Sisma 1980, Saggese: “Per l’Irpinia una grande occasione ma anche esempio del malaffare e della cattiva amministrazione”

0
1823

 A 43 anni dalla tragedia sismica del 23 Novembre 1980 cosa è realmente cambiato in Irpinia? 

Io partirei dal 1950 nascita della Cassa del Mezzogiorno e precendentemente dal 1946, anno di fondazione della Svimez perché queste date sono centrali per capire la questione meridionale, dopo il ventennio fascista che addirittura aveva ritenuto la questione del Mezzogiorno  risolta. Lo stesso Mussolini aveva dichiarato che la questione meridionale non era mai esistita e che era un’invenzione dei vecchi governi precedenti. Per operare una ricostruzione scientifica della questione meridionale si deve tener conto degli aspetti deteriori quali l’assistenzialismo e clientelismo e non quelli virtuosi come l’aver garantito al Sud il rinnovamento delle infrastrutture, anche se in parte strade, acquedotti, case popolari, scuole avevano consentito di ridurre il divario tra l’ Italia settentrionale e quella meridionale. Quando arriva il terremoto del 1980 la spinta progressiva della Cassa per il Mezzogiorno era ormai tramontata. Ormai cominciava a levarsi quel vento del Nord che sarebbe confluito poi nella nascita della Lega .Nel dopo terremoto ci fu anche grazie all’ appello a reti unificate della Rai del Presidente Sandro Pertini l’ultima grande gara di solidarietà nazionale, a favore delle zone terremotate per la ricostruzione e allo stesso tempo fu l’occasione per riscoprire quel Sud dimenticato, povero, flagellato e fu al contempo l’ ultimo tentativo di risoluzione della questione meridionale.Il fallimento della ricostruzione con l’ Irpinia gate e i conflitti tra i partiti favorirono l’idea di un Sud parassita e assistenziale, ormai malato terminale, che determinò l’abbandonò alla sua condizione.In altre parole il Terremoto dell’Irpinia è stato una grande occasione, ma anche esempio del malaffare e della cattiva amministrazione meridionale del denaro stanziato, che ha alimentato la retorica leghista e separatista, caratterizzando negli anni successivi la politica italiana.Le tappe fondamentali di questo processo, prima della nascita della Cassa del Mezzogiorno, vanno dal 1861 al 1953 e quest’uopo si consulti il volume dedicato  dalla Svimez, che è uno studio delle statistiche dei punti cruciali dello sviluppo della nostra nazione e dell’ effettivo divario tra Nord e Sud, in quell’arco temporale. Nei trent’anni successivi la Cassa del Mezzogiorno era riuscita a ridurre sensibilmente le distanze tra il Nord e il Sud Italia.Negli anni settanta con la crisi economica ed energetica si cominciò a pensare di smantellare il vecchio impianto della Cassa per il Mezzogiorno, fino ad abolirla del tutto facendo leva solo sull’ideologia nazionale e nazionalistica di Salvini.

La legge 219 in che modo ha influito sulla rinascita delle zone interne del nostro Sud? 

