Troppe tensioni e ambiguità

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Troppe ambiguità e troppe tensioni. La maggioranza vive queste giornate sempre sul filo, in perenne equilibrio. C’è però una distanza tra le dichiarazioni dei leader e quelle dei peones parlamentari che sono un po’ come i tacchini, hanno l’unico scopo di non essere mangiati a Natale. In attesa di colmare questo divario c’è da riempire di contenuti e non di parole l’agenda del governo e occorre fare chiarezza sulla collocazione internazionale dell’esecutivo. Se il PD infatti non ha dubbi sulla sua vocazione europeista non altrettanto si può dire del Movimento Cinque Stelle. Il Mes, il meccanismo europeo di stabilità, diventa quindi uno snodo cruciale. Ma non solo l’Europa anche tutta la politica estera, le risorse da impiegare, le opere pubbliche sono temi da affrontare senza ambiguità o contorsioni. Ci sono decisioni da prendere che invece si dilatano per le crescenti contraddizioni della maggioranza. Un mix che produce un solo risultato: continuare a rinviare per scongiurare le divisioni. Non si può però compiacersi del rinvio perché siamo nel cuore di una pesante crisi economica e questo dovrebbe essere il tempo del coraggio e del senso delle istituzioni. Ripartenza e ricostruzione, a quattro mesi da Codogno e dopo oltre 35mila morti, sono frenate da troppi impedimenti mentre servirebbe un piano per sostenere il tessuto produttivo del Paese. Una sorta di cura choc per i settori sui quali la crisi ha colpito più duramente: turismo, ristorazione, artigianato e abbigliamento solo per fare alcuni esempi. Bisognerebbe dare un’ossatura alla sfilza di proposte messe a punto dalle fitte e lunghe consultazioni dell’esecutivo. Il PD rimprovera a Conte i troppi provvedimenti che restano nel limbo. Non solo restano aperti i complicati e delicati dossier su autostrade, Alitalia ed Ilva ma l’elenco si allunga con i decreti. Quello sulla semplificazione è entrato in una terra di nessuno e si spera di poter approvare entro fine luglio il decreto rilancio. A questa situazione si aggiungono i dati “tragici” presentati da Confindustria che mettono in evidenza il meno 46,9 per cento di fatturato e il meno 49 per cento degli ordinativi con il picco del crollo del settore automobilistico giugno al meno 56,8 per cento delle immatricolazioni. Come scrive Stefano Folli “è evidente che il paese non può permettersi una divaricazione sulle cose da fare e su come farle. Da un punto di vista politico Conte può trarre vantaggio dall’inerzia del sistema. Vale a dire dall’incapacità delle forze politiche di individuare un’alternativa credibile all’assetto di maggioranza. Un’ingessatura che però fra quattro mesi potrebbe essere frantumata dallo sconquasso economico e sociale prefigurato dal governatore della Banca d’Italia Visco, ma che per ora regge grazie al patto di potere su cui si fondano coalizione e governo”. In queste condizioni dunque tutto serve fuorché procedere con lentezza bisognerebbe al contrario agire con tempestività e determinazione. Conte invece deve attendere e andare avanti con cautela, “con juicio” come direbbe il Manzoni che fa dire questa proverbiale espressione al Gran Cancelliere di Milano Antonio Ferrer che si rivolge così al cocchiere mentre la carrozza passa circondata dal popolo in tumulto per la carestia che è sopraggiunta alla peste. La cautela del premier è dovuta al fatto che guida una maggioranza sfilacciata dove i Cinque Stelle continuano a perdere pezzi e con il passaggio della senatrice grillina Alessandra Riccardi alla Lega adesso la maggioranza è in bilico a Palazzo Madama. Il gradimento personale del premier è in crescita nei sondaggi ma le tensioni interne affiorano ogni giorno. L’ultima polemica sull’idea di abbassare l’Iva, un annuncio estemporaneo del Presidente del Consiglio che dimostra come si proceda a tentoni, temporeggiare per non irritare ed evitare pericolose convulsioni.

di Andrea Covotta