta degli abiti appare segno distintivo delle società capitalistiche, come sottolineano Adalgiso Amendola, Consiglia Napoli e Wilma Leone. Grande attenzione è rivolta anche alle riviste di moda capaci di influenzare il pubblico femminile, nelle analisi di Michele Bevilacqua, Pellizzari ed Emanuela Pece. E’ dedicata, infine, ai costumi di scena la quarta parte curata da Annamaria Sapienza, dal divismo al teatro elisabettiano nelle analisi di Isabella Innamorati e Antonella Piazza. Ad emergere negli ultimi saggi il rapporto tra moda, arte e medialità, passando in rassegna personaggi come Lady Gaga e David Bowie nelle analisi di Grazia D’Arienzo, Sapienza e Maria Giovanna Mancini.