I tanti dubbi della Lega

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Su molti punti le divisioni politiche sono nette ma almeno su un dato sono tutti d’accordo: la legislatura andrà avanti fino alla scadenza naturale del 2023. Un tempo politico lungo e difficile da decifrare oggi, un po’ tutte le forze politiche devono ragionare su una realtà che è profondamente diversa. Una riflessione che vale principalmente per le forze di opposizione, perché la vera sfida consiste nel farsi trovare pronti quando i giochi si riapriranno. Il primo a capirlo dovrebbe essere Salvini, la sua Lega è, nonostante i sondaggi in discesa, ancora in testa nelle preferenze degli italiani che però hanno cambiato le priorità. I contagi sono la nuova e seria preoccupazione e continuare a parlare, in questa fase così drammatica, ancora di immigrati e di confini da difendere significa non aver compreso il momento che ha due grandi rischi, quello sanitario e quello economico per il lavoro e i redditi che si stanno contraendo. Salvini, sull’emergenza Covid, batte ancora sul tasto di un’opposizione poco costruttiva, ha scelto la strada di una contrapposizione drastica e pregiudiziale senza alcun interesse generale e con l’unico scopo di inseguire la teoria del crollo ma, come molti analisti dicono, quando si segue questa teoria, il rischio è quello di rimanere sotto le macerie. Bisognerebbe, invece, avere più coraggio politico, cambiare linguaggio e argomenti e attrezzarsi per una partita elettorale lunga che ha, però, un test più ravvicinato, le elezioni amministrative della prossima primavera quando si voterà nelle principali città italiane: Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna e dove c’è la forte tentazione di lanciare candidati civici e non di partito. Salvini deve decidere soprattutto la sua linea politica: continuare ad interpretare il ruolo di capo della destra sovranista oppure aprire un canale di dialogo con il mondo moderato, orfano al momento di partiti e leadership. E’ quello che da tempo sta chiedendo di fare Giorgetti che, contemporaneamente, guarda anche all’Europa, tornata, grazie all’emergenza Covid, prepotentemente sulla scena politica. Salvini, al momento, è schierato con l’Europa incarnata da figure come quelle di Orban e di Marin Le Pen, ma c’è anche un’altra Europa, quella moderata della Cancelliera tedesca Angela Merkel. Giorgetti ha, invece, fatto la sua scelta ed è convinto che la Lega debba stare nel PPE. Anni fa Berlusconi dopo aver posizionato Forza Italia su una linea euroscettica decise di fare il grande passo ed entrare nel popolarismo europeo che si richiama ai grandi “padri” democristiani: De Gasperi, Schuman ed Adenauer. Tempi e personalità diverse ma la politica segue regole che valgono sempre, e così in questo caso, la Lega può continuare a parlare alla rancorosa pancia del Paese oppure coprire la voragine che si è aperta all’interno dell’area moderata. Nell’attesa sono in tanti a muoversi e ad agitarsi e un’indicazione sul futuro potrebbe arrivare anche dal voto americano. Una sconfitta, o al contrario un successo di Trump, avrà comunque un peso e influirà sulle decisioni politiche nazionali ed europee.  Un gioco di posizionamenti che naturalmente riguarda nell’immediato anche la coalizione di governo. PD e Cinque Stelle non sono crollate nelle ultime regionali e stanno continuando a fronteggiare la terribile prova della pandemia. L’editorialista del Corriere della Sera Massimo Franco ritiene che: “oltre alla desalvinizzazione ci si deve aspettare anche la degrillizzazione di alcuni comportamenti del governo. Altrimenti non se ne esce, o peggio, l’Italia ne uscirà più indebolita, indebitata e screditata. In fondo, durante il coronavirus, ha mostrato di essere all’altezza, ricadere nell’ideologia dell’assistenzialismo, approfittando di una fase nella quale lo Stato sarà chiamato a spendere più di quello che può, significherebbe compromettere quanto fatto finora e soprattutto quanto si potrà fare nei prossimi due anni”.

di Andrea Covotta