Il Governo e l’opposizione a se stesso

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L’attuale esecutivo sta diventando addirittura un unicum nella storia politica italiana. Quello di essere il solo governo che contiene al suo interno l’opposizione a se stesso! Uno stato di cose favorito dallo stato catatonico delle minoranze. Il Pd appare perso nella contemplazione del suo ombelico, squassato com’è da lotte intestine senza quartiere. Perciò vaga come Diogene alla ricerca dell’uomo che possa salvarlo.
Senza realizzare che, per avere un nuovo destino, occorrerà prima definire identità, contenuti, alleanze. E non sarà facile, zavorrato come è dall’ipoteca di Renzi, che con una mano ne inchioda i movimenti per poi accusare tutti di inerzia e di incapacità. Il Pd appare prigioniero di una classe dirigente esangue, abituata ad usare il bilancino correntizio laddove ci sarebbe bisogno di gettare il cuore oltre l’ostacolo. E perciò sostanzialmente incapace di dire una parola chiara che significhi riappropriazione di un proprio campo di battaglia democratica. Anche in FI le cose non vanno meglio. Appena ammantate dai giochi acrobatici di Berlusconi, che finora si è destreggiato attaccando il M5S ma evitando affondi senza ritorno contro la Lega. L’ennesimo pseudo – rinnovamento varato dall’ex Cavaliere appare pco credibile perchè fondato su personaggi (validi ma) meno nuovi che si può, come Tajani (nominato Vice-Presidente) e Galliani. Chissà, anzi, se il primo farà migliore riuscita o la stessa fine degli altri vice di un tempo, i Fini, i Casini, gli Alfano. In ogni caso, la mosa appare insufficiente a sciogliere le vistose contraddizioni della nonlinea poltica di Berlusconi. Incauto nell’aver dato via libera a Salvini per la formazione de governo. Poi troppo indeciso nell’aver atteso garanzie per le sue aziende. Ora prigioniero della doppia tenaglia, quella M5S e soprattutto quella leghista, che si stringe progressivamente. Sul suo elettorato di riferimento, sempre meno moderato e sempre più impaurito. E su gruppi parlamentari terrorizzati da ulteriori falcidie e perciò sensibili alle sirene salviniane. Tuttavia, il governo Salvini – Di Maio è diventato l’opposizione di se stesso per cause intrinseche. L’adozione del contratto di governo non ha tenuto i contraenti al riparo dalle reciproche sgomitate. Soprattutto da quelle leghiste. Sarà per la diversità dei temi prescelti dai due vicepremier – di immediata ricaduta politica quello dei migranti, di più lunga e incerta prospettva quello del lavoro – ma l’azione di governo pentastelata è apparsa più incerta. Non compensata dalla battaglia dei vitalizi, tradizionale tema politico di immagine. La figura di Conte, poi, è risultata un po’ evanescente nella prima fase, anche se ha corretto la linea di Salvini sui migranti puntando sul concerto europeo. Da papa straniero, deve fare i conti con due forti amministratori delegati. Tuttavia, sono apparse notevoli le dissonanze e le dispute sulle competenze anche fra i ministri. E l’auspicabile, maggiore opera di coordinamento politico dell’esecutivo incontrerà le resistenze di Salvini, ora incontenibile nelle sue virulente polemiche con pezzi dell’apparato statale, come l’Inps e la Ragionieria generale. Sul governo, infine, grava l’impressione di forti tendenze protezionistiche e isolazionistiche e di gravi incertezze sulla linea di politica economica. L’elemento, però, che può accentuare la friabilità dell’attuale compagine è la diversità politica tra la Lega e il M5S. Soprattutto per l’avvicinarsi delle elezioni europee. Esse assumeranno con ogni probabilità la portata di un dirompente referendum. E potrebbero innescare delle incontrollabili spinte centrifughe. In particolare Salvini potrebbe essere disinvoltamente tentato di cogliere il momento favorevole per tentare di compiere il gran balzo in avanti verso il premierato.

di Erio Matteo edito dal Quotidiano del Sud