Savignano, da Gesualdo a Bologna: nell’arte la mia esplorazione dell’uomo

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Franco Savignano, nato a Gesualdo nel 1959, vive e lavora a Bologna, dove è titolare della cattedra di Scenografia presso Accademia di Belle Arti di Bologna.

Come si avvicina al mondo dell’arte

L’interesse per l’arte è nato fin da bambino quando andavo nel laboratorio di mio padre, un fabbro, e lo osservavo rapito mentre lavorava in modo artigianale il ferro. Un luogo per me affascinate, dove a volte mentre lo aiutavo, restavo ammirato da quel sapiente modo di trattare quella dura materia che si piegava tra le sue mani creando oggetti di diversa utilità con variegate forme che ai miei occhi, si presentavano misteriose e avvincenti. Già a quel tempo sapevo di voler fare qualcosa di artistico. E Infatti, ho frequentato l’Accademia di Belle Arti a Bologna, dove nel 1983 ho conseguito il diploma di Scenografia, disciplina che tuttora insegno.

Qual è stato il suo percorso artistico

Il mio percorso artistico è iniziato negli anni Ottanta, quando ero ancora giovane studente all’Accademia – che in parallelo seguiva corsi universitari di filosofia alla Facoltà di Lettere e di arte al Dams – e nel 1982 ricevetti il premio Lubiam partecipando a una mostra nazionale di pittura curata da Renato Barilli e Flavio Caroli. In quel momento ho avuto la consapevolezza del mio fare artistico ed è iniziata la mia ricerca che tuttora prosegue. Perciò oltre a lavorare come giovane assistente prima e scenografo poi in vari teatri e spettacoli televisivi italiani, intraprendevo la mia ricerca artistica, allora prettamente pittorica, in cui sperimentavo varie tecniche per trovare quella più consona al mio modo di fare e pensare l’arte. Poi è arrivato l’insegnamento, prima a Verona e poi a Bologna, che non mi ha impedito di portare avanti la mia ricerca artistica, anzi il mio lavorare nell’arte è stato un arricchimento anche nell’insegnamento della scenografia.

Quale ritiene sia il filone più espressivo?

La mia ricerca artistica non è schematizzata in regole accademiche, si è sviluppata nel corso degli anni indagando la mente come luogo del pensiero razionale e la dimensione umana come apparenze, tracce di esistenze tangibili, in cui esseri figurali di un pensiero visivo viaggiano in mondi sospesi della mente e della memoria, che contempla e immagina mondi archetipici insoliti e particolari, inquieti e poetici, carichi di elementi simbolici. Ho cercato di indagare la figura umana nel suo insieme, ma anche privilegiando la mente e il corpo dell’uomo come entità separate, cercando di dare voce a un pensiero visibilmente dinamico e inaccessibile, sempre sfuggente non codificabile se non con sequenze numeriche dal significato simbolico più che semantico, una sorta di codificazione del pensiero e dello spazio circostante che mette in comunicazione il mondo razionale e il mondo spirituale.

A quale corrente artistica s’ispira?

La mia ricerca artistica ha attraversato un po’ tutta la storia dell’arte, dai grandi artisti, solo per citarne alcuni, come Picasso, che mi ha fatto capire la restituzione e frammentazione delle forme, a Mirò, che mi ha permesso di sperimentare i colori primari, ma soprattutto Leonardo, lo studio sui codici leonardeschi, ore passate in biblioteca su quei codici per me sono stati rivelatori sulla tecnica antica e artistica del disegno, fino all’arte a me più vicina. Ma non solo, le mie letture filosofiche tra cui Socrate, Platone Cartesio, Kant e Hegel sono state fondamentali.

Ha mai pensato di ritornare in Irpinia?

L’Irpinia non è mai stata lontana per me, perché il legame con la mia famiglia, e il luogo in cui ho vissuto fino a 18 anni è stato sempre molto solido e io ci torno ogni volta che mi è possibile. Ovviamente, la mia vita si svolge altrove, ovvero nel luogo dove vivo e lavoro sia professionalmente che artisticamente, per cui attualmente pensare di ritornare non è possibile anche se non so cosa il futuro potrebbe contemplare.

C’è una sua opera che è particolarmente affezionato?

Un quadro in cui è rappresentato il paesaggio di Gesualdo con il castello che primeggia innevato e imbiancato di silenzio, che ho nel mio studio a casa.

Che rapporto ha con gli altri artisti?

Con gli artisti ho sempre avuto in generale un buon rapporto. Avendo avuto la possibilità di curare diverse mostre e di collaborare con vari musei, ho sempre cercato, nelle mie possibilità, di aiutare altri artisti che a volte vedevo in difficoltà, e nella mia vita ho avuto anche modo di farlo. Alcuni li ho fatti partecipare alle mostre che organizzavo, ad altri ho collocato opere in musei a me vicini, ad altri ancora ho fatto realizzare mostre personali.

Qualche importante manifestazione che ha partecipato?

Ho realizzato diverse mostre personali e ho partecipato a collettive in gallerie e musei d’arte moderna e contemporanea. L’utilizzo di vari mezzi espressivi mi hanno permesso di affrontare temi con risultati artistici diversi. Nel 1997 ho realizzato per le Ferrovie dello Stato un’opera pittorica permanente di grandi dimensioni Polvere di stelle collocata al soffitto dell’uscita laterale della Stazione di Verona e una scultura permanente in ferro Il Viaggio. Stazione e Città collocata presso il piazzale della medesima stazione; nel 1998 ho realizzato una scultura scena permanente in ferro Skené collocata nel teatro all’aperto della Fondazione Cà la Ghironda ModernArtMuseum di Bologna; nel 2010 ho ricevuto il premio internazionale di Pittura, Scultura e Arte Elettronica Guglielmo Marconi promosso dalla Fondazione Guglielmo Marconi, Circolo artistico e Università degli Studi di Bologna e nel 2011 ho partecipato alla 54° Biennale di Venezia, curata da Vittorio Sgarbi.

Nella sua produzione artistica quanto hanno influito le sue origini meridionali…

Posso dire che le mie radici irpine sono insite nella mia persona e nella mia formazione, dovuta ai valori della comunità in cui ho vissuto, ma soprattutto ai valori che la mia famiglia mi ha trasmesso, che mi hanno permesso di comprendere meglio il pensiero umano e affrontare la vita. Non credo che le mie origini meridionali possano aver influito molto, poiché la mia visione dell’arte si è formata fuori dall’Irpinia e la mia formazione artistica è stata permeata da una cultura filosofica secolare, che non ha frontiere e ha reso il mio pensiero aperto e dinamico. Un pensiero che travalica il tempo e lo spazio e non può essere vincolato a un luogo specifico, anche se per me quel luogo è importante.

Pellegrino La Bruna