I miti non hanno tempo e non hanno età. Sta succedendo con Maradona è successo 40 anni fa con l’omicidio di John Lennon che venne ucciso a New York l’otto dicembre del 1980. La mano assassina dell’allora venticinquenne Mark Chapman, esplose contro di lui quattro colpi. L’atto finale della vita di Lennon e l’inizio di un mito che continua a brillare a quarant’anni di distanza. Lennon, da idolo di Chapman si era trasformato in un’ossessione, che ormai lo considerava l’uomo che aveva tradito gli ideali di una generazione. Quando sparò a Lennon, Chapman aveva una copia del “Giovane Holden” e lesse il libro fino all’arrivo della polizia. Come hanno scritto in molti si può anche uccidere un uomo, ma la sua eredità resta ed è quello che è accaduto a John Lennon. La sua morte non fu solo un trauma generazionale ma una sorta di spartiacque, con quel gesto tragico si chiuse un’epoca quella della rivoluzione degli anni sessanta che coincise con l’avvento dei Beatles e quella più problematica degli anni settanta che partirono con l’annuncio dello scioglimento della band musicale più famosa del mondo. In Italia il primo dicembre del 1970 entra in vigore la legge sul divorzio, un provvedimento confermato con il referendum del 1974, una data che è entrata nella nostra storia con la clamorosa sconfitta della Democrazia Cristiana. Una legge che divise il Paese e mise in minoranza il partito che dal dopoguerra fino ad allora aveva sempre governato mentre l’altra Italia, quella laica, ha vissuta quella stagione come una festosa liberazione. Si apre la stagione dei diritti civili e sociali ed infatti sempre nel 1970 viene approvato lo Statuto dei lavoratori e l’istituzione della scuola a tempo pieno. Il 1970 è anche l’anno di Italia-Germania, il 4-3 più famoso di sempre, una vittoria che inebriò un intero Paese che scese in strada per festeggiamenti fino ad allora mai visti. Gli anni settanta sono, però, soprattutto gli anni di blocchi contrapposti, della strategia della tensione, dei tanti morti innocenti. Nel 1971 John Lennon scrive “Imagine” una canzone-manifesto di un’epoca. Lo stesso Lennon ha definito il suo brano “antireligioso, antinazionalistico, anticonvenzionale, anticapitalistica, ma poiché è rivestito di zucchero è accettato”. L’immaginazione come strumento per modificare e cambiare gli equilibri di un mondo che aveva bisogno di una scossa. Speranze ed illusioni di tanti giovani che vogliono rompere le gabbie sociali di partenza imposte dalle strutture tradizionali. Cominciano ad entrare in crisi in quegli anni i partiti, i sindacati, le tante associazioni collettive ed emerge l’individualità rispetto al collettivo. L’unico politico che aveva colto il segno di un tempo nuovo è Aldo Moro che scrive del Sessantotto più volte fino ai suoi ultimi giorni. Nel Consiglio nazionale della Dc del 21 Novembre 1968 aveva pronunciato parole impegnative e per molti versi inascoltate: “Siamo davvero ad una svolta della storia e sappiamo che le cose sono irreversibilmente cambiate, non saranno ormai più le stesse”. Cambia insomma irrimediabilmente la società e un tempo sta volgendo alla conclusione. Lennon e i Beatles che hanno modificato la musica e cantato gli anni sessanta, gli anni dorati, dividono le loro strade negli anni settanta, gli anni della lacerazione. John Lennon diventa quindi l’icona di un’era che apparentemente sorgeva ma in realtà tramontava perché come ha scritto Gino Castaldo “a morire davvero nel 1970 fu la parte più ingenua della rivoluzione giovanile, quella che aveva infiammato le università, quella che aveva fatto credere ai ragazzi di tutto il mondo che davvero si poteva cambiarlo con dei fiori messi nelle bocche dei cannoni, con la liberazione sessuale, con l’abolizione degli egoismi e della sopraffazione”.
di Andrea Covotta