“Il centro storico di Grottaminarda ha bisogno di un’anima”

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Valle Ufita. Un altro futuro è possibile. Così come la crescita di un territorio alquanto dimenticato nonostante tutto quello che, sopratutto negli ultimi anni, gli sta girando intorno. La valle dell’Ufita è un comprensorio, un territorio che va studiato. Per cercare di capire come, e cosa, si può fare per migliorare le condizioni di vita di una comunità.
Intanto è materia di studi universitari: come quello della Federico II  di Napoli, il cui dipartimento di architettura è arrivato  da queste parti con il Living Lab “Irpinia Plurale”, fare una “mappatura collaborativa dei futuri possibili”.
Hanno cominciato lo scorso 23 giugno, partendo dalla Dogana Aragonese di Flumeri. Dall’ateneo federiciano, un lavoro coordinato da Adelina Picone, tra l’altro originaria di Grottaminarda, che già qualche anno fa ha avuto modo  di condurre uno studio sul centro storico della cittadina ufitana,  per poter recuperare quel poco che si può dalla Fratta, come quel nucleo abitativo si chiamava.
Uno studio consegnato alla  precedente  amministrazione del sindaco Angelo Cobino. Oggi, da quel lavoro, è stato ricavato un libro. Che la nuova maggioranza del nuovo titolare dell’ente di via Aldo Moro, Marcantonio Spera farebbe bene a tirare fuori dai cassetti per farlo conoscere alla cittadini. La Fratta, ma anche il Macchio, una distesa di verde,  che è considerato il polmone verde che respira in pieno centro cittadino,  riaperto da qualche anno come parco Molinello, nome preso dal piccolo fiume che, una volta, ci scorreva all’interno. Oggi è rimasto poco e niente. Ma che si potrebbe ancora recuperare. E, nonostante sembri chiuso, qualcuno, sopratutto ragazzini, si inoltrano lo stesso per strade segrete. Anche se gli stessi percorsi li hanno aperti già i ragazzini di qualche generazione fa. Il Macchio avrebbe bisogno dell’intervento della sezione della Forestazione della Provincia di Avellino che, per la verità,  è già intervenuta quando è stata chiamata. Un percorso magico che andrebbe riscoperto.
Come andrebbe intitolato ad Amar Cheriet, il pittore algerino ma grottese di adozione scomparso recentemente che, sopratutto  alla Fratta, e al centro storico di Grottaminarda,  ha dato un’anima attraverso i suoi quadri.
Giancarlo Vitale