Costruire il bene comune

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È davvero una novità – in Piazza S. Pietro di domenica scorsa, durante l’incontro domenicale con Papa Francesco – la presenza di una persona, credo cittadino cristiano, che mostra a braccia aperte, la bandiera tricolore italiana, tra numerose altre bandiere e vessilli delle tante presenze associative di ispirazione cristiana presenti per la ricorrenza della “Giornata per la vita”. Una novità, forse poco osservata, che ci riporta alla solitaria, ma significativa, volontà del modesto portabandiere per testimoniare la coniugazione dei principi cristiani con un riscoperto amore per la Patria. Riscoperta senza timore, anche in luoghi e momenti forse non proprio adatti per testimoniare l’amor patrio. Riscoperta che ci conduce anche a richiamare l’alto, dignitoso e composto patriottismo del Presidente Sergio Mattarella, scaturito dal suo discorso di inizio mandato davanti ai due rami del Parlamento. Dalla sua apprezzatissima cattedra di pedagogia politica Mattarella, con un dinamismo giovanile che non mostra nessuna opacità davanti all’età, ha tratteggiato, con una straordinaria completezza, la voglia di futuro del popolo italiano, soprattutto di quella larghissima parte del tessuto comunitario, che ha vissuto più drammaticamente lutti, sofferenze, restrizioni di ogni tipo. Probabilmente il portabandiera di Piazza S. Pietro è il portavoce di questa istanza diffusa raccolta con dignità e consapevolezza dal presidente Mattarella. Quale futuro allora ci attende? E quale futuro vogliamo costruire? Papa Francesco nelle sue significative catechesi dedicate alle sfide postpandemiche, non si è mai stancato di ripetere che dalla stessa crisi pandemica non si esce uguali a prima: si uscirà migliori o peggiori. In tal senso non è stato casuale il ringraziamento a Papa Francesco di Mattarella nel corso del suo citato discorso. Il mio modestissimo angolo di osservazione mi consente di ipotizzare la stessa prospettiva per lo sforzo di Mattarella di ricostruire l’Italia: i prossimi anni ci diranno se i rappresentanti eletti del popolo italiano saranno capaci di raccogliere il suo monito con una migliore o peggiore volontà di innovare l’agire politico. Oso credere che la prospettiva che abbiamo tutti davanti – eletti ed elettori – dovrà metabolizzare la consapevolezza che siamo tutti parte di un comune destino per tutta l’umanità. I pericoli globali comuni, la degradazione della biosfera, l’incertezza economica e la crescita delle diseguaglianze, la moltiplicazione delle armi nucleari di distruzione di massa e le ancora crescenti pandemie, disegnano un futuro incerto se non prevale la consapevole speranza della nostra comunità umana di destino. C’è il bisogno, quindi – come scrive Edgar Morin, centenario filosofo e sociologo francese – di un pensiero che consenta di accedere a una visione di insieme, per poter tessere nuove solidarietà. Solidarietà in rete, dal modesto portabandiera cristiano di Piazza S. Pietro al Presidente Mattarella, con lo sforzo di tutti gli eletti per costruire il bene comune e non i propri squallidi interessi personali o di gruppi.

di Gerardo Salvatore