Zecchino: il Pnrr non discrimini gli istituti di ricerca come Biogem

Mancuso: piantare alberi per salvare il pianeta

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“Al ministro Schillaci chiediamo di non essere discriminati nell’accesso ai fondi del Pnrr sulla ricerca”. E’ l’appello che lancia il presidente di Biogem Ortensio Zecchino in occasione dell’inaugurazione del meeting “Le due culture” dedicato al Mondo Verde. Sottolinea con amarezza come “Continuiamo ad essere esclusi dai bandi del Pnrr, che legittimano gli enti pubblici di ricerca e gli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. In un clima di meritocrazia chiediamo, invece, di partecipare ad armi pari, senza distinzione rispetto agli enti pubblici”. Spiega come “Quest’anno abbiamo potuto essere presenti solo a un bando non destinato alla ricerca ma alle strutture, promosso dall’Agenzia di coesione territoriale. Abbiamo ipotizzato una struttura per attività preclinica che possa occuparsi di virus, ma abbiamo avuto problemi con il finanziamento, inizialmente previsto per il 100%, poi per il 50%. Il Tar del Lazio ci ha dato ragione, ma ci chiediamo quando riusciremo ad appaltare i lavori se la deadline è il 2026?”

Spiega, rivolgendosi al ministro Schillaci come “Ci sentiamo parte di questa grande famiglia che opera a sostegno della salute, poichè il nostro impegno è finalizzato al miglioramento del benessere collettivo, senza scopi di guadagno. La nostra attenzione è rivolta alla ricerca di base e preclinica, poichè senza ricerca anche la cura del paziente non potrebbe sortire risultati. I nostri laboratori sono dedicati a oncologia e nefrologia e abbiamo il nostro punto di forza nella modellistica  transgenica, di cui è responsabile il professore De Felice”. Ricorda come “Abbiamo voluto metterci al servizio del sistema sanitario, processando in tempo di Covid 330 mila tamponi con un esame su tre geni che non era nelle nostre corde, anche a costo di comprimere le nostre attività pur di contribuire a salute pubblica. Oggi possiamo offrire alle strutture ospedaliere servizi che non sono comuni ma che, invece, potrebbero dare un contributo decisivo nella lotta alle patologie oncologiche. Penso al sequenziamento nella mutazione genetica che caratterizza il cancro e alla realizzazione di organoidi per verificare l’efficacia del farmaco”. Spiega come “In una realtà periferica come quella in cui viviamo, abbiamo scelto di non chiudere la cultura in steccati tradizioni, cultura umanistica e scientifica devono colloquiare, lo testimoniano i nostri laboratori e la nostra biblioteca che restituiscono questa idea di duplicità o ancora il nostro Museo di storia della terra e della vita”. E chiarisce come “si potrebbe lavorare a un’unica linea che inglobi istituti che fanno ricerca pubblica e privata”.

Ricorda, a proposito del tema scelto per questa edizione, come “E’ l’uomo, non certo un asteroide, che sta realizzando la distruzione del pianeta”. E spiega come “Nel nostro piccolo abbiamo cercato di fare la nostra parte, quella che oggi è un’area verdeggiante era una terra deserta, abbiamo piantato mille alberi di alto fusto. Le stesse montagnole che sembrano un gioco architettonico sono necessarie perchè il terreno è argilloso, abbiamo voluto fortemente che ci fossero anche gli ulivi, simbolo di speranza”

Quindi è Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale e tra le massime autorità internazionali in materia di ‘mondo verde’, a relazionare sul ‘pianeta delle piante’. “Il verde – chiarisce Mancuso – è l’unico colore di cui siamo in grado di distinguere tutte le sfumature, perchè ci siamo evoluti in mezzo a questo colore. Le piante sono la vita di questo pianeta. Finchè non esiste evidenza scientifica del contrario, dobbiamo comportarci come se esistesse vita solo su quesso pianeta. Invece siamo ossessionati dalla vita extraterrestre come se non volessimo avere la reponsabilità di avere in custodia l’unico luogo dell’universo dove c’è vita”. Sottolinea con amarezza come “Il 2021 non sarà ricordato per il Covid ma perchè è stato l’anno in cui il peso delle materie sintetiche prodotte dall’uomo ha superato quello della vita, materie sintetiche riconducibili in particolare a cemento e plastica, materie che fino a un secolo fa erano pari all’un per cento. In un secolo abbiamo ribaltato questo dato, riducendo la quantità di vita”. Sottolinea come “Non siamo più una specie generalista, in grado di vivere dappertutto. Stiamo diventando una specie specialista, in grado di vivere solo in città e non più in mezzo alla natura. Il problema è che le specie specialiste sono incredibilmente legate all’ambiente e si estinguono se ci sono cambiamenti legati all’ambiente. Oggi, il clima sta cambiando ma per tanti è ancora difficile immaginare le conseguenze dell’aumento della temperatura globale. Nel 2022 sono morte 62.000 persone di caldo. Se le città sono il luogo che si scalda di più non possiamo immaginarle come sono oggi. Dobbiamo immaginare un futuro in cui due miliardi di persone si sposteranno perchè dove vivono ora non si potrà più vivere.” Chiarisce come “C’è uno sfasamento tra realtà scientifica e quello che viene percepito dalla gente”. Ribadisce come “Secondo voi taglieremo mai le emissioni di anidride carbonica? Chiedere di tagliare le emissioni significa chiedere a una nazione di ridurre la propria ricchezza. Ogni anno l’anidride carbonica aumenta in quantità superiore all’anno precedente. E’ chiaro che interverremo solo nel momento in cui i danni dell’aumento dell’anidride carbonica saranno superiori all’aumento del reddito”. Di qui la proposta “Se noi piantassimo mille miliardi di alberi in dieci anni riusciremmo ad assorbire un terzo del surplus di anidride carbonica e guadagneremmo 50 anni di vita del pianeta. Non è facile ma è possibile. Gli alberi assorbono mille volte più anidride carbonica di qualsiasi tecnologia usata dall’uomo. Ma è chiaro che c’è bisogno anche di un cambio di mentalità poichè l’uomo depreda questo pianeta con un’intensità che non è sostenibile. Se ci estinguessimo tra un milione di anni avremmo dimostrato di essere la specie più stupida che ha abitato il pianeta e che il cervello è uno svantaggio evolutivo.

E’ la volta, poi, di Eugenio Mazzarella, professore emerito dell’Università ‘Federico II’ di Napoli, che si interroga sul nostro ‘’essere al mondo come un noi ambientato’’.

Il passaggio alle arti figurative è affidato, infine, al pittore contemporaneo romano Giovanni Tommasi Ferroni, presente virtualmente a Biogem con la personale ‘Verde, Barocco e Blù’.

Si prosegue il 7 settembre con le relazioni di Luisella Battaglia dell’Università di Genova  su “La tutela dell’ambiente nel dibattito bioetico, di Fabrizio Zichichi Phibo Llc su “Idrogeno e Co2: il futuro della transizione  energetica”, di Luigi Paganetto dell’Università Tor Vergata di Roma su “Ambiente, green deal, economia”. Alle 19 appuntamento tra musica e parole con lo scrittore Maurizio De Giovanni, accompagnato dalla voce di Emanuela Loffredo, dalla chitarra di Maurizio Pica e dal mandolino di Michele De Martino.