Dominus, tra intrighi, misteri e profezie

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E’ un romanzo in cui storia e finzione si intrecciano, vero omaggio alla memoria d’Irpinia, “Dominus. Il codice del destino” di Eleonora Davide, nuovo tassello della saga del Normanno partita nel 2019. Seguiamo così le vicende di Guglielmo il Carbone, signore e padrone di Monte Forte e di un vasto territorio nella verde Irpinia del XII secolo, per tutti il Dominus, così chiamato per l’autorevolezza che è riuscito a conquistarsi, pronto a combattere per la libertà del suo popolo. Era il  1109, l’anno in cui il Normanno aveva giurato fedeltà al suo signore Roberto di San Severino, che governava sui territor dell’Irpinia fino alla Valle dell’Irno. In questo modo era riuscito ad ottenere i beni del padre Riccardo, figlio di Raone, di nobile stirpe normanna, che comprendevano i territori di Monte Forte, Mercogliano e parte dell’Avellinese, con possedimenti ad Atripalda, Forino, Sarno, San Severino, Montoro e Baiano, compreso il territorio del Litto, con una fortificazione che veniva chiamata castello, a cui, in seguito, si era aggiunta anche la contea di Avella. Al suo fianco, suo fedele consigliere, fra Guglielmo da Vercelli, che sceglierà di accompagnarlo nella sua missione presso il Papa, dopo un misterioso sogno. Bellissimo il ritratto del santo impegnato nel suo percorso che lo porterà da Montevergine al Goleto e poi a Foggia, che tratteggia Davide “L’uomo di Dio aveva una sola debolezza: l’amore per la conoscenza. Per questo motivo aveva fatto in modo che nel suo primo monastero, quello di Monte Vergine, non mancassero mai i libri, ma non aveva potuto istituire uno scriptorium, dove i monaci si potessero dedicare alla trascrizione e alla copia delle opere. Tranne per i libri, che riceveva in dono, quel monastero era privo di beni di valore, vivendo con i frutti dell’orto e della carità dei fedeli e dei pellegrini, che iniziavano a
popolare il Sacro Monte per trovare pace dalle loro inquietudini”. Sarà lui a ispirare il Normanno in tutte le sue scelte e ad aiutarlo a fare i conti con una scoperta che metterà a dura prova la sua fede e a rischio il futuro dei normanni in Italia.  Da parte sua, il Normanno capirà presto cosa significa governare, differenziandosi dai suoi predecessori: “Agire in modo razionale significava per Guglielmo valutare di volta in volta la situazione e affrontare gli accadimenti considerandoli per ciò che erano, al di là dello statod’animo in cui si trovava….La responsabilità, che gli era stata affidata insieme al feudo, non gli permetteva di considerare Monte Forte e i suoi possedimenti in Irpinia come un’isola separata dal resto del mondo. La pace, che aveva conquistato nel suo feudo, sarebbe durata solo se nel resto del Meridione si fosse mantenuto un certo equilibrio di potere….”. Centrale nel romanzo il castello di Monteforte, che il Dominus ha scelto come proprio dimora e che affiderà, poi, a Genoveffa, la moglie, intenta a curare le erbe medicinali della sua preziosa farmacia, quando il signore sarà chiamato a difendere Papa Pasquale dalle mire dell’Imperatore, “In quel Castello, la nonna Brunilde, colei che più della madre aveva allevato Guglielmo secondo i riti normanni, gli aveva lasciato un messaggio. Ma tutto ciò che Genoveffa riuscì a capire fu che doveva passare del tempo perché si compisse un destino che, al momento giusto, si sarebbe palesato”. Tanti gli ingredienti che accompagnano la narrazione, tra intrighi e prefezie. Dal peccato commesso da un confratello che potrebbe mettere a rischio il futuro del monastero del Goleto, che costringerà lo stesso Guglielmo a chiedere perdono ai confratelli, ai segreti nascosti in un codice da decifrare, da cui dipende il futuro del castello, che sembra richiamare una misteriosa reliquia del Cristo abbandonata dai cristiani perseguitati nel territorio dove sarebbe sorto Monte Forte e sepolta sotto il colle, sovrastante il valico montano, una reliquia protetta da un vero incantesimo. Ma soprattutto Davide consegna uno spaccato della società medievale, dall’arte militare a quella medica fino alla poesia, sottolineando con forza la centralità di una stagione della nostra storia, a lungo sottovalutata