Il mare non bagna l’Irpinia

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Nel suo estremo punto orientale anche l’Irpinia sembra conquistare il mare, nell’angolo di territorio dal quale l’Irpinia Alta “guarda” con distacco la Puglia, da quelle alture non é difficile scrutare, in questi giorni d’estate, il Golfo di Manfredonia, tanto da far sembrare il mare vicino raggiungibile, eppure così lontano.

Il mare, l’Oriente, di giorno, sono così vicini da essere visibili, mentre nelle notti estive un riverbero di luci si propaga dalla linea dell’orizzonte levantino avvicinandoci ancora di più, inondando questa parte estrema, inaccessibile della Campania, di un bagliore che svela, palesandoli, centri pulsanti di vita, paesi pullulanti di moltitudini, che fanno intuire ritmi incalzanti e un dinamismo non soltanto estivo notturno, confermando la vitalità di una terra, di una “Puglia corsara”, che rappresenta “la terra del levante”.

Gli stessi bagliori notturni rischiarano questi primi lembi d’Irpinia, ancor prima che inizi ad albeggiare, e rapiscono lo sguardo indirizzandolo a Oriente, indicando, come in una visione profetica, la strada del domani, quella che dilata a nuovi spazi, a un nuovo orizzonte.

L’Occidente, a Ovest, invece, è l’opposto, la “terra del tramonto”, l’Irpinia di oggi é sempre più ri-piegata a Ovest, verso il crepuscolo, tradendo una decadenza che fa affiorare una drammatica sovrapposizione, a una profonda crisi economica una crisi identitaria.

Una visione, in uno scenario fisico profondamente metaforico, che non può non rivelare, in un contrasto stridente, la crisi epocale che attraversa le viscere infiammate di questa terra morsa dalle tante criticità alla ricerca disperata d’identità, incapace com’é di orientarsi nel complesso labirinto della propria storia, alle prese con un senso di smarrimento che è un tutt’uno con la ricerca di segni e memorie delle proprie radici.

L’Irpinia, come terra di mezzo, invece, può giocarsi questa sua ambivalenza, valorizzando la sua natura bifronte, ri-scoprendo che a Oriente si può aprire una nuova storia, si può ritrovare la rotta, il senso della propria storia.

Con l’Alta Irpinia da sempre zona di cerniera tra Tirreno e Adriatico che fa scorrere, nelle vene del suo accidentato territorio, quell’Ofanto, che dalla sua foce, irrorando il corpo assetato della piana pugliese, corre proprio verso quel mare scorto da lontano.

In questi giorni di afa, in lunghe notti d’estate, i paesi di questa Irpinia crepuscolare”, “decadente”, tentano, con fantasiosi artifici, di “rianimarsi” per qualche giorno dal coma profondo che vivono durante il resto dell’anno, ma sembrano soltanto momentanei sussulti di vitalità, stimolati da una confusa eccitazione collettiva, per testimoniare a se stessi che si è ancora vivi, per continuare a illudersi di esistere pur vivendo la surreale condizione di paesi-fantasma.

“Il mare non bagna l’Irpinia”, al limite si può soltanto scorgerlo in lontananza, con certa malinconia, è ancora lontano il mare, troppo distante, e bisogna accontentarsi di vederlo spuntare all’improvviso, in questi imprevedibili giorni d’estate, in un orizzonte lontano.

di Emilio De Lorenzo