Renzi, difficile rivincita

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Mentre l’Istat attesta che la disoccupazione, soprattutto quella giovanile, è in aumento e la Banca d’Italia certifica che sotto il suo governo il debito pubblico è cresciuto di ben cinquanta milioni di euro al giorno, l’ex giovane rottamattore ha trascorso le sue giornate tra qualche comparsata (guarda caso fotografatissima) al supermercato di Pontassieve, vacanze in Val Gardena e presumibili rimpatriate con i suoi amici nei bar di Rignano. Non rinuncia, tuttavia, a tessere le sue trame per spericolati ritorni in sella, che non saranno, però, passeggiate di salute. Nè per lui, nè per il Paese. Dopo aver imposto la lunga campagna referendaria, che ha pesato non poco sulle istituzioni determinando mesi di inerzia parlamentare e governativa, ora sembra coltivare una strategia estremamente pericolosa, che tenderebbe a provocare al più presto le elezioni anticipate. Addirittura ad aprile. Essa rischierebbe di paralizzare ancora una volta l’Italia, distraendo il mondo poltico che sarebbe costretto a badare ai posizionamenti elettorali e personali. Se ne intravedono alcuni indizi, qualcuno già nei giorni scorsi. Come diceva Andreotti, a pensar male si fa peccato, ma in genere ci si indovina. Infatti, nella disattenzione quasi generale, vi è stato qualche non trascurabile segno che qualcosa bolle in pentola, con l’alleggerimento – voluto dall’esecutivo e dalla maggioranza – del prevedibile carico di lavoro della Camera. Essa sarebbe così sollevata da incombenze che avrebbero occupato tempo cruciale. E potrebbe dedicarsi, già da subito, al confronto sulla legge elettorale. Si dovrà presto andare al dunque, oltre le attuali e improduttive dichiarazioni di facciata, considerato che, sul Mattarellum, il Pd ha collezionato ben poche risposte positive tra quelle realmente utili.
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Questo fatto e l’intensificarsi del bombardamento che i renziani fanno quotidianamente sulla necessità di non tirarla per le lunghe e di andare presto alle urne dimostrano le vere intenzioni del giglio tragico renziano. Pronto a scatenare l’inferno pur di ottenere le elezioni anticipate in primavera. Una operazione estremamente difficile, a cominciare dal fatto che sono diverse le forze che attualmente dicono di volere andare verso elezioni rapide (Lega e M5S) da quelle che potrebbero condividere gli stessi criteri per far approvare una nuova legge elettorale. E costituire, quindi, almeno un nucleo della futura maggioranza. Aggiungiamoci pure le notevoli divisioni che attraversano il Pd, tra strenui sostenitori del maggioritario, quelli che non vedrebbero male un Mattarellum sia pure rivisitato e altri che vorrebbero una ripresa di contattti con FI. Infine, occorre tener conto delle sotterranee resistenze dei parlamentari per scioglimenti prima di maturare il diritto alla pensione!
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A questi fattori – che condizionano le possibilità di riuscita di una rinnovata offensiva dello statista di Rignano per andare subito alle urne – se ne aggiungono altri due, di cui uno pesante come un macigno. La volontà del Capo dello Stato. L’inusitata puntigliosità con cui il Capo dello Stato nel suo discorso di fine d’anno ha voluto sottolineare che l’assenza di omogeneità tra le leggi elettorali di Camera e Senato ha impedito di accogliere le istanze di voto anticipato è apparsa sotto le vesti di una spiegazione del passato recente. In effetti, però, è stata un duro monito per il futuro verso tentativi avventuristi di andare alle urne in primavera, senza farsi carico dei numerosi impegni internazionali e degli altri problemi del nostro Paese. L’altro fattore è quello della forza d’inerzia del fattore G(overno). Rappresentata da ogni premier, che tende a voler durare, perchè in fondo ci mette la faccia. E poi dai ministri in bilico o quelli che temono di non essere confermati. Infine, dai forti timori degli alfaniani e dei verdiniani per le elezioni anticipate (a meno che non risorgano le ipotesi di partito della nazione…).
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Insomma, tutto congiura contro il tentativo renziano. Egli resta, è vero, il leader del partito di maggioranza relativa. Azzoppato però dalle sconfitte alle amministrative e nel referendum. Perciò non è facile che trovi alleati in questo azzardo politico. A meno di far assumere al Pd l’intera responsabiità dello sfratto a Gentiloni. Ma, come è capitato spesso, non è detto che che chi scuote l’albero sarà quello che raccoglierà i frutti!

edito dal Quotidiano del Sud