Avviso ai naviganti in vista delle Europee

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Di Gianni Festa

I partiti politici attraversano una crisi profonda. Da essi dipende la governabilità del Paese, la capacità di dare risposte ai bisogni, la costruzione di un futuro modello di società, tenuto conto delle innovazioni tecnologiche e di comunicazione che irrompono nell’attuale fase di cambiamento. In realtà, fatto salvo qualche sussulto alla vigilia di appuntamenti elettorali, essi si comportano, invece, come se fossero una società di capitali i cui proventi vengono divisi tra i soci che ne fanno parte. O, peggio ancora, essi agiscono con la stessa mentalità dei clan accumulando potere ed egoisticamente trasferendolo a pochi soggetti privilegiati. Non sembri una esagerazione, ma seguendo i comportamenti di chi oggi agisce nei partiti, alcune decisioni prese non sempre corrispondono al desiderio dei cittadini. Lo strumento che diventa riferimento della gestione politica dei partiti è la manovra economica, ovvero la programmazione degli interventi necessari per migliorare la qualità della vita delle comunità. Su questo, però, intervengono limiti e paradossi che non sempre corrispondono alle reali esigenze della società. Il familismo della Destra, ad esempio, che non ha nulla da invidiare a quello del centrosinistra, non depone a favore della credibilità delle Istituzioni. Le piccole azioni di clientelismo che surrettiziamente vengono inserite nella manovra economica del governo, con leggine e provvedimenti che non giungono al cittadino, rappresentano ancora un limite all’agire politico dei partiti. Sia ben chiaro, questa prassi, che potremmo definire “mercato tra i partiti”, non è solo di oggi, ma viene da lontano, praticata anche nella cosiddetta Prima Repubblica. Di qui anche le tensioni che si registrano tra i partiti nella fase che precede l’approvazione del Documento di Economia e Finanza (Def). Nel documento di quest’ anno, attualmente in discussione sono le risorse per le emergenze, prima fra tutte il caso dei migranti su cui è bene oggi soffermarsi. Sono lontani i tempi in cui migliaia di italiani, in particolare del Mezzogiorno, lasciarono la propria terra per trovare lavoro all’estero. Questo per ricordare che l’emigrazione è una storia che ci appartiene e verso la quale oggi dobbiamo avere grande disponibilità nell’accoglienza di migliaia di persone che sbarcano in Italia da Paesi lontani e vicini. Tuttavia, proprio la vicinanza con Paesi soprattutto africani, sta diventando per il nostro paese un problema dagli aspetti drammatici. Le scene che vengono da Lampedusa sono agghiaccianti. Uomini, donne e soprattutto bambini si accalcano girando senza meta. L’Italia è isolata. L’Europa, nonostante le aperture di Von der Leyen, fa orecchie da mercante con alcuni Paesi chiusi a riccio, dimostrando di non accettare migranti. I quali sono anche in cerca di lavoro. Ma nel sud ogni speranza è morta. Qui, soprattutto i giovani, emigrano verso nord e nel mondo. Ai migranti che sbarcano, il massimo della prospettiva è di accontentarsi di lavori umili, se hanno la fortuna di trovare un lavoro. Ma sui migranti i partiti politici più che trovare unità di intenti per addivenire ad una soluzione litigano e, dividendosi, minano la stabilità del governo. Per tornare alla crisi dei partiti e alla loro crisi di identità, che è anche la causa della non partecipazione in occasione del voto, essi hanno un cancro che se non curato li porta a totale degenerazione. Si tratta della mancanza di selezione della rappresentanza parlamentare scelta non per merito e competenza, ma sulla base della quantità dei consensi di cui essi dispongono. Ciò significa che i partiti alimentano, come conseguenza delle loro scelte, non una classe dirigente preparata alla sfida dei tempi, ma un esercito di persone in carriera che nella loro impotenza sono dannosi per la vita democratica del paese. Ora più che ieri in vista delle elezioni europee.