Molti nemici, poco onore

0
1285

Allo scadere della mezzanotte del 13 novembre il governo italiano, con la lettera a firma del Ministro Tria, ha lanciato il guanto di sfida alla UE, respingendo le critiche formulate dalla Commissione sull’impostazione della manovra economica e sui saldi di bilancio. Occorre precisare che la sfida non è rivolta all’Unione Europea, come ordinamento giuridico che assicura la convivenza  e l’integrazione degli Stati che ne fanno parte, né all’architettura istituzionale che regge questo sistema. Quelle che sono messe in discussione sono le regole della governance nell’Unione economica e monetaria condensate in un trattato intergovernativo, il fiscal compact (entrato in vigore nel 2013), che impone a tutti gli Stati membri l’obbligo del pareggio del bilancio (è consentito solo uno sforamento dello 0,5%; dell’1% per gli Stati con meno debito). Per dare attuazione al Trattato, anche se non era necessario, l’Italia ha inserito il principio del pareggio del bilancio in Costituzione, modificando l’art. 81, che adesso prevede che il ricorso all’indebitamento è consentito soltanto al verificarsi di eventi eccezionali, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta.

Purtroppo dal 2014 (epoca di entrata in vigore della riforma) si verificano sempre eventi eccezionali, per cui ogni anno le Camere autorizzano il Governo a sforare il vincolo di bilancio ed è prevedibile che gli eventi eccezionali si ripeteranno ogni anno, qualunque sia la maggioranza politica.

Il fiscal compact prevede altresì l’obbligo di riportare il debito pubblico esorbitante entro il limite del 60% del PIL al ritmo medio di un ventesimo all’anno. A bocce ferme, cioè in assenza di crescita economica, questo significa che l’Italia, avendo un debito pubblico al 130%, in 20 anni deve abbatterlo del 70%, cioè il 3,5% all’anno, pari a circa 60 miliardi che ogni anno dovrebbero essere sottratti al circuito dell’economia per ripagare il debito. Si tratta di una ricetta, giuridicamente vincolante, per condannare il nostro Paese a 20 anni di depressione economica, disoccupazione crescente, smantellamento dei presidi dello Stato sociale. E’ evidente che il Patto di bilancio non è compatibile con la Costituzione italiana,  con la Carta dei diritti fondamentali e con gli obiettivi di promuovere un elevato livello di occupazione ed il progresso economico e sociale perseguiti dai Trattati europei. Ma quello che più conta, è che tali regole sono insostenibili dal punto di vista economico, amplificano gli effetti della crisi economica globale e rompono la coesione sociale europea, mettendo in crisi la sopravvivenza stessa dell’edificio comunitario.

Non c’è dubbio quindi che debba essere sviluppata un’azione politica su base europea per modificare le regole della governance economico monetaria e renderle meno ottuse. Senonchè il metodo seguito dal Governo italiano, di lanciare il guanto di sfida, nella condizione di massimo isolamento creata dalla sua politica “sovranista”, è un azzardo irresponsabile che può solo attizzare uno scontro in cui siamo tutti perdenti. Questo scontro forse servirà a galvanizzare l’elettorato in vista delle elezioni europee, offrendo al crescente disagio sociale il capro espiatorio della “burocrazia” di Bruxelles nemica degli interessi italiani e della sovranità del nostro paese. Tuttavia al fondo di questo scontro, non c’è il rinnovamento politico dell’Europa ma l’ombra minacciosa della Troika che si staglia sul nostro Paese. Alla base di questa sfida c’è la scommessa che con le elezioni europee cambierà il quadro politico con l’avanzata delle forze sovraniste, avversarie delle attuali elìtes dirigenti che dovranno fare i bagagli ed andare via. Senonchè l’avanzata o il trionfo delle forze politiche che esaltano l’interesse nazionale in contrasto con gli interessi comuni europei, può solo peggiorare la condizione di isolamento dell’Italia. Basti pensare che è stata proprio l’Austria, guidata da un Governo sostenuto da un partito protonazista, gemello della Lega, in accordo con la “liberista” Olanda ad alzare la voce, chiedendo la punizione del nostro Paese appena la lettera di Tria è stata recapitata

Chi di spada ferisce……

di Domenico Gallo edito dal Quotidiano del Sud