Castellina e De Mita, in difesa della democrazia

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Dal rapporto stretto tra Dc e Pci alla crisi della democrazia. E’ un dialogo serrato quello tra Luciana Castellina, scrittrice ed ex parlamentare comunista e Ciriaco di Mita, sindaco di Nusco, ex presidente del Consiglio, ospiti del confronto alla Casina del Principe, promosso da Avionica, moderato da Stefano Iannillo. Castellina spiega come siano necessarie, oggi più che mai, “nuove forme di democrazia diverse dai partiti, capaci di esprimere la complessità della società. Ci vogliono più coscienza sociale e non certo formazioni e che siano calderoni create solo per conquistare la maggioranza. Oggi è sempre più difficile capire dove è il potere decisionale, i tecnici sono al governo e accade che la politica di destra sia sempre più simile a quella della sinistra”. Le fa eco De Mita “All’indomani del dopoguerra il Partito Comunista ha assunto una posizione dialogante, favorendo il confronto con la Dc in Parlamento così da giungere a provvedimenti che fossero condiviso. Ma oggi il compromesso non è possibile perchè non c’è pensiero. Esiste la possibilità di salvare la democrazia, solo se si riparte dalle radici dei partiti, oggi sempre più sradicati e incapaci di risolvere i problemi”. De Mita sottolinea con forza il valore della dialettica “Senza dialogo non ci può essere crescita, di qui la necessità di mettere da parte qualsiasi semplificazione. Io ho sempre cercato di andare al di là di ciò che avevo, ho sempre cercato il nuovo”. Castellina conferma tutta la sua lucidità di analisi della storia del paese e pungola De Mita “Non è meglio essere sindaci di Nusco che presidenti del Consiglio?. Le città sono rimaste l’unica agorà politica del nostro tempo. Ho un grande rimpianto per questo ‘900, ormai trascorso, poiché è stato il secolo della grande partecipazione popolare”. Per ribadire il legame forte tra Dc e Pci nella costruzione della Repubblica “Il rapporto – spiega Castellina – tra i gruppi giovanili della Dc e la Federazione del Pci era stretto. Noi del Partito Comunista seguivamo con passione l’ala di sinistra della Dc. Molti uscirono dalla Dc per entrare nel Pci all’indomani della legge truffa”. Ricorda il nucleo che animava quella che sarebbe diventata la Base del partito “che contava allora tantissimi avellinesi, da De Mita a Bianco e Maccanico”. Fino al compromesso storico “Non è vero – spiega – che la Dc era da una parte e il Pci dall’altra, ci siamo sempre confrontati con quella parte del mondo cattolico vicina alla nostra visione. un rapporto scandito da tante tappe nelle quali ho sempre trovato De Mita. Ma negli anni ’90, dopo l’esperienza dell’Ulivo, tutto è cambiato. Lo stesso scioglimento del Pci è stato un suicidio, poichè ha lasciato gli ultimi senza un orizzonte possibile di cambiamento. La sinistra è stata sconfitta ma c’è ancora”. Lo stesso De Mita sottolinea come la Castellina “sia stata sempre un’intelligenza dialogante capace di andare al di là del semplice giudizio”. Ricorda come sia “Il Pci e la Dc fossero contraddistinti da una forte organizzazione politica. La stessa Dc è stata un partito dalla grande tradizione popolare che ha dovuto, poi, fare i conti con la necessità di governare la realtà italiana”. Riconosce come sia sempre stato e si senta ancora democristiano, a partire dalla sfida di Sturzo: “C’era nei rapporti tra Dc e Pci il tentativo costante di capire il ragionamento dell’altro. Io e Luciana ci siamo sempre aiutati, nel tentativo di capire i problemi. Se fossimo riusciti ad andare avanti col governo di solidarietà nazionale la storia sarebbe stata diversa. Il governo non può essere esercizio del potere ma dovere della rappresentanza. I problemi della libertà può risolverli oggi solo il pensiero politico, non certo la magistratura a cui è stato assegnato per errore un titolo salvifico”. Castellina dà atto a De Gasperi di aver salvato la democrazia in un momento difficile per il paese, evitando derive di destra: “Allo stesso modo Togliatti capì che non si poteva fare la rivoluzione ma che il movimento popolare poteva diventare protagonista del processo di costruzione della democrazia. Tuttavia, né il Pc, né la Dc, ad eccezione di Moro, capirono il movimento del ‘68”. E ricorda come con De Mita “ci siamo ritrovati uniti nel no al referendum, di Renzi. Il Parlamento non poteva essere un semplice spazio di ratifica di decisioni prese da altri”. E quindi De Mita a darle appuntamento all’anno prossimo “Io vengo. Tu vieni? Vado via contento perchè i giovani hanno bisogno di sollecitazioni come questa”.