Citando il comune e caro amico Onorevole Gerardo Bianco, di cui a breve uscirà un mio libro, l’ Irpinia è stata dotata di infrastrutture che prima non aveva. Sono state realizzate oggettivamente infrastrutture importanti, molti edifici pubblici ricostruiti o abbelliti, dalle scuole ai comuni e altre strutture, le chiese e i castelli sono stati ristrutturati. Molti cittadini che vivevano in case fatiscenti, povere e fredde hanno avuto in molti casi abitazioni di notevole valore. Il patrimonio immobiliare pubblico e privato ne ha tratto notevoli benefici.Il Iimite dell’intervento è stato, invece, sullo sviluppo e qui dobbiamo andare con la memoria a tutte le relazioni, i saggi, e gli scritti che in quegli anni realizzò Manlio Rossi Doria, al suo grande impegno e alla Memoria pubblicata per Einaudi dal gruppo di Portici nel gennaio del 1981, due mesi dopo il terremoto, in cui come già una settimana dopo la tragedia del sisma, il 30 novembre del 1980, in un articolo sul Corriere della Sera, rifletteva sulla necessità di uno sviluppo industriale armonico inserito all’interno di in un più ampio sviluppo dell’agricoltura, di un miglioramento, potenziamento e ammodernamento dei servizi, della sanità, dei trasporti, della viabilità, della scuola e una industrializzazione, che guardasse anche, ma non solo, ai prodotti locali e quindi anticipava l’idea di sviluppo dell’industria agroalimentare.Il professore di Portici pensava, altresì, alla salvaguardia del paesaggio e la creazione dell’agritour e quindi a un turismo di montagna dedicato alla natura e allo sviluppo dei prodotti tipici locali di qualità, quali il vino, i formaggi e la castagna e investire su questo cosa che, solo a distanza di quasi 20 anni, poi è divenuto patrimonio comune dell’immaginario collettivo ed adesso possiamo contare tanti prodotti tipici di grande qualità apprezzati non soltanto in Italia, ma in tutto il mondo. Anche la salvaguardia del bene idrico, delle fonti, dei fiumi, il potenziamento della ferrovia sono elementi che Manlio Rossi Doria sviluppava dagli anni ‘60 al ‘68, quando si candida a Senatore della Repubblica, nel collegio dei Sant’Angelo dei Lombardi e fu anche, non a caso, eletto dai contadini dell’alta Irpinia. Rossi Doria poneva l’accento sulla necessità di individuare in modo scientifico le zone dove collocare le industrie e al contempo di richiamare gli emigranti, per avere un tipo di operaio specializzato che avesse anche una cultura operaia diversa, che non era presente in Irpinia in quegli anni e puntare a un’industria di qualità. Consigliava , inoltre, la necessità di circoscrivere le zone realmente colpite dal territorio, comprendenti l’alta Irpinia, una parte consistente della Basilicata e una piccola parte della Puglia e invece la legge 219 divenne uno strumento per curare anche il grande malato, che era la città di Napoli. La dispersione degli interventi e l’ampliamento indiscriminato delle zone terremotate produsse come effetto che le aree del cratere venissero inquadrate in un‘ottica, che non era più quella della ricostruzione. A questo si aggiunse, come capita spesso, che l’uso dei finanziamenti pubblici in Italia e in particolare nel Sud e l’assenza di controlli, relativamente alle imprese beneficiare di tutti i contributi, furono causa del fatto che la ricostruzione meridionale venne affrontata non nei modi e nei tempi necessari, ma attraverso dei palliativi, a cui dobbiamo necessariamente ripensare.

Ripensare in che modo?

Se questi finanziamenti sono stati utilizzati in modo clientelare e se le imprese non sono state selezionate e in molti casi sono state beneficiate imprese già in crisi altrove, cosa che purtroppo sembra essere avvenuto, senza dar conto allo Stato su come venivano utilizzati, se non ci sono adeguati controlli e rendicontazioni, ecco che fondamentalmente questi benefici e contributi a fondo perduto che potevano essere utilizzati in modo virtuoso e che in parte è accaduto, perché per fortuna abbiamo tanti esempi di queste imprese virtuose, che tutt’ora ancora operano in Irpinia, in alta Irpinia e non solo, è accaduto invece che ci sono state tante industrie fantasma, che hanno operato per pochi mesi o per pochi anni e poi magari hanno addirittura trasferito le proprie produzioni altrove. La politica in questo modo si è proposta soltanto di controllare le assunzioni, cioè che nei luoghi di lavoro ci fossero gli amici e gli amici degli amici e poi se queste industrie portavano ad un effettivo beneficio complessivo e ad una trasformazione del tessuto economico e sociale del territori è passato in secondo grado.

Come la politica ha gestito il dopo terremoto, in Campania, nello sviluppo successivo più annunciato che realmente realizzato?

