Gioco di sponda con l’Europa

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Solo l’incontro già in programma a fine mese a Berlino fra Matteo Renzi e la cancelliera Angela Merkel dirà una parola conclusiva sulla tempesta diplomatica che in questo inizio di anno si è scatenata fra Roma e Bruxelles, raggiungendo vertici polemici finora sconosciuti e imprevedibili. Nella storia recente dell’Unione, l’Italia è sempre stata un partner affidabile se non addirittura docile rispetto alle istituzioni comunitarie, presso le quali ha sempre trovato ascolto e comprensione; come mai, allora, nel giro di poche settimane fra palazzo Chigi e palazzo Berlaymont…Sede della Commissione, si è sviluppata una baruffa astiosa e senza precedenti, e come mai si ritiene ora che solo un colloquio diretto fra due capi di governo potrà mettere fine al diverbio esploso fra uno dei due (l’italiano) e il presidente dell’esecutivo comunitario, convitato di pietra del summit berlinese? In attesa dell’esito di questa vicenda surreale, potremmo ipotizzare che, come accade in alcuni giochi di ruolo, Matteo Renzi, che sicuramente nello scambio dialettico con Jean Claude Juncker ha esagerato i toni, ha usato il suo interlocutore (che a sua volta gli ha risposto sopra le righe) come un bersaglio di comodo, essendo Angela Merkel la vera destinataria dei suoi strali. Insomma, parlava a nuora perché suocera intendesse. Se questo è vero (e lo si vedrà alla fine del mese), vorrà però dire che sarà confermata una valutazione pessimistica sull’evoluzione dell’Europa in quanto edificio comune al quale gli Stati che ne fanno parte hanno delegato una parte delle proprie prerogative se non della propria sovranità: dunque una conferma della crisi reale dell’Europa, allarmante e dagli esiti imprevedibili. Di fatto, i motivi di preoccupazione sono molteplici. Su alcuni dei principali dossier economici e politici del momento i governi europei si stanno muovendo in ordine sparso, e gli interessi nazionali (veri o presunti) prevalgono su ogni considerazione condivisa. La tragedia umanitaria del Medioriente, cui l’Europa assiste pressoché impotente, ha prodotto l’emergenza migranti, lasciata marcire finché riguardava solo gli Stati mediterranei e improvvisamente diventata urgente perché ora sono i paesi del centro-nord Europa a sentirsi invasi; nei rapporti con la Russia di Putin un embargo mal digerito rischia di mettere in pericolo i buoni affari di alcuni, ed ecco che i principi ideali cedono il passo alle ragioni dell’economia; se alcuni governi comunitari (Ungheria e ora anche Polonia) e non (Turchia) abbassano il livello dei diritti riconosciuti ai cittadini si chiude un occhio o comunque si scopre di non avere strumenti efficaci per intervenire. L’elenco dei motivi di sofferenza dell’Europa potrebbe allungarsi, ma non ce n’è bisogno, perché il senso di quanto sta accadendo è semplice: un progetto ambizioso che intendeva mettere insieme risorse e progettualità per promuovere i valori della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, sta entrando in sofferenza perché la crisi economica mondiale sta imponendo un ripiegamento sugli interessi nazionali e sulle priorità che li governano. E’ stato osservato, correttamente, che anche la polemica Renzi-Juncker di questo giorni risponde ad una logica “nazionale” più che “europea”, nel senso che il presidente del Consiglio italiano sta cavalcando un sentimento antieuropeo che cresce nell’opinione pubblica domestica (e i sondaggi gli danno ragione), mentre ha individuato nel rapporto diretto con Berlino la chiave di volta per risolvere la disputa con la Commissione. Se la Merkel è d’accordo, non c’è veto brussellese che tenga, e il governo di Roma otterrà la sospirata deroga ai vincoli di bilancio che serve a Renzi per rilanciare l’economia e presentarsi in buona forma alle elezioni; e la Merkel sarà d’accordo solo se Roma le darà quel che ella vuole: gli aiuti economici da destinare alla Turchia perché trattenga i profughi che altrimenti invaderebbero la Germania. Insomma, quello con Juncker e con la Commissione è per Matteo Renzi un gioco di sponda, nel quale il vero obiettivo è un altro; e nell’attesa di vedere come andrà a finire, sarebbe buona regola evitare di interpretare la politica comunitaria con l’ottica deformante della politica italiana.
edito dal Quotidiano del Sud