Sono le storie trasmesse di generazione in generazione, simbolo del legame tra madre e figlia, di una sapienza perduta in cui l’uomo e la natura vivono in armonia il punto di partenza del racconto “L’albero dormiente” di Ester Andreola, Il Papavero. In una notte magica, una madre scrive alla propria figlia, le consegna un testimone perchè ne faccia tesoro, una chiave preziosa per affrontare la vita. Sono insegnamenti affidati a favole e miti che sanno parlare al cuore “In tutto questo tempo esse hanno rappresentato la linfa della mia vita, l’energia creativa del mio essere persona, il fuoco del camino mai spento…Devo loro l’incontro con la vita, il senso stesso dell’amore per il mondo, il coraggio di alzare lo sguardo, la dolcezza degli occhi di mia figlia”. Raccontano la possibilità di costruire un mondo migliore, di mettere da parte l’oscurità perchè il cuore dell’uomo torni a battere, nel rispetto di tutti gli altri esseri umani e del pianeta.
Così la storia del re che ha rinchiuso il suo cuore in uno scrigno e gettato la chiave nel pozzo più profondo si fa richiamo alla necessità di affrontare le proprie paure, di guardare dentro di sè e fare i conti con ombre e oscurità, unica strada per vivere ed essere felici. Il re sceglie il silenzio del cuore e così in virtù di un incantesimo non ascolterà più i battiti che vibrano nel suo petto “Lei non vivrà nel buio nè nella luce – gli dice il mago del silenzio – E le stesse parole che daranno più potere alla sua mente perderanno di colore e calore. Esse diveranno pietre immobili su cui camminare. In cambio avrà una vita lunga quanto il tempo, poichè nessuna cosa potrà intaccare la sua esistenza. Il silenzio scenderà nel suo cuore e la vita perderà significato”. Perchè l’incantesimo si rinnovi, una volta all’anno, dovrà scegliere un uomo o da donna dalla cui linfa trarre nutrimento, privandolo lui o lei delle sue emozioni. Sarà, però, una giovane coraggiosa, Luce, così uguale al re per la sua rinuncia al mondo reale, poichè “la mente degli uomini non chiede di udire il più vero e profondo sentire” a far vibrare di nuovo il suo cuore. Affronterà l’ombra del tempo, mettendo da parte la paura e troverà la chiave per aprire il cuore del re. Quando si sveglierà, il sovrano troverà Luce al suo fianco e si stupirà di tornare a sentire emozioni, gioia e dolore. “Potremmo imparare – dice la madre alla figlia – a vivere pienamente la nostra vita nella realtà, senza per questo uccidere una parte di noi”. Un cuore, quello del re, oscuratosi proprio come l’albero davanti casa, che giace dormiente da duecento anni in attesa che il miracolo dell’amore lo svegli. “Le favole che ti racconto – spiega ancora la madre – non sono scritte in alcun libro sarah ma non per questo sono meno forti e penetranti. Esse sono il frutto della nostra memoria, il segno di un’antica presenza, un’energia che attende di librari in volo, per espandere i suoi frutti oltre questo spazio”. Ecco perchè la madre chiede alla figlia di amare quelle storie che appartengono a un mondo in cui il cuore dell’uomo era aperto alla meraviglia.
Così accade per la seconda favola, quella dell’incontro tra la bambina e il drago. Un incontro che avviene attraverso la magia di uno specchio “Non lasciarti ingannare dalle apparenze, apri la mia porta, essa è parte della tua fantasia e ti condurrà a un tempo e uno spazio che già conosci ma dei quali non hai più memoria” che la condurrà in due misteriose caverne, da cui potrà uscire solo facendo affidamento sulle due forze e vincendo, anche lei, la paura, vera nemica di tutti i personaggi delle storie. “Ho compreso – sarà il drago – che ogni uomo ha una propria idea della paura e che essa è legata all’incapacità di credere nelle immagini meravigliose dei propri sogni e dei pensieri….quella sensazione che tu chiami paura ha impedito agli uomini di entrare fin nelle mie stanze…il suo sonno contagia silenziosamente ogni cellula, diffondendosi lentamente sino a confondere a coprire, come nebbia, il vero sentire che è priva di ogni limite…Pensano di sfuggire ai loro nemici ma fuggono soltanto da sè stessi”.