A partire dalla fine della seconda guerra mondiale, alle piaghe del Meridione si aggiunge la pervasività della mafia, della ‘ndragheta e della camorra, fenomeni che fino ad allora erano rimasti circoscritti, cosa che invece accadrà dopo, perché questi fenomeni della malavita organizzata hanno bisogno di denaro per svilupparsi e per pianificare le proprie azioni delittuose e come sappiamo dove ci sono grandi investimenti e grandi ricchezze arrivano queste cosche. Questi fenomeni, e lo sottolineava anche Manlio Rossi Doria si aggiungono ad altri problemi del Sud, così ben analizzati dalla Svimez e anche dall’Animi, che nel corso degli anni ‘60, con il boom economico, assumono quella funzione pervasiva e di controllo del territorio, anche collegandosi con il sistema politico e come abbiamo visto più volte dalle cronache nazionali, realizzando anche alleanze di tipo politico-finanziario-economico, con un do ut des, in cui il controllo del territorio rimandava anche a una moneta sonante per i politici, che utilizzavano l’alleanza con la camorra, con la mafia o con la ‘ndrangheta per poter consolidare il proprio sistema di potere, in cambio direttamente di favori, di tutele, di miopie e di collusioni di varia natura. In questo scenario il terremoto del 1980 rappresenta una torta pingue e particolarmente allettante e appetibile. Questo è l’altro grave male del Sud, cioè noi ci troviamo di fronte ad un sistema complesso e difficile da risolvere e questa realtà disgregata, come l’avrebbe chiamata Antonio Gramsci nel suo celebre Saggio, su alcuni temi della questione meridionale, questo grave problema del Sud reso ancora più drammatico dal condizionamento pervasivo di mafia, camorra e ‘ndrangheta purtroppo rappresentano ancora oggi una zavorra, da cui il Sud non potrà mai risorgere! Per poterlo fare abbiamo bisogno di quella rivoluzione culturale, di quella rivoluzione morale, che già invocava disperatamente Francesco De Sanctis e che hanno implorato anche Guido Dorso, Antonio Gramsci e tutti i grandi meridionalisti e le tante cassandre inascoltate ed è questo il vero problema: come incidere sulla cultura, sul pensiero, sulla società, sull’opinione pubblica perché la questione meridionale è una questione di popolo, è una questione che riguarda tutti, non è la questione del singolo e noi non possiamo pensare che i singoli possano risolvere la questione meridionale, anzi i singoli rischiano di essere degli agnelli sacrificali, dei don Chisciotte o degli eroi dimenticati.

 

Alla luce del disegno di legge sull’Autonomia Differenziata di Calderoli ha ancora regione il sogno di De Sanctis, Dorso e Doria di un Sud migliore, più rispondente alle istanze dei cittadini?

L’autonomia differenziata è figlia di tutto ciò che abbiamo detto, di un’ideologia leghista, che prima tendeva alla disgregazione dell’unità nazionale e adesso nei fatti la produce. Si è abbandonata l’idea della secessione, ma nei fatti la secessione si è già verificata in realtà e adesso si aggrava radicalmente. E’ il prodotto di un’epoca di crisi economica di ristagno, ma anche di riflusso ideologico della nazione, che produce come effetto generale la mentalità del si salvi chi può, nel senso che il Nord per conservare lo status, per conservare l’economia, i privilegi e anche la condizione di sviluppo attuale e per non rinunciarvi, alimenta una sorta di egoismo: i cittadini del Nord vogliono pagare meno tasse e tutti benefici per la sanità, per l’istruzione, per i servizi, per la viabilità, per l’economia vorrebbero tenerseli per loro, con il conseguente aumento del reddito, perché si riducono le tasse e i servizi rimangono di alto livello. Il Sud faccia da sé, se non riesce non è colpa nostra, è colpa dei meridionali – questo è sostanzialmente il senso del disegno di legge di Calderoli. Le colpe sono anche dei meridionali evidentemente e noi meridionali certamente non dobbiamo avere atteggiamenti auto-assolvitori, ma è chiaro che l’autonomia differenziata sancisce la fine dell’unità nazionale e a quel punto non ha più senso parlare di una nazione se ci sancisce dal punto di vista costituzionale la differenza tra i cittadini , nei diritti nei doveri e nelle opportunità. In definitiva possiamo affermare che l’autonomia differenziata rappresenta la cancellazione di quel sogno repubblicano, di quel sogno rivoluzionario che è stato il Risorgimento e che aveva l’ambizione, e lo ha realizzato negli effetti, di fare dell’Italia una Nazione, che potesse avere un ruolo centrale nella storia europea e internazionale. Ci avviamo, quindi, ad un’idea dell’Italia, che era quella pre-unitaria e chiaramente in un contesto planetario geopolitico così complesso di violenze e di guerre indiscriminate è anche un’idea miope, che a lungo andare chiaramente danneggerà anche il nostro paese.

Rosa Bianco e Fiore Carullo