Renzi, il PD e il Congresso

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Dopo il ritiro di Minniti dalle candidature al Congresso del Pd, che ha provocato una forte revisione dei giochi interni, il partito appare in uno stato di fortissimo shock psicologico e politico. L’interesse degli stati maggiori delle correnti e le indiscrezioni del mondo dell’informazione appaiono concentrati, più che sui candidati, sulle prossime mosse del convitato di pietra: Renzi. Benchè l’interessato sia dichiaratamente lontano dalla scena di primo piano, le indiscrezioni e le smentite varie che sono fioccate sulle sue vere intenzioni obbligano a chiedersi che cosa abbia in mente. Con qualche indizio in più.

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Appare chiaro che il “senatore semplice” di Rignano non intende mollare la politica. E, anzi, per tentare il difficile ritorno sembra aver messo in atto una strategia variabile. Articolata su due possibilità. Probabilmente dipendenti anche dall’esito congressuale. Quella della sua permanenza nel Pd purché in una posizione influente, in un caso. Abbandono del partito per capeggiare un’altra formazione, dall’altro. Le indiscrezioni trapelate negli ambienti parlamentari erano partite dall’appoggio renziano a Minniti e dal contemporaneo incoraggiamento a Martina a correre. Con il chiaro obiettivo di spostare il vero confronto tra i candidati dalle primarie – dove la componente renziana appare debole – all’assemblea nazionale. Essa, come da regolamento, sarebbe chiamata a decidere nel caso in cui nessun candidato, come appare ormai probabile, date le molteplici candidature, dovesse raggiungere il 50% più 1 dei voti. E poiché in quell’organismo Renzi ritiene di aver un forte seguito, finora ha perseguito lo spostamento dello showdown in quella sede. Non a caso non sono stati finora accolti, da tutti, gli inviti a un gentlemen’s agreement per modificare questa norme e fare invece in modo che il nuovo segretario venga comunque eletto dai gazebo, anche se senza maggioranza assoluta. Ora, però, il fronte renziano ha dato anche l’impressione – veritiera o solo tattica? – di prendere in considerazione una possibile intesa con Martina. Finirà come è finita con Minniti? E’ fatta solo per guadagnare candidati alle europee? Certo è stato durissimo lo scontro interno che ha opposto Renzi e l’ex ministro. Quest’ultimo si era comunque impegnato, in cambio dell’appoggio dell’ex premier, a garantirgli dei posti in assemblea e delle candidature alle europee. Patti ovviamente ora stracciati e non più verificabili. E oggi anche l’ipotesi di un Renzi che resta per il futuro all’interno del Pd appare ridimensionata. Già alcuni “indizi” avevano suscitato incertezze e angosciose perplessità all’interno del Pd. I “like” sul post di un militante che lo invogliava a fare un nuovo partito. Poi l’invito “alla sinistra italiana” a fare le scuse a Berlusconi per il trattamento riservatogli negli anni. Quindi, gli scoop sui colloqui di Renzi con esponenti di FI. Quindi il ritiro di Minniti, che non sarebbe riuscito ad ottenere dall’ex premier la garanzia di non riscendere in campo fino alle europee, con la conseguenza che il segretario neo-eletto si sarebbe ritrovato in minoranza, a causa dell’abbandono dei renziani. Infine, il sondaggio riservato sulle chance di una nuova creatura (che la darebbe intorno al 9%, per la maggior parte di provenienza Pd). Insomma, nonostante le smentite d’obbligo, molti indizi – insieme alle previsioni non entusiasmanti per il pd – indicano la propensione di Renzi per una nuova formazione.

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Le implicazioni di questa possibile decisione hanno mandato in fibrillazione il Pd. E reso più difficili e complicati i giochi di aspiranti e king maker. Oltretutto, il varo di una nuova forza renziana, di segno moderato, renderebbe più debole l’appeal del Pd. E minori le sue possibilità di risorgere. Già al lumicino, per la mancanza di veri leader, non sottomessi alla gestione renziana. Aggiungiamoci che la quasi certa elezione del segretario dalla assemblea nazionale farebbe apparire il pd come il partito degli intrighi delle correnti. Lontano dagli interessi del popolo. Scenario da brividi, per gli apparati del Nazareno. Ma anche un pericolo per la democrazia italiana, che ha grande bisogno di una vera – e autorevole – forza progressista!

di Erio Matteo edito dal Quotidiano del Sud