Un pranzo di speranza: il carcere di Bellizzi Irpino unisce le famiglie per rinsaldare i legami

Detenute cucinano per i loro cari in un'iniziativa commovente mentre il Garante dei detenuti e la direttrice del carcere chiedono una riforma urgente

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Giornata particolare oggi,per le detenute del carcere di Bellizzi Irpino per cui è stata  organizzata un’iniziativa speciale cdal titolo  “Un pranzo con abbracci dentro le mura”. L’evento è stato promosso dal garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello, in collaborazione con la direttrice del carcere, Concetta Felaco, con l’obiettivo di favorire il mantenimento degli affetti familiari e rinsaldare i rapporti fra le recluse e i loro piccoli.Durante questa giornata, le detenute hanno avuto l’opportunità di incontrare i loro figli e familiari per condividere momenti di gioia. In un gesto significativo, sono state proprio le detenute stesse a cucinare per i loro congiunti, dimostrando così il loro impegno nel creare un momento speciale all’interno delle mura carcerarie.

“In Italia oggi ci sono 57.441 detenuti, di cui 2.502 sono donne. Nel sistema carcerario, sono presenti 393 donne, alcune delle quali si trovano in strutture ad alta sicurezza. Le detenute hanno la possibilità di incontrare i loro mariti, i figli e i parenti, all’interno di un ambiente diverso che offre anche un po’ di musica. È bello sapere che loro hanno cucinato insieme ai miei volontari. Queste piccole cose – afferma dichiara il garante campano dei detenuti, Samuele Ciambriello hanno un valore incommensurabile. È importante che il sistema carcerario garantisca questa certezza fin dall’inizio. Tuttavia, negli ultimi giorni, sono rimasto un po’ deluso. Ogni volta che viene emessa una condanna, si afferma che la giustizia è stata fatta, ma quando qualcuno viene assolto, nessuno ne parla. La giustizia dovrebbe essere considerata tale anche quando si viene assolti. È importante evitare il populismo mediatico. Bisogna comprendere che il carcere è una misura estrema e, in particolare per le donne, dovrebbero essere considerate alternative, almeno per i reati meno gravi. Ad esempio, nella provincia di Avellino, esiste ancora il carcere di Lauro, che ospita detenute madri. Tuttavia, abbiamo mai detto ‘mai più bambini in carcere’? Inoltre, in Italia abbiamo i finanziamenti per implementare misure alternative, come il prestito domiciliare per le donne con figli. La visione politica sul carcere sembra essere cinica e pallida, con un’attenzione quasi insignificante verso questa tematica. Fortunatamente, in un’estate torrida come questa, ci sono iniziative come questa che mi danno un po’ di speranza. Tuttavia, il tema del carcere deve essere affrontato seriamente come parte della riforma della giustizia. I politici a Roma parlano di riforma della giustizia in generale, ma cosa succede con il sistema carcerario? Chi si occuperà di questa questione? Questo è l’appello che lancio oggi, qui, insieme a queste persone e queste famiglie, affinché si passi dalla reclusione all’inclusione sociale”.

“Stiamo vivendo momenti dedicati all’importanza delle relazioni affettive e alla coltivazione di rapporti che-afferma la direttrice del carcere  irpino Felaco – diventano sempre più significativi nel corso del tempo. Ci troviamo ad affrontare diverse difficoltà, sia interne all’Istituto che esterne, a causa di questioni nazionali. Queste modifiche fanno parte della legge che stiamo attuando. È di fondamentale importanza avere colloqui con le famiglie, offrendo loro l’opportunità di trascorrere del tempo insieme durante il periodo di transito.

“Come sottolineato anche  in altri incontri recedenza, stiamo implementando un approccio che prevede una gestione mirata all’interno delle sezioni, tenendo conto delle specifiche differenze. Non si tratta solo di aprire o chiudere, ma di finalizzare le aperture in modo che rimangano attive, considerando anche la sentenza Torreggiani che stabilisce che il detenuto debba svolgere l’intero periodo di detenzione.Questo approccio comporta un coinvolgimento attivo del detenuto nella partecipazione a varie attività scolastiche che sono state temporaneamente sospese, nonché nell’instaurare relazioni con i familiari.

“Ad esempio, abbiamo avviato due corsi di formazione professionale in collaborazione con la Regione Campania. Durante il periodo di chiusura delle scuole, abbiamo avuto l’opportunità di lavorare su progetti di manutenzione degli impianti e offrire corsi di formazione. Inoltre, stiamo promuovendo iniziative di volontariato per creare momenti di apertura e socializzazione all’interno. I ragazzi stanno partecipando ad attività sportive, nonostante alcune piccole lesioni, come spesso accade. Collaboriamo anche con associazioni esterne e con il CSI per svolgere attività significative come fitness e yoga, anche per coloro che richiedono un maggiore supporto dal punto di vista psichiatrico”.

