Fascismi, la denuncia dell’Anpi: gravi le responsabilità della politica, incapace di difendere i principi della democrazia

Questo pomeriggio a confronto su "Lo squadrismo irpino e il caso Battista-Buttazzi" di Cogliano

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“Facciamo i conti con le responsabilità della politica, incapace di difendere i principi che hanno reso questo Paese libero, democratico ed antifascista”. E’ una denuncia forte quella che arriva da Vincenzo Calò responsabile meridionale direzione nazionale Anpi, in occasione della presentazione al Circolo della stampa del volume di Annibale Cogliano “Lo squadrismo irpino e il caso Battista-Buttazzi”, Quaderni Irpini. “Alla vigilia della Giornata della Memoria – prosegue Calò – non possiamo non citare Primo Levi, è lui a ribadire il valore del ricordo perché ciò che è accaduto non debba ripetersi. La storia è sempre maestra ma mancano buoni allievi per comprendere ciò che sta accadendo ai giorni nostri. Scontiamo un forte disimpegno culturale nei confronti della ragioni della storia e le gravi responsabilità della politica di oggi e di ieri,  per indefferenza o per mala fede. Gli ultimi accadimenti come la vicenda di Acca Larenzia ci chiedono di continuare a resistere, di fare in modo che la storia diventi attualità. C’è bisogno di un fronte comune che porti avanti una battaglia politica e culturale. Ci troviamo di fronte ad un tentativo da parte di tanti di riabilitare il fascismo, si arriva a negare la natura antifascista della Costituzione, dimenticando i riferimenti a principi come uguaglianza e libertà, alla base di qualsiasi forma di antifascismo. E’ chiaro che vogliono cambiare la Costituzione proprio per la sua natura antifascista. Ecco perchè c’è bisogno di atti di coraggio come il libro di Annibale Cogliano”.

E’ quindi lo scrittore Franco Festa a illustrare le ragioni di un saggio che consente di restituire dignità a una figura come quella di Lazzaro Battista “L’unico modo per contrastare il fascismo e impedirne il ritorno è portare avanti la ricerca della verità. In questo contesto, il prezioso lavoro di Cogliano emerge come un tentativo di confrontarsi con la memoria soppressa della città. Per anni, si è evitato di fare chiarezza sulla morte di Buttazzi, nonostante fosse noto a tutti che era stato ucciso accidentalmente dagli stessi squadristi. Anche nella mia famiglia sentivo spesso parlare di questo episodio di violenza. La stessa famiglia di Battista ha subito per anni le conseguenze di una colpa non commessa, vittima di persecuzioni e discriminazioni. La lapide dedicata a Buttazzi sarà rimossa solo dopo la caduta del fascismo, un gesto liberatorio compiuto dal fratello di Battista, Giuseppe. Questa testimonianza rivela quanto sia cruciale affrontare il passato per costruire il futuro”.

E’ quindi Annibale Cogliano a soffermarsi sulla natura del fascismo in Irpinia “I fascisti della prima ora furono soprattutto studenti che non avevano parecipato alla prima guerra mondiale ma, influenzati dalla propaganda legata alla conquista di Trieste e Trento, vedevano nel fascismo una via di riscatto, associato al mito di gloria e grandezza della nazione. Al loro fianco c’erano gli ufficiali smobilitati, ancora desiderosi di comando e azione, che rifiutavano la vita borgjhse ordinaria”.  Rievoca l’episodio legato alla morte di Buttazzi, ucciso accidentalmente da un altro squadrista “Dopo la marcia sua Roma lo squadrismo è imperante. Esplode la violenza in tutti i comuni della provincia, da Ariano al capoluogo. La città è messa a sangue e fuoco nel maggio del ’23. Dal circolo dei ferrovieri alle vetrine dei negozi, sovversivi e non finiscono nel mirino degli squadristi. Il giovane  Lazzaro Battista viene accusato dell’omicidio del fascista Gino Buttazzi, colpito alle spalle, ma è chiaro che la responsabilità non può essere di Battista che corre, inseguito dai fascisti, e non può certo avere sparato. Una dinamica che non sarà ribadita neppure nella tesi dell’avvocato difensore. Due giorni dopo si celebrano i funerali, i fascisti sfilano per mitizzare l’ucciso che diventa martire della causa. E’ la svolta per il fascismo, fino ad allora incontrollabile, con otto ras nel paese difficili da gestire, di qui la scelta di Mussolini di fare fuori il leader del fascismo campano, Padovani. Non è più accettabile uno squadrismo che non sia agli ordini del partito. Mussolini capisce che l’unica strada possibile è quella di conquistare il consenso dei liberali. Dal ’22 al ’24 tra i fiancheggiatori del fascismo al governo ci saranno cattolici, liberali e fascisti. Lo squadrismo diventa così strumento di pressione nei confronti delle amministrazioni attraverso un blocco di consenso intorno al potere”

