Non togliamo la speranza di aria pulita

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E’ calato troppo presto il sipario sulla Cop 21 di Parigi sul cambiamento climatico. Si parla di intesa storica sul freno dell’inquinamento, ma la comunità scientifica internazionale sottolinea che i 29 articoli dell’accordo, senza impegni vincolanti, costituiscono indubbiamente, ma solo, un novero di buone intenzioni. In realtà non è stato affrontato il problema di fondo sul termine per utilizzare l’energia di carbone e petrolio. Sarebbe ingeneroso, frattanto, non sottolineare che i lavori della Conferenza hanno evidenziato voglia d’intesa. Anche se il risultato finale dell’accordo, come ha sottolineato Obama, non è del tutto soddisfacente. Perché? Non è stato definitivamente risolto il braccio di ferro fra Paesi in via di sviluppo e Paesi ad economia avanzata: i primi hanno chiesto più danaro per i necessari cambiamenti del loro modello di sviluppo, come la diminuzione dell’uso dell’automobile per muoversi e la diminuzione del consumo della carne (per fare un chilo di carne di vitello ci vogliono almeno 13 chilogrammi di mangime). L’incremento dell’utilizzo dei mezzi pubblici è un problema urgente: lo stiamo sperimentando in questi giorni anche nella nostra città di Avellino dove i livelli di inquinamento dovuti all’uso eccessivo dell’automobile hanno raggiunto livelli allarmanti. Sostituire delle lampadine tradizionali nelle abitazioni, l’acquisto di elettrodomestici con le migliori performance energetiche, la coibentazione per evitare la dispersione del calore, comportano dei costi che i paesi in via di sviluppo non possono sopportare. Le stesse tecnologie avanzate, come il fotovoltaico o l’avvento dei veicoli elettrici, sono attualmente scelte di energie pulite possibili solo ai Paesi ricchi. La trattativa negoziale ha affrontato queste esigenze con lo stanziamento di cento miliardi all’anno. L’art. 8 dell’accordo prevede che i fondi destinati ai Paesi vulnerabili per affrontare i cambiamenti irreversibili a cui non è possibile adattarsi – basati sul meccanismo sottoscritto durante la Cop 19 a Varsavia – "potrebbe essere ampliato o rafforzato". Anche questo articolato naviga nella liquidità delle buone intenzioni, senza precisare modi, tempi e specificità di riferimento. L’art. 4, in materia di impegni nazionali, recita che tutti i Paesi "dovranno preparare, comunicare e mantenere "degli impegni definiti a livello nazionale, con periodiche revisioni che "rappresentano un progresso" rispetto agli impegni precedenti. La prima verifica dell’applicazione degli impegni è prevista per il 2023. Infine l’art. 13 del documento prevede che per "creare una fiducia reciproca è stabilito un "sistema di trasparenza ampliato, con elementi di flessibilità che tengano conto delle diverse capacità". In sostanza nello sforzo per risolvere problemi enormi, urgenti e concreti, prevale il politichese e non la determinazione netta di obblighi ed azioni chiaramente definite. Ecco perché la maggior parte degli ambientalisti ed esperti, pur apprezzando lo sforzo globale compiuto, avanzano pesanti critiche proprio sulla modalità di attuazione dell’accordo. Il testo è stato «annacquato» per evitare l’opposizione degli intransigenti, a partire dall’Arabia Saudita. Una netta bocciatura è arrivata dallo scienziato James Hansen, il "padre del riscaldamento climatico" che definisce l’accordo «una frode». Di contro Emma Ruby-Sachs di Avaz, gruppo di ricerca ecologista, parla di "svolta storica". Da che parte sta la verità? Premesso che i fenomeni scientificamente definiti hanno in se stessi una loro verità concreta, sicuramente solo il tempo, speriamo nel breve periodo, potrà dare una risposta certa, affrancata dagli appelli della mediazione politica che nasconde interessi enormi a livello globale. Frattanto, a chi, senza potere decisionale, segue con preoccupazione l’andamento negativo dei fenomeni climatici, non può sfuggire, il grande sforzo educativo di ecologia integrale contenuta nell’enciclica di Papa Francesco "Laudato sii". Alle nuove generazioni non può essere tolta anche la speranza di respirare un’aria sufficientemente pulita per sopravvivere.