“Dato che ospitiamo soggetti che presentano problemi di sicurezza attiva e passiva, è fondamentale fornire loro un adeguato sostegno psicologico. È incoraggiante notare che da un paio di settimane abbiamo uno psichiatra che presta servizio per 12 ore settimanali, offrendoci una preziosa consulenza che ci aiuta a gestire situazioni di maggior disagio. Stiamo inoltre lavorando per ampliare il nostro personale infermieristico e gli operatori socio-sanitari. Tuttavia, considerando il gran numero di utenti, dobbiamo affrontare alcuni problemi interni di gestione, ma ritengo che rientrino nel normale svolgimento del nostro lavoro quotidiano”.

Poi la direttrice  Felaco  si sofferma sulle criticità del penitenziario. “È vero che ci sono carenze di personale, ma stiamo concentrando i nostri sforzi nell’ottimizzare la qualità del lavoro e nel potenziare il lavoro di squadra. Non vogliamo che gli agenti penitenziari si occupino solo della gestione, ma vogliamo che siano disponibili in ogni momento. Disponiamo di psicologi ed esperti convenzionati con l’amministrazione, nonché di un supporto sanitario adeguato. Tuttavia, dobbiamo gestire situazioni complesse in cui i detenuti richiedono ascolto, pazienza e supporto. Siamo responsabili della loro vita all’interno dell’Istituto e questa è una criticità che va affrontata con attenzione”.

“Stiamo cercando di promuovere iniziative positive e programmi di prevenzione, ad esempio per limitare l’uso di sostanze stupefacenti e l’accesso a telefoni cellulari. Stiamo anche valutando l’implementazione di strumentazioni per condurre giornate di prevenzione. Tuttavia, dobbiamo fare i conti con le lamentele e le segnalazioni che riguardano non solo la Campania, ma l’intera amministrazione penitenziaria, che ha subito tagli di bilancio e una mancanza di assunzioni di personale.

“Abbiamo in arrivo possibilità di assunzioni, con 28 nuovi arrivi che verranno distribuiti a breve, di cui 18 per le pulizie e 10 per il corpo di polizia penitenziaria. Riteniamo che questa sia una buona notizia, poiché avremo nuove risorse e giovani desiderosi di lavorare in un ambiente che offre formazione e opportunità di crescita professionale. Tuttavia, è importante concentrarsi non solo sul numero, ma anche sulla qualità del lavoro per ottimizzare le risorse disponibili. Ad Avellino, in particolare, abbiamo un alto numero di personale anziano, il che comporta assenze giustificate, ma non significa che manchino risorse, bensì che c’è un continuo ricambio del personale più anziano. Speriamo che nei prossimi 4-5 anni si riesca a trovare una soluzione e ad assicurare un adeguato collocamento del personale di polizia penitenziaria”

In conclusione, prer la direttrice della casa citrcondariale di avellino  bisogna concentrarsi “sulle iniziative positive che stiamo intraprendendo e sulla prevenzione, al fine di fornire risposte ai sempre più complessi bisogni dei detenuti. Il carcere si trova ad affrontare molte sfide e speriamo di poter continuare a migliorare, ottimizzando il lavoro e investendo nella formazione del personale”.

Tra le detenute significativa l’esperienza di Maddalena Pagani che racconta dalle colonne del quotidiano “Il Mattino“  la sua esperienza all’interno delle mura del carcere irpino.

“Questo fa parte di un’iniziativa particolare insieme al Garante. Ogni 15 giorni scrivo per il Mattino come volontaria. In primo luogo, lo faccio per cercare di far giungere i pensieri specifici di una detenuta, perché crediamo che la mentalità o ciò che si pensa possa essere condiviso e unito, poiché il tuo messaggio può influenzare gli altri detenuti.

“Perché ascoltare gli assistenti? Una lettrice o chiunque altro al di fuori, si potrebbe dire “fuori”. La frase è: “Ma che ne sa?”. Ma io lo so, lo so, mi sono trovata in molte situazioni difficili, ce la facciamo, sto male, sono distrutta, sono una madre e ho una famiglia, ma è possibile farlo con chiarezza e rispetto per il lavoro di coloro che lavorano per noi ogni giorno. Non è facile, ma ne abbiamo parlato molto, se mi lo permettete, di questa carenza di personale.Spesso si dice e si vede. L’assistente non ha voluto, il direttore non ha potuto. Va bene quando abbiamo tutto scritto, ma non dipende solo dal lavoro, ci sono troppi pagamenti. Quindi, se posso fare solo un appello, anche se sono forse solo una goccia nel mare, voglio dire a chi può sentire, a chi può ascoltare e a chi di dovere, di rafforzare questo concetto, perché più siamo sulla stessa lunghezza d’onda, più siamo uniti nel pensiero. E così possiamo apportare miglioramenti e fare in modo che tutto possa cambiare”.