Processo Aste OK, Damiano Genovese: “Non c’era alcun accordo con i Galdieri”

Terminato il controesame del maresciallo del nucleo investigativo dei carabinieri. Il figlio del boss ha negato il suo coinvolgimento nelle aste giudiziarie

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Processo Aste ok, udienza fiume per  il processo nato dall’inchiesta del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino e il Nucleo Pef delle Fiamme Gialle di Napoli che hanno indagato su questo nuovo filone d’illeciti che vede protagonista il Clan Partenio.

In aula dinanzi al collegio presieduto in composizione collegiale presieduta dal presidente Melone, a latere Vincenza Cozzino e Gilda Zarrella,  è ripreso  il controesame dell’avvocato Alberico Villani al maresciallo del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino.

Il militare ha  illustrato  il tipo d’indagine condotta e  si è soffermato  sugli gli aspetti economico/finanziari che hanno riguardato l’inchiesta definita “Aste OK”. Nello specifico il difensore di fiducia di Aprile Armando ha voluto approfondire l’attività investigativa in merito ad  un’asta specifica e capire se, dalla stessa, erano emersi episodi di violenza o di minaccia. Il maresciallo affermava che, un mese dopo la vendita dell’immobile, la proprietaria dell’appartamento si recava in caserma per riferire alcuni episodi scaturiti proprio a causa dell’aggiudicazione. Il maresciallo, ancora, ha descritto il contenuto di alcune intercettazioni riguardanti Armando Aprile su un’asta per un immobile di Montefredane. L’avvocato Villani, infine, ha mostrato al maresciallo dei carabinieri alcuni opuscoli del Tribunale di Avellino in cui venivano pubblicizzate le aste giudiziarie, affermando che, comunque, le stesse, venivano comunicate pubblicamente. Il militare, poi, ha concluso il controesame con l’avvocato Villani dichiarando che – una statistica in cui si rileva la percentuale di aste turbate rispetto a tutte quelle svolte presso il Tribunale – non c’è.

Nel corso dell’esame, Nicola Galdieri ha rilasciato dichiarazioni spontanee: “Di queste quote riferite da Forte e Aprile non ne so nulla. Questa è una questione che Forte riferisce ad Aprile, io ne sono all’oscuro. Una sola volta ho parlato di Aprile con la Forte, perché andavo spesso al ristorante It’s OK e in un’occasione la Forte mi aveva accennato di un problema per le quote della sua immobiliare con il suo socio. Molto probabilmente gli sono state riferite dalla signora Forte. Non sono assolutamente a conoscenza di queste percentuali. Io non ho mai parlato di percentuali con Armando Aprile”, conclude.

Successivamente, è stato il turno dell’avvocato Gerardo Santamaria e dell’avvocato Caludio Mauriello, difensori di Damiano Genovese. I penalisti hanno chiesto al maresciallo del coinvolgimento del loro assistito nell’inchiesta. Le intercettazioni, a carico di Damiano Genovese, sono state telefoniche, ambientali  e telematiche. Il maresciallo, quindi, affermava che, dalle indagini svolte e da diversi episodi descritti in aula, Damiano Genovese “si sarebbe  adoperato per favorire il Nuovo Clan Partenio”. Per quanto riguarda le aste, una conversazione tra Pasquale Galdieri e Damiano Genovese, sottolinea ancora una volta la volontà di Galdieri di conoscere l’attività di Livia Forte e  avrebbe  incaricato proprio Damiano Genevose

Il militare, ancora, ha riferito del famoso rinvenimento dell’arma a casa dell’ex consigliere comunale. Gli inquirenti, in particolare, ritenevano che “la pistola appartenesse al Nuovo Clan Partenio e che, con la detenzione dell’arma, Genovese avesse favorito l’organizzazione criminale attiva sul territorio di Avellino e nell’hinterland“. In conclusione, poi, afferma che, dalle indagini svolte dal Nucleo Investigativo, emerge che Nicola Galdieri ha preteso 8mila euro da Livia Forte relativamente a un’asta giudiziaria e, Damiano Genovese, doveva proprio accertare che ciò avvenisse. Il maresciallo ha concluso che, a carico di Damiano Genovese, non risultano denunce per turbativa d’asta, usura e riciclaggio. Il maresciallo, infine, non ha saputo riferire il numero esatto di contatti intercorsi tra Damiano Genovese e gli altri imputati nel procedimento.