Sarà il drago a insegnare che il buio alimenta la paura, facendoci dimenticare che l’arcobaleno è lì a pochi passi “Lo specchio d’acqua trasparente attende invano che gli occhi osino fissare lo sguardo dentro i propri occhi”, rendendo le nostre vite ripetetive e meccaniche perchè “non ci si accorge di vivere nel buio “solo gli occhi conservano sprazzi dell’antica e profonda memoria in attesa che la linfa vitale riprenda il cammino interrotto”. E così Luce imparerà a cavalcare il drago a non “lasciare che la polvere copra il giardino incantato che nasconde le pietre lucenti e capirà che l’amore è il centro dell’universo e che l’universo è dentro ciascuno di noi”. Sarà anzi grata al drago che “Le aveva aperto la porta di quel luogo sconosciuto e meraviglioso nel quale desiderava entrare, che era rinchiuso nel suo cuore”.
Anche la voce narrante è alla ricerca di sè stessa e cerca un modo per superare le proprie paura, non sa ancora se riuscirà a percorrere il suo cammino ma sa che dovrà guardare dentro di sè per trovare la forza necessaria e andre al di là della semplice ragione. Capiamo così che è proprio in quell’albero che donava frutti e che ha scelto di cadere in letargo, poichè gli uomini avevano dimenticato di prendersene cura con i loro pensieri e di accarezzarlo con i loro sguardi, la ragione di quella misteriosa notte fatta di storie e racconti. Poichè un giorno quell’albero ordinò alle radici e alle foglie di fermare il tempo, diventando leggenda. Da allora tutti lo venerano come se la vita di tutti dipendesse dalla vita dell’albero. Egli canta il canto dell’amore profondo che dorme in ogni uomo ma quel canto non riesce più ad arrivare agli uomini, malgrado l’albero continui ad ascoltare le parole degli uomini Eppure l’albero stesso sa “che un giorno qualcuno canterà un nuovo canto e la porta della mia casa si aprirà nuovamente alla vita. Basterà un solo canto, un solo e inedito suono e il mio spirito si sveglierà”.
Sarà una fanciulla addormentatasi sul suo tronco a sciogliere l’incantesimo, offrendogli in dono nient’altro che i suoi occhi, la sua luce e la memoria del tempo passato in cui i suoni delle parole diffondevano gioia sulla Terra. Saranno quei cristalli di luce e quel cuore palpitante a fare la differenza. “E’ questo il mio dono per te, per te e chiunque altro oserà sfidare il colore nero, per donare i suoi occhi e il suo cuore al mondo…La fanciulla guardà il suo albero e l’albero guardò la fanciulla: non v’era altro che amore”.
La piccola Sarah, al suo risveglio vedrà davvero l’albero rifiorito con la sua chioma verde e alla fine anche sua madrem che invece non riesce a vedere il miracolo, avrà compreso la possibilità di un nuovo inizio per gli uomini e per il pianeta, se anche un solo cuore avrà ripreso a battere “Penso al pianeta azzurro di cui siamo parte, ai diversi destini che intrecciano le nostre vite, ai tanti perchè che non trovano risposta, al colore nero che ha saputo insinuarsi nei diversi meandri dell’animo umano, fino a rendere normale l’inammissibile orrore della guerra”. Il volume sarà presentato il 30 ottobre, alle 17, al Circolo della stampa. Interverranno il preside Paolo Marotta, presidente associazione Orizzonti, i giornalisti Gianni Colucci e Floriana Guerriero e la professoressa Giulietta Fabbo