Ed ora torna di moda il Nazareno

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E’ il 18 gennaio del 2014 quando Matteo Renzi incontra Silvio Berlusconi e nasce il cosìdetto Patto del Nazareno dal nome del luogo dove si trova la sede del PD. Obiettivo di entrambi è quello di varare insieme una serie di riforme costituzionali che comprendono la trasformazione del Senato, la riduzione del numero dei parlamentari e una nuova legge elettorale. Non se ne farà nulla anzi l’intesa si rompe sull’elezione di Mattarella a Presidente della Repubblica. Renzi riuscirà comunque a portare a termine le riforme in parlamento, bocciate però successivamente dagli elettori con il referendum e con il no di Berlusconi e di tutto il centrodestra. Adesso a distanza di oltre tre anni i due ci riprovano. Stavolta l’apertura del leader di Forza Italia al PD è duplice: voto anticipato in autunno e legge elettorale proporzionale simile al sistema tedesco. Berlusconi pragmaticamente cerca un modo per avere mani libere in campagna elettorale, svincolarsi dall’abbraccio di Salvini ed essere determinante in Parlamento quando con ogni probabilità si faranno i giochi per il prossimo governo. E’ difficile infatti immaginare una maggioranza chiara sia con il sistema ideato dal PD metà maggioritario e metà proporzionale che con quello tedesco. L’ipotesi più probabile è quella delle larghe intese dopo il voto. Al di là di quello che i partiti decideranno in Parlamento conterà molto anche la direzione del PD fissata per il prossimo 30 maggio. I democratici hanno la consapevolezza di non avere i numeri per approvare da soli la legge elettorale e devono scegliere con chi costruire l’intesa futura. E qui torna di moda il nuovo “patto del Nazareno”. E qui torna di moda il nuovo “patto del Nazareno”. La sinistra del PD è già sul piede di guerra. Orlando e Cuperlo sono contrari e propongono un referendum interno tra gli iscritti al partito. E naturalmente ancora più duro è il giudizio di chi il PD lo ha lasciato come i bersaniani che vedono il patto del Nazareno come la tutela degli interessi visibili. Ma Renzi da tempo non guarda più a sinistra. L’innamoramento nei confronti del modello Macron, un uomo che ha rotto con i socialisti per costruire uno schieramento centrista, ne è una prova ulteriore. Il neo presidente francese ha appena formato un governo con esponenti sia della destra che della sinistra e aperto anche alla società civile. E se la Francia ha fatto questa scelta anche in Germania da tempo c’è un governo di grande coalizione che vede insieme sia i popolari della Merkel che i socialisti. E in Spagna il conservatore Rajoy governa grazie all’astensione dei socialisti e ad un’intesa con un partito centrista. Insomma al momento la gran parte dei paesi europei è governata da esecutivi di larghe intese. Sistemi elettorali come quelli che stanno emergendo indubbiamente mettono in difficoltà i cinque stelle da sempre allergici ad alleanze e che dunque avrebbero bisogno di modelli diversi. Ma è anche vero che con tre poli più o meno in parità nessuno può dirsi più autonomo se vuole puntare al governo del paese. I cinque stelle però insistono e sostengono che bisogna scrivere una legge che assicuri subito governabilità e non inciuci e comunque le elezioni si vincono o si perdono parlando agli italiani, non scrivendo le leggi elettorali. Insomma ci siamo lasciati forse alle spalle un maggioritario muscolare che ha prodotto coalizioni che poi si sono sfasciate subito dopo il voto ma ancora non c’è una soluzione nuova e credibile. E in una situazione ancora nebulosa speriamo che non si avverino le parole del grande scrittore francese Robert Sabatier “c’è un’azione peggiore che quella di togliere il diritto di voto al cittadino e consiste nel togliergli la voglia di votare”.
edito dal Quotidiano del Sud