In questo mondo sospeso

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Di Gianni Festa

Siamo in questo mondo sospeso che ci crea angoscia, paura e un incerto futuro. Le guerre che infiammano il Medio Oriente, l’Ucraina, il Sudan, ci dicono che l’umanità non ha più valore. Si combatte per l’autonomia, ma anche per sottomettere un popolo senza terra, come è per la Palestina (che è cosa diversa dal terrorismo di Hamas) al proprio dominio. E intanto la carneficina continua. Senza pietà. Privando un popolo in fuga dai beni essenziali, come l’acqua e l’energia elettrica. E mentre armi potentissime oscurano il cielo, bambini, donne e uomini vengono massacrati per finire nelle fosse comuni. Chi s’ingrassa è l’industria delle armi, sempre più vorace con bilanci stratosferici. Le guerre sono un’infamia, i tanti conflitti che esplodono nel mondo sono l’irrazionalità della ragione. E più il mondo s’infiamma, nei suoi tanti pezzi, per citare Papa Francesco, più il pericolo di una guerra totale si fa vicino. Se il Novecento è stato il secolo dell’atomica e della Shoah, questo rischia di passare alla storia, stando a questo primo ventennio, come il luogo in cui la morte di migliaia di bambini, innocenti e indifesi, tra guerre e fame, sono vittime di gente senza cuore. E allora ci s’interroga, a volte tra l’indifferenza, su quale futuro potranno avere i ragazzi di oggi, quelli che ci sono e quelli che verranno, sia pure con l’angoscia delle possibili giovani mamme. Ma è solo questo, e di certo non è assolutamente poco, motivo di riflessione che genera quella sospensione che vacilla tra il bene e il male? No, certamente. C’è l’altra faccia della medaglia che è la motivazione del malessere della società. L’indifferenza, ad esempio, di chi gira la faccia dall’altro lato e laddove c’è bisogno dimentica il valore del bene comune. C’è l’arroganza del potere che umilia, mortifica, ti fa inginocchiare se vuoi sopravvivere. Non c’è più quella politica che aveva ragione di esistere perché dava risposte ai bisogni della gente. Quella politica è morta. Oggi la sua crisi si evidenzia attraverso il ruolo che svolgono i partiti che vivono di slogan, privi di una coscienza sociale e, molto spesso, i cui iscritti sono tenuti lontani dalla partecipazione e rinchiusi nel loro orticello, che genera affarismo, clientelismo e trasformismo. A destra come a sinistra. E la risposta della società è senza riserve, come dimostrano le urne sempre più vuote in occasione della partecipazione al voto. Non tutto qui. C’è il male dell’individualismo, l’incapacità di fare squadra, di generare il dialogo e il confronto laddove c’è lo scontro. E potremmo continuare con i difetti di una società metallica che è prigioniera, in un vasto territorio soprattutto del meridione di una criminalità che inquina la legalità, semina terrore e opera come antistato. Da questo punto di vista la corruzione nel mondo degli appalti pubblici, e non solo, è ancora oggi come un fiume in piena. Per fortuna a queste riflessioni pessimistiche, ma vere, si contrappongono valori che germogliano nel sociale. Sono i volontari che danno il loro aiuto a chi ne ha bisogno; le associazioni giovanili che seminano cultura; coloro che educatamente cedono il posto agli anziani nei mezzi pubblici; i giovani che riscoprono il lavoro nelle campagne e quelli che lottano per un ambiente da difendere. Ci sono scuole in cui l’insegnamento, oltre ad essere fucina del sapere, sono presìdi della vita democratica e primo passo per la formazione della classe dirigente. Sono in molti a riscoprire il valore della Costituzione della Repubblica, nata dalla Resistenza dopo la lotta per la Liberazione dal nazifascismo. Essa, con i suoi principi e le sue regole, esercita una straordinaria funzione etica. E oggi c’è Francesco, che con il suo allargamento dei diritti civili e il continuo appello alla pace sta operando una “rivoluzione” all’insegna del bene comune. Tutto ciò consente di respirare quell’aria nuova che serve contro le le paure che l’altra faccia della medaglia ci consegna.