Si discute molto dell‘eventualità della nascita di un grande centro politico. Avrebbe uno spazio notevole. Nel centrodestra, infatti, con l’accentuarsi dei litigi fra i vari leader gli scontenti non sono pochi e già molti guardano altrove. Così anche nel centrosinistra. Qui la fusione a freddo tra partiti di diversa esperienza politica che ha dato vita al Pd non è riuscita completamente. Lo stare insieme è più una condizione per sopravvivere che una necessità politica. La sinistra, che storicamente ha svolto un ruolo fondamentale nella tutela dei diritti, ha in massima parte abdicato lasciando spazio al sindacato, in particolare alla Cgil, che ha egemonizzato le politiche del lavoro. Da qui nasce il desiderio di una formazione di centro, intesa come casa dei moderati sul modello degasperiano-sturziano. Un partito capace di tenere insieme buongoverno e istanze progressiste. Senza godere del preminente rapporto delle religioni, ma capace di dialogare e confrontarsi con tutte le altre espressioni sociali. E’ oggi possibile immaginare una forza politica così fatta, senza nostalgie per il passato o fughe in avanti per il futuro? Questo è il dilemma. Allo stato un linguaggio comune di Centro non esiste. Siamo di fronte ad un balbettio che nasconde per lo più disegni egemonici e ambizioni personali. Ne è prova il recente confronto favorito dal governatore della Liguria, Toti e che si è concluso con l’auspicio di rinviare tutto ad un nuovo confronto per redigere un comune programma. Sono convinto che la fuga dai partiti e l’aspirazione della costruzione del Nuovo Centro siano il frutto di un disagio politico di chi, soprattutto alla vigilia delle prossime elezioni politiche, è in cerca di una collocazione. E qui si pone un altro dubbio: in caso che il Centro dovesse nascere (cosa che ritengo improbabile), chi deciderebbe le candidature? Allo stato le preoccupazioni sono ben altre. Riguardano la tenuta del governo Draghi, la difficile ricomposizione dopo la scissione dei pentastellati, l’ondeggiare della Lega tra governo e opposizione. Il Centro allora può aspettare.
di Gianni Festa