A Lacedonia omaggio a Scotellaro nel centenario della nascita

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A Lacedonia, il 18 agosto, l’associazione Nicola Vella, nella piazza a lui intitolata organizza – in collaborazione con l’associazione Rocco Scotellaro di Portici, la CGIL di Avellino, la rivista Cinema Sud – il centenario della nascita di Rocco Scotellaro.
La manifestazione, con il patrocinio morale del comune di Lacedonia e la Pro loco, a partire dalle ore 17, prevede mostre, dibattiti, letture di poesie e di brani, musica: un incontro di riflessioni e di approfondimento sulla figura e sull’opera di un poeta e intellettuale militante meridionalista, con l’intento di riportare l’attenzione sulla questione meridionale da tempo marginalizzata e passivizzata, anzi sostituita a partire dagli anni ‘80 del Novecento dalla “questione settentrionale” fino ad arrivare alla autonomia differenziata, di fatto una sorta di «secessione dei ricchi».
Interverranno il sindaco di Lacedonia Antonio Di Conza, Antonio Martino, presidente associazione Scotellaro, Gianni Festa, direttore Corriere dell’Irpinia, Rocco Pignatiello, presidente centro studi Nicola Vella, Raffaele Beato, vicepresidente associazione Scotellaro, Rosaria Toneatto, storica, cugina di Scotellaro, Ida Chiauzzi, consigliera comunale Collegno, Franco Fiordellisi, segretario provinciale Cgil, Paolo Speranza, storico del cinema, Michele Fumagallo, giornalista.  Da non perdere anche la mostra documentaria realizzata con i documenti dell’Archivio di Cultura Contemporanea ArCCo, di Carmela Bavota e Paolo Speranza, un’esposizione che sarà itinerante, su iniziativa di Cgil, Centro Studi “Nicola Vella” e “Quaderni di Cinemasud”.
Dalle 22 live musica con Antonia Gallicchio, Antonio Pignatiello, Pasquale Innarella, Rocco Melillo e Lorenzo Ruggiero
Rocco Scotellaro, «un intellettuale di tipo nuovo», per dirla con Calvino, che «in modo forse più completo d’ogni altro s’era avvicinato all’ideale d’uomo che la gioventù della Resistenza conteneva potenzialmente in sé», perché «impegnato sul fronte più avanzato della lotta sociale e sul piano più qualificato della cultura letteraria nazionale». (Dalla introduzione di Franco Vitelli a Tutte le opere). Insomma un intellettuale a “tutto tondo”.
Militante socialista, due volte sindaco del suo paese Tricarico (Matera) dopo la seconda guerra mondiale, poeta e narratore in continua ricerca di nuove forme di scrittura capaci di avvicinarsi quanto più possibile al mondo contadino, subisce il carcere per la repressione del governo centrista democristiano dopo la rottura del governo di unità nazionale e, assolto con formula piena, continuerà il suo impegno politico come sociologo alla scuola di Manlio Rossi Doria su sollecitazione di Carlo Levi. Morto a soli trent’anni, la sua figura diventerà nel corso degli anni ’50 simbolo del riscatto del Mezzogiorno.
Scotellaro è innanzi tutto uno degli interpreti più lucido delle trasformazioni sociali che investirono l’Italia nel secondo dopoguerra, sia perché impegnato concretamente a rispondere ai bisogni dei cittadini di Tricarico –  in primo luogo i subalterni (braccianti, piccoli contadini, artigiani), e sia perché ha un’idea di cultura mai separata dalle questioni sociali. Insomma per lui: poesia, narrazione, inchiesta sociologica, hanno come scopo l’emancipazione culturale e materiale del mondo subalterno.
L’intento della manifestazione è ben raccontata dalle parole di Franco Fortini con la relazione tenuta a Matera il 6 febbraio 1955 nell’ambito del convegno commemorativo organizzato dal PSI a circa due anni dalla sua morte: «Noi non siamo qui per fabbricare il mito di una poesia contadina; non siamo qui per nutrire la leggenda del piccolo sindaco-poeta. Siamo qui per continuare la nostra conversazione con lui».
