Il coronavirus blocca il viaggio dei pronipoti di Hugo ad Avellino

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4th March 1868: French poet, author and leader of the French Romantic movement Victor Hugo (1802 - 1885). (Photo by London Stereoscopic Company/Getty Images)

Di Vincenzo Fiore

È il 1806, da circa un anno è iniziato quello che sarà ricordato come il Decennio francese, ovvero la decade durante la quale Napoleone Bonaparte riuscì a strappare il dominio dell’Italia Meridionale, instaurando il Regno di Napoli (1805-1815). Una Monarchia costituzionale governata prima da Giuseppe Bonaparte (fino all’8 luglio 1808) e poi da Gioacchino Murat (fino al 20 maggio 1815). Uno dei primi provvedimenti volti a rappresentare una netta cesura con il passato, con l’Ancien Régime e con il periodo pre-rivoluzionario, fu quello delle leggi eversive della feudalità: «La feudalità con tutte le sue attribuzioni resta abolita. Tutte le giurisdizioni sinora baronali, ed i proventi qualunque che vi siano stati annessi, sono reintegrati alla sovranità, dalla quale saranno inseparabili». Con tale decreto, Avellino acquisì un ruolo di centralità rispetto a Montefusco, fino ad allora capoluogo del Principato.

La seconda preoccupazione dei nuovi sovrani, fu quella di eliminare sul nascere ogni sentimento anti-francese e liberare il Sud della Penisola dal brigantaggio. Pertanto, una taglia di 17.000 ducati fu messa sulla testa del terribile Fra Diavolo, considerato da una parte un patriota e dall’altra un malvivente pericoloso. A catturarlo nel territorio di Baronissi, fu Joseph Léopold Sigisbert Hugo, valoroso generale, autore di diverse memorie militari e del romanzo Aventure tyrolienne, ma ricordato soprattutto per essere il padre di Victor, uno dei più grandi scrittori dell’Ottocento. Sull’evento, più tardi proprio Victor appunterà: «Fra Diavolo personificava quel personaggio tipico, che si incontra in tutti i paesi invasi dallo straniero, il brigante-patriota, l’insorto legittimo in lotta contro l’invasore. Egli era in Italia, ciò che sono stati, in seguito, l’Empecinado in Spagna, Canaris in Grecia e Abd-el-Kader in Africa!». A seguito dell’arresto del brigante, Joseph Léopold Sigisbert Hugo fu promosso con la nomina di Maggiore del Real Corso e nella primavera del 1807 inviato ad Avellino per rilevare il 32° battaglione di linea, ricevendo per un breve periodo la nomina di Governatore.

Nel gennaio del 1808, per volontà dall’alto, vi è un ordine di riconciliazione familiare. Sophie Trébuchet, consorte del neogovernatore, si reca anch’essa dapprima a Napoli e poi ad Avellino, portando con sé i suoi figli. Iniziano così i sette mesi (non tutti gli studiosi sono concordi sulla durata di quest’arco temporale) di permanenza ad Avellino del piccolo Victor Hugo, che allora aveva soltanto sei anni. Victor così trascorse i suoi giorni irpini nel Palazzo de Conciliis, alle spalle del Duomo, immerso nel verde delle colline circostanti che, come scrive Orsola Fraternali, «dovettero contribuire non poco ad accendere negli occhi del fanciullo lo stupore delle prime suggestioni della poesia». Victor ricorderà nei suoi scritti la sua vecchia casa come il «palazzo di marmo».

I rapporti fra i coniugi Hugo però non migliorarono. Sophie ripartì per la Francia dove Victor si iscrisse alla scuola de Le Père La Rivière, per poi sposarsi per un anno a Madrid. Dopo l’esperienza spagnola, Victor rimpiangerà Avellino, ricordando l’aria aperta, la natura e la libertà. Il luogo dell’infanzia serena dove non avrebbe fatto mai più ritorno: «La felicità è un vecchio fondale dipinto da una sola parte», scriverà nel suo capolavoro I miserabili.

Con il Congresso di Vienna, Joseph Léopold Sigisbert Hugo è costretto alla pensione. Sophie Trébuchet morirà prematuramente nel 1821. Intanto Victor, allievo del Politecnico, a soli 14 anni abbandonerà gli studi. Su di un quaderno di scuola egli appunta: «Voglio essere o Chateaubriand o niente», dando il via così alla sua carriera letteraria.

Con un viaggio in Italia in questo 2020, su invito della Prof. Fraternali, i pronipoti di Victor Hugo avrebbero dovuto ripercorrere i luoghi dell’infanzia del loro antenato, portare un po’ di Francia ad Avellino e far conoscere l’Irpinia nei paesi d’oltralpe. Il coronavirus ha per ora bloccato questo desiderio dei discendenti di Hugo. In attesa che qualcuno fra Charles, Adele, Jeanne, Sophie, Piere e Leopoldine Hugo possa far visita a questa città, ci potrebbe essere l’occasione per valorizzare e far ritornare agli antichi splendori monumenti cittadini di cui, a quanto pare, soltanto noi avellinesi ci siamo dimenticati.