A che cosa ci chiama il Natale

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Si corrisponde al significato profondo, autentico del Natale, che festeggeremo tra pochi giorni, del rinnovellarsi dell’Evento della nascita di Nostro Signore Gesù, se si comprendono i compiti o, meglio, i doveri che è chiamato ad assolvere ogni essere umano degno del nome nel tempo in cui gli è dato vivere. E questo, se si vuole, a prescindere dal grado di responsabilità e dal potere di cui si dispone nella vicenda della propria gente e di quella del mondo intiero. Il nostro tempo è quello funestato dal Covid, di cui per ordine del capitalismo finanziario e dei governi suoi serventi, compreso quello italiano, non si parla più, ma che continua a seminare malattia, sofferenze morte (siamo oltre i sette milioni di vittime della peste pandemica sul pianeta e duecentomila in Italia), mentre imperversa una inumana e crudelissima guerra in Ucraina e persino l’opulento Occidente è investito da un crisi socio-economica di devastanti proporzioni, che colpisce ovviamente i più poveri, più di un terzo della popolazione mondiale. E, mentre impazzano i disastri climatici, e l’inquinamento del mondo in cui abitiamo ci avvolge da tutti i lati, i compiti che ci sono di fronte godono di una amarissima quanto misconosciuta evidenza. I compiti da assolvere per far fronte a questa drammatica situazione sono, fondamentalmente, tre senza sottovalutare ovviamente quelli cui non facciamo riferimento e che sono di universale notorietà. Il primo è quello di lottare per la pace, di fare guerra alla guerra fino alla vittoria, che non deve e non può essere lontana. Per fare questo dobbiamo fare nostra, con quotidiano impegno e grande passione, la sempre più accorata preghiera di pace di Papa Francesco, affinché divenga la voce possente e di gran parte di coloro che abitano il mondo. Solo così i potenti, che immeritatamente e irresponsabilmente abusano del loro smisurato potere si decideranno a sedersi al tavolo della pace e a mettere fine alla guerra in Ucraina, che dura ormai da un anno e provoca morte e sofferenze atroci a quel popolo lontano nello spazio ma vicino al cuore di ogni uomo o donna di buona volontà. Tacciano le armi, fatemi rivedere per strada bambini che sorridono e giocano tra loro. In tal modo peraltro si scongiura anche il pericolo di una terza guerra mondiale che, il cui esito rende incerta la sopravvivenza del genere umano. Il secondo compito cui la natività ci richiama con imperiosa cogenza è quello di lottare strenuamente per “La Salus mundi” e quella della civiltà umana, così come si è configurata nel corso di millenni, pur tra drammi e tragedie, ma attraverso opere mirabili e il lavoro sconosciuto e fondamentale di miliardi di donne e uomini. Siamo ormai quasi a un passo dal disastro climatico cui l’entropia ecologica può portare il pianeta con effetti incalcolabili. Bisogna cambiare nel profondo l’attuale modello di sviluppo capitalistico- finanziario che sta distruggendo il pianeta e ha mercificato gli esseri umani, disumanizzandoli. Il terzo compito – o il primo? – è quello di un’opera di grande momento e proporzioni: combattere la fame e la miseria che colpisce miliardi di esseri umani e uccide milioni di bambini e di anziani ogni anno. Solo chi ascolta quest’invito che viene dalla Natività è degno di dire veramente e di sentirsi dire “Buon Natale”.

di Luigi Anzalone