La scelta di tenere l’iniziativa a Lacedonia, in Alta Irpinia, teatro delle lotte contadine del secondo dopoguerra, in piazza Nicola Vella è perfino ovvia. A Lacedonia, come a Tricarico, il primo sindaco del secondo dopoguerra è Nicola Vella, azionista di formazione liberal socialista, anche lui poeta fino all’approdo alla politica diretta, costretto a dimettersi a causa della repressione del prefetto e dalle continue denunce della Democrazia Cristiana.  Quel filo rosso, che sembra legare i due intellettuali, è la vicinanza al mondo contadino e il sostegno alle lotte per la terra e la libertà.
Il centenario cade in un momento in cui l’attenzione per il mondo contadino, per la cultura dei subalterni e per il destino della terra si carica di significati nuovi. Basta pensare al lavoro dei contadini e dei braccianti in questa estate torrida. Allo sfruttamento del lavoro, alle condizioni disumane in cui versano i braccianti di oggi, al riscaldamento climatico che mette in crisi colture secolari.
Si tratta di ripartire da quel momento nevralgico che segna, negli anni 50 della nostra storia nazionale, il disintegrarsi della civiltà contadina e di tutto un mondo rurale nel nome di un falso progresso e di un’efficace, quanto dannosa, politica dello sviluppo. Si tratta di ripartire da chi quel conflitto lo visse dall’interno, restituendone il senso e patendone gli esiti, come capitò tra i tanti a Rocco Scotellaro, a Nicola Vella, o a Pasquale Stiso.
Rocco Scotellaro ha raccontato il vento del cambiamento, ma ne ha anche colto i limiti. La lotta dei contadini gli appariva priva di strumenti per opporsi concretamente alla società industriale che si stava affermando nella ricostruzione del dopoguerra e l’industrializzazione si imponeva con troppa furia rimpiazzando persone e metodi di lavoro.  E tuttavia se la storia dei contadini, a partire dal brigantaggio, è una successione di ingiustizie e di sconfitte, non per questo il suo cammino può essere interrotto «perché lungo il perire dei tempi/ l’alba è nuova, è nuova». La speranza per un futuro diverso non è morta.
Leggere Scotellaro non ci porta solo a riflettere sullo stato del Mezzogiorno di ieri e di oggi, ma anche a riflettere su tutte le periferie del mondo, sulle terre nelle quali gli emarginati cercano una via. Questo fa di lui non un poeta della Lucania, ma di tutte le Lucanie del mondo. «Io sono un filo d’erba/un filo d’erba che trema. /E la mia Patria è dove l’erba trema. / Un alito può trapiantare/il mio seme lontano».
 Ed è per questo motivo che i suoi scritti possono essere punto di partenza per un risveglio culturale oggi. La sua biografia e le sue opere ci sollecitano ad affrontare temi che sono ancora oggi di grande attualità: prima di tutto il valore di una cultura letteraria che diventa azione politica, perché capace di avvicinarsi alle contraddizioni particolari di luoghi, spazi sociali, situazioni di conflitto; la necessità di ripensare in termini globali la questione  meridionale, capace di affrontare in maniera concreta i problemi relativi ai mondi sociali dimenticati (pensiamo alla questione bracciantile oggi, pensiamo a Mezzanone a soli 40 km da qui); il bisogno di tenere legato sapere, storia, e antropologia, in modo da comprendere  e raccontare il carattere composito delle formazioni sociali.
Il lavoro di Scotellaro ci restituisce un mondo, esperienze concrete, di grande valore umano, se non umanistico, un’epoca solo apparentemente lontana dalla nostra con la quale dobbiamo continuare a confrontarci se vogliamo pensare ad un altro mondo possibile.