L’importanza della formazione di attivisti e volontari

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In una recente intervista su Avvenire, sul tema dei rapporti tra cattolici, sociale, politica e consenso, Giuseppe De Rita – fondatore del Censis/Centro Studi Investimenti Sociali) e già Presidente del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro – dichiara: «I cattolici sono capaci di grandi aggregazioni sul versante della coesione sociale, ma la politica è un’altra cosa, è ricerca del consenso, ha un suo linguaggio, richiede tempo e volontà di sporcarsi le mani. Chi pensa che da un giorno all’altro di poter tradurre in termini di consenso le aggregazioni costruite intorno alla coesione sociale, rischia di restare solo, di non ritrovarsi al fianco nemmeno i suoi amici». Su questa complessa tematica De Rita chiarisce ulteriormente che «senza impegno sul promuovere e agire forme di mobilitazione, penso che anche il mondo del fare e del lavoro corra lo stesso rischio». In sostanza De Rita, pur facendo riferimento alle tante magnifiche pratiche ed esperienze degli ultimi anni, afferma che troppe sono state le ambiguità e le confusioni e il dialogo con la politica si è trasformato in collusione con scelte errate che hanno depotenziato l’idea di un welfare pubblico e universale. In realtà in questo spazio sociale, hanno prevalso le timidezze piuttosto che la denuncia o l’affermazione di un rapporto attento e non ideologico, magari per il timore di subire perdite e ritorsioni economiche. Dove troppo spesso si è persa l’abitudine a proporre e stare nel movimento e nelle vertenze. A tal proposito, proprio durante questi giorni, i pronunciamenti governativi sul drammatico problema delle disabilità, con una macroscopica mancanza di lettura attenta della questione, parlano di assistenza sociosanitaria domiciliare. Ma dove stanno e quanti sono gli operatori professionalmente capaci, ben sapendo che attualmente gli stessi sono già pochi nelle strutture ospedaliere. Sarebbe stato intelligente ed economico prevedere – almeno nel breve periodo – l’aumento dell’indennità di accompagnamento per i disabili aventi diritto e dell’altro avviare percorsi di formazione sociosanitaria per la formazione di addetti capaci che, attraverso una rete coordinata di servizi, assicuri cure domiciliari capaci di far vivere, con migliore clima umano e sanitario, la disabilità sempre più diffusa. Non ci vuole molto per prevedere che, nel medio e lungo periodo, i capitoli di spesa afferenti alla cura della disabilità, registrerebbero una diminuzione della spesa stessa e un migliore servizio sociosanitario: era quello che prevedeva il “pacchetto Paglia” costruito senza orpelli ideologici o populistici. Cosicché il lavoro sociale è vittima di una sorte di deriva tecnico-amministrativa-governista che ha messo all’angolo il senso politico e culturale di quello che il Terzo Settore fa, spesso è generato dalle istituzioni ideologizzate dagli stessi elettori disattenti e incapaci di mobilitarsi, nelle forme più efficaci. Certamente le forze sociali, a parte qualche lodevole tentativo, non hanno curato la formazione alla pacifica e propositiva mobilitazione: probabilmente, anche, perché prive di sufficienti disponibilità finanziarie per curare i percorsi formativi necessari. Va riscoperta, dunque, questa preziosa capacità formativa come attivisti, operatori, dirigenti delle organizzazioni del civismo attivo, dell’associazionismo e del volontariato, dell’impresa sociale e delle loro reti o soggetti di coordinamento e rappresentanza.

 

Gerardo Salvatore