Il futuro politico di Conte

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L’ex Premier Conte ha un futuro politico? Molti lo sperano. Ha governato bene, pur in mesi drammatici pe la pandemia e la conseguente crisi economica, servendo lo Stato con fedeltà ed onore. Ha accumulato un patrimonio di autorevolezza e di senso delle Istituzioni che gli garantirebbe un appoggio notevole dell’elettorato, quello della gente comune e dell’antipolitica, e può vantare un serbatoio di stima ed affetto che non ha precedenti nella seconda repubblica. E’ uscito a testa alta e con dignità da palazzo Chigi, tra gli applausi commossi degli inquilini e di una folla che lo aspettava. Un sondaggio di Pagnoncelli, di fine di gennaio, lo dava in testa al gradimento con il 56%, seguito a molta distanza dagli altri leader e da Renzi, buon ultimo al 12%. L’ultimo sondaggio, dopo l’insediamento di Draghi (al 62%,) lo dà al 41% e sempre ultimo Renzi al 13%,

Era arrivato alla Presidenza del Consiglio per caso, non essendo un politico di professione, indicato dal M5S come un probabile ministro, ma balzato alla Presidenza dal veto di Salvini su DI Maio Premier. Avrebbe dovuto fare, più che da Presidente, da portavoce dei due potenti Vice Premier.  Ha imparato in fretta e con l’uscita di Salvini e la sua memorabile requisitoria si è guadagnato la stima di molti e la riconferma nel successivo Conte 2. Ha lavorato bene in Europa conquistando la stima degli altri partner e portando a casa, in maniera accorta e proficua- 209 miliardi del Recovery Fund. Poi è arrivato lo sfasciacarrozze nazionale e l’ha buttato giù, gridando alla vittoria, non portando a casa alcun risultato se non un carico di antipatia crescente che non fa aumentare di un voto il suo partitino e, con Draghi, è finito in un angolo. Così va il mondo e fin quando la politica resta cinica e senza senso dell’onore e dell’interesse nazionale resta incomprensibile ed invisa alla maggior parte della gente comune.

Quale potrebbe essere il suo futuro? Secondo un analisi di Andrea Scanzi sul Fatto Quotidiano, potrebbe tornare all’Università e lasciare definitivamente la Politica. E’ una soluzione alla quale, credo, stia pensando. Sarebbe un errore ed il Paese perderebbe una grande risorsa. Potrebbe entrare nel PD tentando di dargli la scalata, facendosi eleggere in Parlamento alla prima elezione suppletiva utile (quella del collegio di Siena che dovrebbe eleggere il successore del dimissionario Padoan assurto). E’ una ipotesi vaga ed insicura e avrebbe serie difficoltà a districarsi nella marea delle sue molte anime. Potrebbe creare un partito tutto suo, una propria lista. I sondaggi lo darebbero al 1012%. Ma sottrarrebbe voti ai suoi alleati e al M5S sull’orlo della scissione e del definitivo tracollo.

Potrebbe, invece, ipotesi più interessante, assumere la leadership dei 5 Stelle tentando di far rientrare la scissione e aiutando a trasformarlo definitivamente in un partito così come vuole la Costituzione, per  “concorrere con metodo democratico  a determinare la politica nazionale” abbandonando l’alla movimentista ma mantenendo i valori delle sue stelle: l’ambientalismo, la probità, la non professionalità a fini puramente economici della politica, l’europeismo, le riforme delle Istituzioni sempre più vicine ai cittadini. I tempi sono propizi e la maturazione del grillismo in atto. Sarebbe un nobile tentativo utile al Paese. Ma deve decidere in fretta perché la notorietà in politica è effimera.

Il centro sinistra – con il ricompattamento dei grillini che potrebbero votare le leggi da loro ritenute utili al Paese- avrebbe la maggioranza assoluta alla Camera e quella relativa al Senato e sarebbe in grado di imporre al Governo Draghi una sterzata a sinistra facendo scoppiare l’anomalia leghista e il conflitto d’interesse di Berlusconi. Per poi giocarsi la partita alle prossime elezioni politiche alla loro scadenza naturale.

di Nino Lanzetta