Il M5S tra intrighi e contraddizioni

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La Tav e il via libera all’autorizzazione a procedere contro Salvini rischiano di aprire ferite non rimarginabili nel tessuto più sensibile del M5S. Cioè quello attinente la moralità politica e i fondamenti stessi della sua fortunata ascesa. Per giunta, l’eventuale cambiamento di rotta del Movimento seguirebbe a ruota le tante, troppe conversioni più o meno improvvisamente praticate dalla dirigenza pentastellata da quando è assurta a responsabilità di governo. E la strategia del M5S sembra più rivolta a contenere in qualche modo la crescita del suo partner leghista che a sanare le sue contraddizioni di linea. Queste, però, rischiano di compromettere le sue stesse possibilità di tenuta.

L’elenco delle retromarce fatte dalla leadership di Di Maio negli ultimi tempi ha del clamoroso, considerato soprattutto che non attengono a questioni secondarie, ma a tematiche definite di fondamentale importanza dallo stesso M5S. I numerosi atteggiamenti da Casta assunti nel tempo. Il vistoso calo dei versamenti dei rimborsi parlamentari al Movimento. Le paurose oscillazioni nell’atteggiamento verso il Capo dello Stato, prima minacciato di impeachment, poi lodato per il suo equilibrio. Prima, l’insistenza sulla trasparenza politica, poi il successivo abbandono dello streaming e la sostanziale fine di ogni forma di consultazione della base parlamentare. I clamorosi voltafaccia sull’euro, con minacciati piani B, e sull’Unione europea. Le battaglie anti-Nato con le polemiche sulle faraoniche spese per gli F-35, seguite poi da vistosi dietro-front. Come quello sul gasdotto meridionale (Tap)o l’altro sui condoni, poi varati nella maniera più ampia possibile. O ancora,i salvataggi delle banche, prima tanto deprecati Per non parlare della inusuale moratoria sulle trivellazioni nello Jonio, che ha solo posticipato la scelta. O della pericolosissima empasse sulla Tav Torino- Lione. Fino alla sconsiderata uscita di Di Maio che, per contrastare l’offensiva salviniana su una Tav ad ogni costo, ha affermato che finchè il M5S sarà al governo la Tav non si farà. E ha così definitivamente scoperto i giochi. Ha annullato gli sforzi di Toninelli, da mesi alla ricerca di ragioni tecnico-economiche per bloccare l’opera. Ha dimostrato, insomma, che il no-Tav è questione politica. I troppi no sulle grandi opere pubbliche che il M5S pronuncia per non venire meno alle sue promesse elettorali suscitano ormai forti contrarietà in tutti gli ambienti produttivi del Paese! E i malumori sono destinati a crescere sotto l’incalzare della recessione economica, che certo non si combatte fermando lavori e cantieri! Il M5S, almeno finora, ha mostrato di non saper uscire dal recinto di “partito dei no” che sembra confinarlo sempre più in uno spazio residuale di non-decisione, tanto più angusto in un periodo di stasi economica come l’attuale!

Rispetto a questo groviglio di contraddizioni, che ormai limita in modo pesantissimo la sua azione e crea incertezze e tentannamenti, il Movimento appare incapace di affrontarle e di risolverle. Anzi, sembra abbia scelto una semplice tattica di contenimento rispetto a Salvini, che si è dimostrato un debordante occupatore di spazi politici. Infatti, il M5S sembra aver elaborato la linea di far pagare politicamente al leader leghista la vicenda della autorizzazione a procedere sul caso della nave Diciotti. Per non venire meno alla solidarietà tra alleati e salvare perciò il governo, il M5S (salvo imprevisti!), potrebbe tentare di salvare in qualche modo, alla fine, la posizione di Salvini, facendo però prima in modo di tenere aperta la vicenda – tra la discussione nella Giunta delle immunità all’Aula – il più a lungo possibile. Con l’utilizzo di tutte le proroghe e di tutti gli strumenti previsti per “allungare il brodo”. Questo al fine di poter sbandierare dinanzi all’opinione pubbica il caso-Salvini. Di far cuocere lentamente sulla graticola quest’ultimo, sottoposto magari al fuoco di fila di Di Battista. Di far pagare al leader leghista un prezzo elettoralmente alto fino alle europee. E di raddrizzare, in questo modo, il rapporto di forza sblanciato tra M5S e Lega. Potrà mai bastare questa tattica abbastanza elementare per garantire un futuro al M5S ?

di Erio Matteo