Un fascismo che, ci ricorda Cogliano, non ha mai smesso di fare paura “Era Aldo Moro in un  suo discorso del 1963, indirizzato alla minoranza interna di destra del partito, ad evidenziare l’incapacità di affrontare il problema dei fascisti presenti nella pubblica amministrazione, forze armate, servizi segreti, grandi imprese e partecipazioni statali. Oggi viviamo un momento difficile, in cui la scuola mostra segni di declino. I giovani non scendono nelle piazze, sono pochissimi gli iscritti all’Anpi. L’internazionalismo è in crisi, e le guerre sono sempre più numerose. Ad emergere è una cultura altra, ecco perchè battaglie come la difesa della Costituzione hanno senso solo se si usa un linguaggio diverso per comprendere una realtà che ci sfugge. La questione dei fascismi non riguarda non solo il passato, ma soprattutto il presente. Recentemente, si è protestato per l’autonomia differenziata, e nonostante siano state organizzate 30 manifestazioni in Italia, le piazze non erano affollate. La politica non rappresenta più un elemento di mobilitazione e riscatto per le persone. Questo è il vero dramma. Ed è chiaro che se non si ha un progetto l’egemonia  della Meloni non si potrà sconfiggere. E’ necessario costruire una rete”

Il segretario della Cgil Franco Fiordellisi ribadisce la necessità di costruire una memoria condivisa “Si assiste a una mistificazione della storia nella memoria collettiva. Il dato di fatto è che la stagione del fascismo non è stata ancora pienamente assimilata nella memoria storica e civile. Essere stato comunista continua ad essere considerato uno stigma, mentre non accade lo stesso per chi ha avuto simpatie fasciste. L’impressione  è che la legge del più forte continui a prevalere negli scenari nazionali e internazionali. Un esempio è offerto dalla recente riforma legata all’autonomia differenziata, che rischia di accentuare la divisione tra fasce di popolazione più agiate e meno fortunate, fino a condurre a una vera secessione economica. Così come la propaganda continua a raccontare di un’invasione da parte dei migranti, mentre la realtà è ben diversa. È evidente che, oggi più che mai, c’è un urgente bisogno di coltivare una memoria condivisa basata sulla difesa dei valori fondamentali della Costituzione”

E’ Giovanni Capobianco dell’Anpi provinciale a ricordare come i primi bersagli dei fascisti anche in Irpinia furono leghe contadine e circoli operai che pure erano diffusi in provincia, da Frigento ad Ariano “Dopo il 1922 il fascismo cambiò obiettivo, i bersagi divennero le amministrazioni comunali costrette a collaborare. La terza fase, dopo l’assassinio Matteotti, porterà gli squadristi a schierarsi contro gli ex fascisti dissidenti”. Infine, sottolinea con emozione come la Cassazione abbia finalmente proclamato reato il saluto romano. A ricostruire la violenza di quegli ann anchei Mimmo Limongiello dell’Anpi “Tante furono le aggressioni da parte degli squadristi anche nel capoluogo. I fascisti non risparmiarono gli stessi familiari di Buttazzi, incendiando la loro casa e cercando di uccidere persino il figlio. Non mancarono anche gli episodi di resistenza. Il meglio dell’intellighenzia irpina finì in carcere, da Federico Biondi ad Antonio Maccanico”