Quelle teste tagliate dei bambini

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Di Gianni Festa

Non so se Maometto, di fronte agli orrori e alle crudeltà con le quali agiscono i suoi fedeli di Hamas, sia mosso dal sentimento dell’umana pietà. Leggendo le pagine del Corano si può immaginare che il grande Allah sia ben lontano dalle efferatezze che si consumano in queste ore nell’eterno dissidio tra Israele e terrorismo palestinese. Sta di fatto che in quelle terre scorre il sangue a fiumi, lasciando sul selciato centinaia di vittime innocenti. Di più. La strategia del terrore messa in atto con un assalto non previsto neanche dal Mossad supera ogni umana immaginazione, con il sequestro di persone estranee al contenzioso tra popoli che si odiano, la strage di bambini, lo stupro, gli omicidi solo perchè si esiste, e quanto altro connota la brutalità e l’irrazionalità di un comportamento inspiegabile. Siamo di fronte ad un genocidio, al ripetersi di scene che pensavamo non potessero più esistere dopo la più grande tragedia del Novecento come la Shoah. Nessuna ragione può giustificare le orrende pagine che si scrivono in questi giorni, neanche i motivi che giustificherebbero un conflitto da parte di chi sente di aver subito un torto, reagendo, come nel passato, in una guerra conclusasi con la mediazione per la pace. Bisogna andare nel lontano passato per comprendere i motivi che sono all’origine di questa guerra così diversa per come procede con la sua disumana violenza. Per questo la condanna espressa dall’intero mondo e la solidarietà a coloro che ora si trovano in trincea o ai familiari delle vittime nella sua quasi totalità rappresenta un valore straordinario per isolare i terrorristi di Hamas. La storia dei veleni in questa parte del Medioriente è complessa. I conflitti sono stati tanti. Il perchè, in pillole. Da una parte lo Stato di Israele che ha sempre avuto una forma di predominio nei territori, dall’altra ci sono soprattutto i palestinesi che rivendicano territori storicamente appartenenti al mondo arabo. Per perseguire il loro scopo hanno organizzato nel tempo forme di proteste diverse. Chi non ricorda l’Intifada, con i giovani palestinesi lanciare sassi contro i carrarmati israeliani? Poi entra in scena Hamas, il braccio violento del mondo arabo, una organizzazione politica e paramilitare palestinese islamista, sunnita e fondamentalista di estrema destra. In breve, una scuola di terrorismo. Quello che preoccupa è il fatto che questa guerra attuale si possa espandere e aggiungendosi al conflitto RussiaUcraina possa far prevedere ipotesi allucinanti per il mondo intero. Alla base dei contrasti c’è a mio avviso la religione che nel mondo arabo è una delle caratteristiche che genera conflitti. Me ne resi conto quando, inviato di guerra del Mattino, partecipai ad una delle tante mediazioni di pace tra il Libano, gli israeliani e l’Olp guidato da Arafat. Era l’agosto dell’82. L’Italia conquistò il campionato del mondo di calcio. Altre volte ho raccontato di aver visto la morte con gli occhi, per ben due volte. La prima quando un ragazzo mi puntò il Kalashnikov sul petto, saltellando, poi gridando Pertini, Rossi, Cabrini. Quello scudetto tricolore sulla maglietta militare aveva attirato il ragazzo che giocava con quella potente arma, la seconda volta quando insieme al collega Vittorio Dell’Uva, attraversavamo una collina di Beirut e una pallottola si conficcò a pochi centimetri dal serbatoio della benzina. La mancata esplosione dell’auto ci salvò la vita. Tutto era per l’odio religioso: il tassista non aveva rimosso il crocifisso in odio ad una fazione islamista. Anche stavolta la religione, insieme ai tanti rancori che hanno sollecitato i contrasti nel Medioriente, fa la differenza. Concludendo: condanniamo Hamas e la sua folle e lucida aggressione contro Israele, prendiamo le distanze da quanti strumentalizzano il conflitto per propri scopi, auspichiamo che al più presto, attraverso il dialogo e il confronto si trovi la strada della pace.