La politica verso la “fase due”

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E’ passato poco più di un mese dal “lockdown”, il blocco di tutte le attività non strettamente necessarie e il confinamento a casa degli italiani, e sia il governo che le forze politiche cominciano ad interrogarsi sui tempi, i modi e le tappe del passaggio alla “fase due” della lotta al coronavirus: la fase della transizione, non si sa quanto lunga, verso il ritorno ad una pur ridotta normalità della vita sociale ed economica. Il presidente del Consiglio procede dando ascolto al parere degli scienziati e dei tecnici dei quali si è circondato, e cercherà prudentemente di rinviare almeno di qualche settimana ogni decisione che oggi, a contagio ancora attivo, sarebbe affrettata; ma i partiti che lo appoggiano manifestano segnali di insofferenza che meritano di essere analizzati. Ci si chiede per quanto tempo ancora Giuseppe Conte potrà esercitare quel ruolo di unico protagonista della scena politica italiana e internazionale che ha finora interpretato in assoluta solitudine, ricavandone un incremento di consensi che i sondaggi non hanno mancato di rilevare. Una crescita di peso e di immagine che proietta un cono d’ombra sul paesaggio circostante: col parlamento convocato a singhiozzo, il Consiglio dei ministri riunito da remoto, la moltiplicazione di atti amministrativi urgenti, un sapiente dosaggio della comunicazione istituzionale. E’ scontato che le opposizioni comincino a protestare rumorosamente, anche perché lo spirito unitario auspicato dal Presidente della Repubblica stenta a materializzarsi; ma ora anche tra i partiti della maggioranza si avvertono preoccupanti scricchiolii. Nel Partito democratico il segretario Zingaretti, dopo tre settimane di forzata assenza, è rientrato sulla scena con la richiesta, finora non esaudita, di un radicale cambio di passo, dall’accentramento alla condivisione delle decisioni operative. La proposta del Pd si concretizza nella formula di una “cabina di regia” che prepari il terreno per un ritorno alla normalità nella dialettica politica: una sede nella quale maggioranza e opposizioni si confrontino con la comunità scientifica e le Regioni per individuare il percorso più celere e sicuro per l’uscita dall’emergenza. Si deve partire “dall’evidenza di non commettere errori”, ha chiarito il segretario, alludendo quindi a trascorsi passi falsi, ed ha aggiunto: “Dobbiamo cogliere questa occasione per semplificare il paese, altrimenti non ce la faremo mai. E lo deve fare il governo, ma in concordia con chi non ne fa parte. A me non interessa nulla da chi proviene un’idea”. Per il momento, Giuseppe Conte ha fatto finta di non capire; anzi, chiedendo la fiducia sul decreto “Cura Italia” che stanzia i primi 25 miliardi per l’emergenza, ha fortemente irritato le opposizioni mettendo le premesse per un ulteriore scontro parlamentare sul secondo ben più corposo provvedimento legislativo varato per sostenere la ripresa economica. Negli stessi giorni si è avviato un duro confronto in sede europea, con l’Italia che rischia di essere messa in un angolo da Germania e Olanda, contrarie a cofinanziare il nostro debito, già pesante ed oggi in ulteriore espansione. Anche su questo terreno, la posizione del Pd e del suo ministro dell’economia Gualtieri è distinta da quella di Conte e dei Cinque Stelle, che coltivano una tentazione isolazionista e sovranista che in passato hanno condiviso con Matteo Salvini. Si vedrà quale sarà il punto di caduta del contenzioso con l’Europa, ma si capisce fin d’ora che il presidente Conte dovrà dimostrare singolari doti di equilibrismo per continuare a governare anche nella “fase due” che si annuncia piuttosto burrascosa.

di Guido Bossa