In quel momento, Damiano Genevose, collegato in videoconferenza, ha rilasciato una lunga dichiarazione spontanea: “Per quanto concerne un’asta riguardante mio nipote, mi è stato chiesto di intervenire su questa situazione, poiché Livia Forte è una mia parente, ma non diretta, in quanto è la sorella di mia suocera. Io gli rispondo che non ho rapporti con Livia Forte dal 2009 per questioni politiche. Però posso dirlo a Pasquale Galdieri che lo dirà a Nicola Galdieri che, a sua volta, lo dirà a Livia. Quindi non è Galdieri Pasquale che incarica me, ma sono io a riferire a lui. Per quanto riguarda la famosa intercettazione  in cui si parla di galdieri è  perchè in quel periodo, Osvaldo Galdieri, fratello di Pasquale e Nicola Galdieri, era malato di tumore e infatti dopo pochi mesi è morto. Io dissi di voler bene a Osvaldo. Era diverso, caratterialmente, da Nicola e Pasquale. Non mi sono mai sottratto agli interrogatori, perché la mia coscienza è pulita. Io ho risolto personalmente l’asta che mi ha riguardato e che non è stato oggetto d’indagine”.

Per il raid a colpi di mitra contro le sue vetture, avvenuto nel settembre 2019, anche alla luce di una intercettazione ambientale avvenuta nel corso di un colloquio a Voghera con il padre Amedeo, sarebbe riconducibile ai Galdieri: “Per l’attentato che ho subito, sto ancora aspettando di sapere chi sono gli esecutori di quel raid. Non è mai uscito dalla mia bocca qualcosa sugli autori”. Relativamente alle due aste giudiziarie nelle quali è emerso il coinvolgimento di Damiano Genovese, l’imputato ha affermato di essere stato chiamato in causa da una sua parente: “Una cugina di mio padre e le dissi che potevo farle solo un prestito. Nulla di più. Anche se tentai di parlare con mia suocera di questo problema, lei mi disse che era l’occasione buona per superare i problemi con la sorella e mi disse di andare a parlarle direttamente. E così feci. Ma Livia Forte, dopo averle esposto la questione, mi disse che doveva informare prima un suo socio, anche se non aveva alcun interesse sull’abitazione in questione”.

Dopo è stato l’avvocato Roberto Saccomanno, difensore di fiducia di Modestino Forte, a porre le domande al maresciallo. Quest’ultimo ha confermato che, dalle intercettazioni, è emerso che Modestino Forte avrebbe dovuto recarsi presso un’asta giudiziaria ma, dalle successive indagini, non si evinceva se, Modestino Forte, avesse effettivamente partecipato. Anche per tutte le altre aste, ancora, la presenza di Modestino Forte in Tribunale è stata comunicata dalle testimonianze.

Le ultime domande per il maresciallo dei carabinieri, poi, sono state poste dal Pubblico Ministero Henry John Woodcock. Un riesame, quello del Pm, oggetto di grande discussione in aula, con la contestazione dell’avvocato Gaetano Aufiero, dell’avvocato Nicola D’Archi e dell’avvocato Roberto Saccomanno poichè – stando a quanto riferiscono i legali – la difesa ha diritto a terminare l’esame dopo il riesame del pubblico ministero: “Questo non lo dice solo la giurisprudenza, lo dice il codice. Il Tribunale, con l’ordinanza che ha appena emesso, ha violato una norma precisa del codice”, ha dichiarato l’avvocato Aufiero. “Prendo atto che il tribunale, secondo l’ordinanza letta, sottrae il testimone alle domande dei difensori”, conclude il difensore di Nicola Galdieri.

L’avvocato Roberto Saccomanno, immediatamente dopo, ha depositato la sentenza di condanna nei confronti della supertestimone del processo. Per l’utilità della stessa ai fini del procedimento denominato “Aste OK”, sarà il collegio giudicante a pronunciarsi.

Infine, poi, il Pm ha iniziato l’esame del luogotentente del Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Avellino, che ha illustrato il contenuto di diverse procedure investigative. Numerose le attività elencate dal militare, dalle numerosissime intercettazioni all’acquisizione di sommarie informazioni testimoniali.

La prossima udienza, adesso, è attesa per il 19 maggio 2023.