La visita di Conte e i cattolici

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Il preannunciato appuntamento in Avellino con il premier Conte, promosso dalla Fondazione Sullo, è stato salutato da un notevole interesse, sopratutto nell’articolato mondo del cattolicesimo democratico irpino. Più volte sulle pagine del nostro quotidiano, anche da parte mia, sono rieccheggiati sprazzi di protagonismo politico e culturale da questo alveo dove l’acqua scorre periodicamente, senza mai diventare fonte sorgiva di un progetto politico organico, permanente e diffuso su tutto il territorio provinciale. Dalle ACLI, dal Circolo dei Cattolici “G. La Pira”, dal movimento Irpino per il Bene Comune ed altre realtà associative che si ispirano ai principi del cattolicesimo sociale solo contributi, anche significativi, ma mai la forza di trovare un sentiero comune di impegno e di progetto politico-culturale condiviso. Probabilmente la sindrome della sudditanza clericale del laicato cattolico associato da una parte e la tiepidezza sociale delle Chiese locali meridionali dall’altra, non hanno promosso la necessaria e propedeutica lievitazione culturale e politica necessaria per abbandonare il limbo della insignificanza. Il risveglio promosso dalla Chiesa Metropolita di Benevento, nello scorso mese di maggio con il coinvolgimento dei Vescovi delle zone interne della Campania ha lanciato il grido di allarme per lo spopolamento di queste zone e per la fuga delle giovani energie, culturali e professionali. È sperabile che non si sia trattato solo di un grido momentaneo, ma l’inizio di un percorso formativo fecondo per la formazione di una giovane classe dirigente, fortemente motivata sul piano dell’impegno sociale e politico. Nel panorama politico italiano, inquieto e instabile, l’unico personaggio istituzionale di primissimo piano, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che parla di cattolicesimo è proprio lui. Ovviamente si tratta non di un leader politico, ma di una figura di robusta caratura culturale e professionale, chiamata nel tentativo di fare sintesi del riformismo programmatico del governo italiano. A mio avviso questo chiaro riferimento culturale e politico di Conte non è casuale, né senza significativo rilievo: mentre tutti gli altri sedicenti dirigenti politici, forse per deficit culturale e mancanza di pensiero politico positivo, hanno abbandonato la grammatica del Cattolicesimo sociale, ignorando la sua pregnanza attuale, lui ne fa lievito programmatico proclamato per la sua azione politica. Queste premesse probabilmente serviranno a dare un senso e una prospettiva della visita avellinese di Conte da parte di una fondazione che fa riferimento al grande statista, cattolico e democratico, Fiorentino Sullo. Anche l’ipotesi di “riutilizzazione” del simbolo dello scudo crociato, delineato da Gianfranco Rotondi, non può ridursi ad una miope ed egoistica prospettiva politica: chi  conosce Rotondi, non può non riconoscergli onestà e spessore culturale e politico. L’avvenimento preannunciato pertanto, va soppesato attentamente dalla presenza cattolica e democratica irpina – abbandonando per un momento la tentazione deleteria della “libera uscita” circa l’opzione partitica – cominciando a porsi seriamente la domanda: cattolicesimo sociale dove sei finito? La risposta non può prescindere dal recupero di un pò, di memoria storica per conoscere il rilievo politico di quell’universo di valori e di esperienze associative legate alle ACLI, alla CISL, alla cooperazione sociale, alle tante associazioni di ispirazione cristiana. Un tempo queste realtà avevano rappresentanza significativa nei partiti e nelle istituzioni, esprimevano personalità politiche e di governo di primissimo piano. Risposta che non può essere rassegnazione all’esaurimento di una sensibilità politico-culturale che vanta una storia feconda e che custodiva valori civili e comunitari che difficilmente possono vivere politicamente senza che nessuno se ne faccia carico. Dunque cari amici del cattolicesimo sociale irpino, la visita irpina di Conte segni l’inizio di un cammino comune per un serio e profondamente ispirato rinnovamento integrale della nostra democrazia.

di Gerardo Salvatore