“Oggi anche il Tribunale ha messo nero su bianco quello che ‘tutti sapevano’ ma di cui pochi parlavano – è la nota che arriva da Francesco Iandolo di Avellino prende parte – Ricordiamo i morti, gli spari, le bombe, le intimidazioni e le minacce. Le ricorda, però, solo chi non si è voltato dall’altra parte.”Il nostro Maxiprocesso ha condannato 21 persone con oltre 300 anni di carcere. Lo abbiamo sentito ripetuto come un mantra negli scorsi anni, soprattutto negli ultimi: ‘Ad Avellino la mafia non esiste’ e tra le conseguenze che queste affermazioni hanno generato c’è stato il totale disimpegno da parte delle istituzioni e della politica nell’affrontare questo fenomeno”
Ribadisce come “lo avevamo detto in tempi non sospetti che ad Avellino si viveva in una sorta di Sottosopra. Dove sopra tutto all’apparenza era “normale” e sotto si facevano affari e si prendevano decisioni a prescindere da tutto e tutti. Perchè si, qui la “normalizzazione” della mafia è all’ordine del giorno, di quelli che in fondo pensano che le cose debbano andare così. E non ci stupiamo se il Sindaco non voleva costituirsi parte civile, se la maggioranza in aula ha bocciato l’istituzione della Commissione Comunale Antimafia, se non hanno voluto aderire ad Avviso Pubblico e se persino hanno bocciato la costituzione di parte civile del Comune di Avellino in ogni processo di mafia che riguardasse la città. Tutti segnali preoccupanti. La sottovalutazione è più preoccupante del malaffare stesso”.
Iandolo ricorda come “Intanto ci sono altri processi che continuano e altre indagini. Ci sono le confische poi, solo la settimana scorsa su beni per 100 milioni di euro. Con la serietà che contraddistingue il nostro operato riporteremo il dibattito sul tema in Consiglio Comunale dove è giusto che sia fatto e proporremo, subito, un regolamento comunale per l’acquisizione, l’assegnazione e il monitoraggio dei beni confiscati alla criminalità organizzata. Per non farci trovare impreparati, anzi, per preparare gli anticorpi che non bastano mai”.