L’alta velocità avvicina l’Irpinia e il Sannio all’Europa (e all’Asia Orientale)

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La storia insegna che tra le condizioni fondamentali per la ricchezza degli imperi e delle nazioni un posto rilevante è sempre stato occupato dallo sviluppo delle reti di collegamento e di trasporto, siano esse naturali o artificiali. A riprova è sufficiente soltanto ricordare l’enorme importanza che ebbe il fiume Mississippi nel corso del XIX secolo per l’economia nordamericana. Ancora adesso le infrastrutture ferroviarie ed i collegamenti marittimi segnano il destino dei futuri assetti mondiali. Su questo fronte la partita si disputa, a livello internazionale, tra Stati Uniti e Cina. In contrapposizione allo strapotere statunitense, il governo cinese ha intrapreso una serie di iniziative. Il progetto ambizioso di Xi-Jinping, mirato a creare “le nuove vie della seta” marittime e terrestri, si fa forte di due elementi: l’AIIB (Banca Asiatica d’Investimento per le Infrastrutture) e la BRI (Belt and Road Initiative). L’Europa si è preparata alla sfida elaborando la rete TEN-T (Trans European Network-Transport), da ultimare entro il 2030  per quel che riguarda la rete centrale e prima del 2050 per quanto riguarda quella globale, la quale permetterà, nel lungo periodo, il collegamento tra Europa e Cina. All’interno del corridoio Scandinavo-Mediterraneo della rete TEN-T è inserita la realizzazione della linea ferroviaria AC/AV Napoli-Bari. Essa rappresenta un’infrastruttura significativamente importante, forse la più ambiziosa degli ultimi decenni per il Sud Italia, collegando le città di Napoli e di Bari, intorno alle quali si sviluppano le due aree economiche meridionali più produttive. Per l’Irpinia e per il Sannio si tratta di un’occasione unica. Con la stazione di Benevento e con la stazione Hirpinia, quest’ultima interamente da costruire, “la terra di mezzo” entrerà da protagonista a far parte delle reti di trasporto trans-europee, avendo la prospettiva futura di essere compresa nelle “nuove vie della seta”. L’Irpinia e il Sannio, terre interne senza apertura sul mare, sono storicamente carenti di infrastrutture di questo genere. Non esistono aeroporti e nessuna rete ferroviaria è veramente all’avanguardia. Gli unici collegamenti efficienti con l’esterno restano strade ed autostrade. Realizzando il progetto, l’Irpinia sarebbe collegata all’Europa e, in prospettiva BRI, alla Cina, la cui economia è stimata in costante crescita per i prossimi anni. In tal modo ne potrà beneficiare notevolmente il commercio. La presenza di grandi infrastrutture di collegamento ha la capacità di rendere competitivi i territori, facilitandone lo sviluppo attraverso l’intensificarsi degli scambi commerciali e l’aumento potenziale della produzione industriale autoctona, contribuendo a creare occupazione. Il commercio arricchisce le popolazioni e le nazioni più di ogni altra attività umana. Intorno a infrastrutture di tale portata si possono costruire progetti interessanti, anche in considerazione del fatto che la riduzione dei costi e dei tempi di trasporto delle merci rende gli investimenti più convenienti. La nascita di reti ferroviarie che vadano a collegare adeguatamente la penisola con il resto degli Stati europei procede di pari passo con il potenziamento dei porti. La riforma delle autorità portuali, attuata dal governo Renzi nel 2016, si poneva l’obiettivo di rendere più efficiente e competitivo il sistema portuale sul piano burocratico-amministrativo. Migliorando i porti anche nella componente infrastrutturale e realizzando i dovuti collegamenti terrestri, si apriranno importanti opportunità di crescita per l’Italia. Nelle prima formulazione dell’iniziativa BRI, la Cina sembrava essere interessata esclusivamente agli scali marittimi dell’Alta Italia come porta per raggiungere, attraverso le reti ferroviarie, l’Europa centrale e settentrionale. Negli aggiornamenti successivi le attenzioni si sono spostate verso l’Atlantico, includendo il Mediterraneo ma escludendo completamente l’Italia. Tuttavia, come dimostrano i recenti investimenti economici in Italia, a cominciare da quello della China Ocean Shipping Company nel porto di Napoli, e tenuto conto dei buoni rapporti diplomatici, l’opportunità di entrare a far parte delle “nuove vie della seta” rimane realisticamente aperta nelle evoluzioni strategiche cinesi del prossimo futuro, a condizione che l’Italia porti a compimento quelle riforme atte a risolvere arretratezze ataviche e quegli investimenti, pubblici o privati, volti a superare carenze di base e problemi strutturali.

Quirino De Rienzo