Il tragico bivio del M5 S

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Riesumare gli Stati generali, nella storia, non ha mai portato bene. Nel caso specifico, però, il M5S ha fatto addirittura ritornare di attualità il ritornello di una vecchia canzone: “Si fa, ma non si dice e chi l’ha fatto tace, lo nega e fa il mendace”. Il tutto riferito al “partito”, che è stato il vero convitato di pietra del simil-Congresso. Un approdo formalmente odiato dai pentastellati. Ma altrettanto chiaramente – al di là delle parole – verificabile nei fatti e nelle scelte concrete, soprattutto ora che i suoi principali esponenti si stanno da anni godendo le mollezze del potere. Sì, perchè lo scialbo confronto offerto dall’ormai ex “movimento del vaffa” è stato al di sotto di qualune aspetttiva. E si è dimostrato assolutamente privo di qualunque indicazione di soluzioni valide ai problemi del nostro Paese. Il dibattito si è   incentrato, infatti, esclusivamente sulla organizzazione interna e sui futuri organismi direttivi di quello che si chiama ancora “Movimento”. Ormai, al di là delle parole, un partito a tutti gli effetti. Senza però un vero leader. Senza strutture direzionali. Con ombre sui rapporti con Rousseau. Senza una politica delle alleanze comprensibile. Con diversi ministri (Azzolina, Spadafora, lo stesso Di Maio e l’exToninelli) dalle performance poco convincenti. E soprattutto privo di una vera identità.  Passato attraverso molte esperienze insoddisfacenti. Capi politici nominati. Improvvisati direttòri. O addirittura “team del futuro” mai entrati in funzione. Ora il M5S è obbligato dalle divisioni interne e dalla numerose sconfitte elettorali a inventarsi una vera struttura decisionale. Senza però nel suo Dna nè la cultura delle regole nè le tradizioni di confronto interno proprie dei partiti. E senza aver sciolto per tempo alcuni nodi politici che rischiano di pregiudicarne l’esistenza. O almeno di indebolirrne la forza. A cominciare dalla creazione di gruppi sempre più insofferenti di seguaci personali di questo o quel ministro.

Non è un caso che il quasi-Congresso pentastellato non ne abbia sciolto alcuno. E si sia risolto in una quasi del tutto inutile passerella dei maggiorenti. I loro discorsi hanno ribadito la pressochè incolmabile distanza tra la maggioritaria area governista (Di Maio, Fico, ministri, ecc.) e il pretenzioso, variegato insieme di gruppi e settori anacronisticamente ancora convinti della necessità di dover e poter tornare ad una indistinta, immaginaria età dell’oro del M5S. Rispetto a questa montagna di questioni, il documento che sarà votato su Rousseau si presta  a molte interpretazioni. Sugli assetti di vertice, si dovrebbe andare verso un organismo collegiale di una quindicina di membri rappresentativi ( anche Di Battista?) e/o un organismo più ristretto (5-7 membri). Due soluzioni che ricalcano le vere strutture di un partito. Guai però a chiamare, la prima, Direzione. E la seconda, Segreteria! Balzana la prevista assenza di un vero leader, visto che si parla solo di un possibile “portavoce”. Basterà a impedire sanguinose faide interne? Mah!

Respinta poi l’idea di coalizioni stabili con un solo soggetto politico ci saranno, solo in via eccezionale, alleanze variabili. Quindi, vedremo ancora forme di “politica dei due forni” di craxiana memoria. Però, senza gli appigli ideologici di un tempo. E quindi affidate alle convenienze politiche immediate. O a contorte alleanze locali diverse, magari attraverso liste civiche (come accaduto alle regionali!).

Infine, c’è la bomba H. Cioè la questione dei due mandati. Limite ribadito (con sempre minore convinzione) dagli Stati generali. Ma vissuto sempre peggio dai moltissimi parlamentari in bilico. Esso continua a gravare minaccioso sul futuro della creatura grillina. Si calcola che, per effetto del calo dei consensi elettorali ma anche della riduzione del numero dei parlamentari, circa il 50-55% degli attuali deputati e senatori non sarà rieletto. Insomma, una ecatombe senza precedenti! E non basteranno certo le crescenti rassicurazioni sul loro eventuale riutilizzo nelle Regioni o negli staff ministeriali. Quando ci si abitua a certi status non è facile accettare compensazioni al ribasso!  Insomma,  il futuro del M5S – scissioni a parte – si preannuncia fosco!

di Erio Matteo