Piantiamo mille miliardi di alberi, la proposta di Mancuso a Le due culture

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Nel meeting “Mondo verde” che si tiene a Biogem ogni anno a settembre, il professore Stefano Mancuso dell’università di Firenze lancia la sua nota proposta per contribuire alla riduzione del riscaldamento globale: piantare mille miliardi di alberi.

Il professore parte dalla considerazione che sono decenni e decenni che pensiamo di voler risolvere il problema del riscaldamento globale diminuendo le emissioni di gas serra. Certamente questa è una soluzione, ma sono altrettanto decenni che non riusciamo a farlo. Infatti le stiamo aumentando perché l’aumento di gas serra è legato alla richiesta di energia e l’umanità ne chiede sempre più. Prima del 2000 l’aumento della concentrazione di anidride carbonica (CO2) era di una parte per milione di volume (ppm). Dal 2000 al 2010 l’aumento è stato di 1,6 ppm. Dal 2010 al 2020 di 2 ppm. Nel 2023 l’aumento è di 3 ppm, in barba a tutti gli accordi nazionali e internazionali e a tutti i propositi e i messaggi di buona volontà. Pertanto l’abbassamento della concentrazione di gas serra non funziona.

Allora il professore Stefano Mancuso fa la sua proposta semplice e attuabile senza nuove invenzioni, senza costose tecnologie, e senza trasformazioni culturali e di comportamenti: piantare mille miliardi di alberi. Se piantiamo in dieci anni mille miliardi di alberi è stato calcolato che si avrebbe un assorbimento del 30% del surplus della CO2 che noi immettiamo ogni anno. Questo fatto non risolverebbe il problema ma ci consentirebbe di avere altri 50 anni di tempo per porre in atto un portafoglio di comportamenti compresi lo sviluppo di nuove tecnologie e l’acquisizione di una nuova coscienza.

Il professore per spingere l’umanità a prendere coscienza del problema, dopo aver snocciolato ricerche, statistiche e numeri provenienti da università come Cambridge o Politecnico di Zurigo e da riviste scientifiche, che hanno posto ansia in tutto l’uditorio, fa questa considerazione. Dice che la vita media di tutte le specie su questo pianeta è di 5 milioni di anni. Non parla delle piante per le quali la vita media sarebbe molto maggiore, ma parla di tutte le specie viventi. Poi considera la vita della nostra specie che è 300.000 anni, e conclude che se la nostra specie fosse una specie intelligente dovrebbe perlomeno raggiungere la media e quindi vivere altri 4.700.000 anni.

Allora la domanda che fa il professore Mancuso è: Noi siamo una specie intelligente? Che significa intelligenza? Intelligenza è la capacità di risolvere problemi. Invece, spesso la confondiamo col concetto di migliore. Migliore vuol dire che tu sei in grado di raggiungere un obiettivo prima di un altro. Se partecipo a una gara di salto in alto sarò migliore se supero l’asticella più degli altri. Quando inizio ad allenarmi però mi informo qual è la media a cui saltano gli altri. E partendo da essa mi allenerò per superarla, per poter essere tra i migliori. Ritornando alla media della vita delle specie su questo pianeta, noi ci stiamo allenando per superare i 5 milioni di anni? Provate a pensare la nostra specie fra 100.000 anni. Pensate che ci saremo se continuiamo ad aumentare la concentrazione di CO2 nel modo in cui lo stiamo facendo oggi? E fra un milione di anni? Che cosa pensate che sarà la nostra specie fra 4.700.000 anni? Beh se pensate che non riusciremo a raggiungere il valore della vita media delle altre specie dobbiamo concludere che la nostra specie non è una specie intelligente. E dobbiamo concludere che il nostro grande cervello col quale ci siamo posti in cima alla piramide evolutiva, confutando la teoria di Darwin, è uno svantaggio. Darwin non ha mai paragonato l’evoluzione a una piramide ma a un albero con tanti rami ed ogni ramo rappresenta una specie e l’evoluzione a esattamente paritaria per tutte le specie che sono sopravvissute fino ad oggi. Non esiste una piramide nell’evoluzione.

Il professore, continua con altre considerazioni, fra le quali quella del sito internet dove ponendo il nome di una città calcola il clima che avrebbe fra 50 anni e lo paragona al clima odierno di un’altra città. Per esempio ponendo Trieste dà come risultato Catania, ponendo Roma dà Tunisi, Napoli dà Marachesch e Reggio Calabria dà Sud Saied, quella zona da dove le persone scappano e vengono in Europa. Ponendo una città ancora più a sud del Sud Saied esce la seguente scritta: Più a sud del Sud Saied, così come per il 18% delle città, le città non saranno più abitabili per limiti termici. E la popolazione che abita in questo 18% è pari a due miliardi di persone. Altro che le attuali decine di migliaia di migranti. Allora il professore propone di piantare subito mille miliardi di alberi e sperare che nel frattempo tutta l’umanità si renda conto di quel che sta facendo e ponga rimedio.

Michele Zarrella