Sicurezza vo cercando

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Di Gianni Festa

Entro in casa. La porta d’ingresso è socchiusa. Avanzo lentamente nell’abitazione. Il cuore corre come una Ferrari. Lo spettacolo che si presenta davanti agli occhi è devastante. Cassetti rivoltati, ricordi di un tempo che fu strappati, oggetti di una vita che non si trovano, fotografie fatte a pezzi. Dico: stavolta è capitato anche a me. Sono disperato. Mi sentito violentato nella mia intimità. Stringo i pugni per contenere la rabbia. Arrivano le forze dell’ordine, fanno i rilievi e cercano di consolarmi. E’ questo il racconto di una normale giornata ad Avellino. Lo stesso che attraversa l’Italia, dal Piemonte alla Sicilia. Si chiama Sicurezza. Un tema che mette insieme sentimenti diversi. Che ha tante chiavi di lettura. Il tema della Sicurezza è oggi tra quelli che maggiormente viene invocato dalle comunità che ne subiscono gli effetti negativi. Si tratta di un problema complesso che investe la società civile, condizionandone il percorso nella legalità. Non c’è città, piccola o grande che sia, in cui la criminalità non produca terrore e dolore. E’ sempre più evidente che le regole della convivenza sociale siano oggi del tutto disattese, violate da comportamenti anomali che fanno spazio ad una violenza che va crescendo giorno dopo giorno. Violenza è la morte provocata mentre si attraversa sulle strisce pedonali uccidendo poveri malcapitati; violenza sono i furti nelle abitazioni i cui astanti vengono malamente picchiati, dopo essere stati privati della maggior parte dei loro averi; violenza è l’insistenza con la quale alcuni venditori ambulanti impongono di comprare calzini e fazzolettini, ecc.; violenza è, soprattutto, l’inquinamento delle Istituzioni da parte dei comitati di affari, figli del sistema corruttivo e di accordi di potere; violenza è tutto ciò che non tiene conto del rispetto verso chi vive nelle proprie fragilità, disabilità e non ha la possibilità di reagire. Certo, non si tratta di fenomeni nuovi, tuttavia nel tempo sono cambiati e oggi la loro recrudescenza è davvero preoccupante. Il cittadino è sempre più indifeso, avverte la lontananza delle Istituzioni, si protegge con iniziative di gruppo, mettendo a volte a rischio la propria vita. Di conseguenza invoca un cambio di rotta. Se questo è, e non v’è dubbio, allora occorre intervenire prima che la microcriminalità si trasformi in qualcosa di più pericoloso, come ad esempio in una dittatura del consenso generata dalla paura. Dire che occorre maggiore controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine è cosa giusta e buona, ma non basta. Così come lamentarsi giustamente della messa in libertà da parte della magistratura di criminali, solo il giorno dopo che hanno compiuto un reato è d’obbligo nel rispetto delle leggi esistenti. Se il metodo della repressione, da tutti invocato, non produce però gli effetti desiderati allora occorre indagare meglio sul perché, oggi più che ieri, il problema della sicurezza non è assolutamente garantito. I criminali che compiono atti di violenza sono diffusi come formiche e provengono dagli strati sociali in cui la povertà ha grande spazio. Il disagio delle periferie è uno dei motivi che scatena la violenza e diventa culla dell’illegalità. Come la diffusione dello spaccio e del consumo della droga che alimentano la violenza. In ogni caso è l’esigenza di sopravvivenza che arma le mani di disperati assoldati dalla camorra per commettere reati. E allora da dove partire per combattere la violenza che genera illegalità? Partire, al netto del lavoro delle forze dell’ordine e dei magistrati, dal lavoro. Creare nuova occupazione nei luoghi del disagio. Far sentire la pressione dello Stato nel ripristino della legalità. In un parola rendere concreto il primo articolo della Costituzione.