La sconfitta storica della sinistra 

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Più che una sconfitta, per la sinistra è stata una disfatta: una nuova Caporetto e, sullo sfondo, non si intravede nessuna Vittorio Veneto. Hanno vinto i populismi radicali alla Di Maio con la promessa del reddito di cittadinanza e alla Salvini, con il suo slogan “Prima gli Italiani” ed hanno perduto i populismi classici alla Berlusconi ed alla Renzi. Al Sud il M5S ha fatto cappotto ed anche la Lega è riuscita a fa eleggere due parlamentari in Campania dove Il PD è sotto il 14%, il M5S quasi il cinquanta, F.I. sotto il 20% e la Lega circa il 4%
E’ finita l’era dei De Mita e sono stati sconfitti –speriamo definitivamente- anche i nuovi cacicchi alla De Luca. Ma non è stato solo il populismo a determinare la vittoria dell’antipolitica del M5S al Sud e della Lega al centro Nord, ma la rabbia, soprattutto dei giovani, la disoccupazione, l’insicurezza del futuro, i problemi di una immigrazione, incontrollata. E’ emersa una forte domanda di cambiamento per una alternativa democratica ad un sistema, corrotto ed inquinato, sempre più lontano dalla gente, che ha coinvolto il 70% dell’elettorato in una protesta generale. Per la sinistra è una sconfitta storica dalla quale bisogna trarre utili ammaestramenti e ripartire con umiltà e determinazione facendo da parte coloro che hanno conquistato il PD con la strategia della rottamazione che ha finito per rottamare il partito e se stessi. Né è sufficiente consolarsi con l’alibi che ovunque in Europa la sinistra sta collassando, perché da noi le cause del dissesto sono più profonde ed autoctone. In Italia la sinistra perde – come ha scritto Ezio Mauri- perché “ha perduto la capacità di generare speranza”; ha abbandonato il suo elettorato tradizionale: gli operai, il ceto medio, i pensionati, i giovani; è fuggito dalle periferie e dal territorio; ha sottovalutato i problemi conseguenti ad una globalizzazione senza regole (perfino l’ultra liberista Trump ha messo dazi sugli acciai!). Ha difeso il lavoro e non i lavoratori ed ha lasciato fuggire dall’Italia aziende che hanno preso contributi statali e poi hanno delocalizzato; ha fatto uso indecente di una privatizzazione anti interessi nazionali (vedi Telecom e Italsider di Taranto). Ha difeso il lavoro in astratto e non il lavoratore sul posto di lavoro, uscendo dalle fabbriche; ha creato lavoro precario e limitazione progressiva di tutele e di diritti; ha ridotto il Welfare, minato la solidarietà sociale su cui si fonda una società liberale; ha generato divisioni, insicurezza ed esclusioni; ha lasciato che i giovani, senza lavoro, emigrassero in massa dall’Italia, perdendo risorse preziose; ha fatto una legge elettorale oscena ed indecente, che ha tolto ai cittadini quel poco di rappresentanza, senza assicurare governabilità. La protesta ha coinvolto un po’ tutti: i giovani, gli esclusi, gli emarginati, ma anche il popolo degli assistiti, la “plebe” con la quale Giorgio Bocca individuava i napoletani per la miseria dei vicoli, l’emarginazione sociale, il degrado del tessuto urbano, l’abitudine a convivere con l’illegalità, l’indifferenza o, la “napolitudine” come Raffaele La Capria qualificava l’arte di arrangiarsi e di sopravvivere o il ventre di Napoli che Malaparte descrive efficacemente nel suo “La pelle”. La sinistra ha perso perché ha platealmente disatteso i principi costituzionali, a cominciare dall’art. 3 che recita: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Tutt’altra cosa della Germania, dove i lavoratori mantengono gran parte dei loro diritti, e dell’Inghilterra dove la sinistra più radicale di Corbyn li richiama e li difende. Per poter ripartire la sinistra ha necessità di ritrovare se stessa, ridiventare una sinistra di lotta e di governo; non appiattirsi sulle conseguenze di una globalizzazione selvaggia e riscoprire le protezioni sociali, l’essere europeista convinta, ma contribuire a cambiarne l’assetto istituzionale e soprattutto a determinare una politica comune sul fenomeno irreversibile dell’immigrazione, non lasciando gli immigrati vagare in giro per l’Italia senza dimora e senza la minima integrazione. Il M5S e la Lega hanno stimolato gli istinti, la rabbia sociale, la paura, il senso di insicurezza e, con facili e, spesso, irrealizzabili promesse hanno vinto. A loro spetta la proposta di governo, trovare una maggioranza senza pretendere un incarico di governo solo perché hanno ottenuto più voti. Ogni partito e ogni leader responsabile, che abbia il senso dello Stato, deve fare un passo indietro e favorire ogni ipotesi di governabilità, o almeno di contribuire a fare una seria riforma elettorale prima di tornare alle urne. Invece all’orizzonte c’è buio pesto e, almeno finora, non si sa come uscirne. Forse è davvero nata la terza Repubblica come dice Di Maio!

di Nino Lanzetta edito dal Quotidiano del Sud