L’Italia a crescita zero

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Pochi ne parlano e i telegiornali ignorano la notizia: il PIL (prodotto interno lordo) nel secondo trimestre, non si è mosso di un decimale. E’ il più basso d’Europa e frenano anche industria e consumi. L’Italia è a crescita zero. La ripresa tanto sbandierata non è ancora cominciata e se c’è stata per qualche frazione di decimale, si è arrestata. L’Italia cresce meno di tutti gli altri paesi europei, perfino della Grecia. Le stime del governo devono essere corrette perché siamo già sotto di sette miliardi. Anche se il ministro Padoan si affretta ad assicurare che i conti sono sotto controllo. Il guaio è che a pagare siano sempre i soliti: i pensionati, i lavoratori, i piccoli imprenditori (artigiani, commercianti), cioè quel ceto medio che una volta era l’asse portante dell’economia italiana. Come se non bastasse il debito pubblico continua a crescere come la spesa pubblica improduttiva. Renzi si è reso conto che per far crescere l’economia c’è bisogno di investimenti. Ma ben indirizzati e non a pioggia, come si è fatto finora. C’è anche bisogno di radicali riforme strutturali. Quelle fatte si stanno dimostrando pannicelli caldi che non affrontano alla radice i veri nodi che strozzano l’economia. Le riforme che occorrerebbero, per essere efficaci, dovrebbero colpire interessi protetti di intere categorie di persone che mantengono rendite e privilegi e campano facendo da intermediari tra lo Stato e i cittadini: alta finanza, banche, petrolieri, manager, boiardi di Stato, ordini professionali (notai, avvocati, farmacisti, perfino tassisti). Sono questi che si oppongono alle riforme che toccherebbero i loro interessi. Si sperava che Renzi ci avrebbe provato, invece ha creduto che rottamando D’Alema e quelli della sua generazione si risolvessero i problemi. Ora vuole dall’Europa maggiore flessibilità e ha bussato a denari: 15/20 miliardi per rilanciare l’economia; alla fine la Merkel cederà perché non si può rischiare, dopo la Gran Bretagna, un’altra brexit dell’Italia. Sarà un’altra manovra a debito che si aggiunge alle precedenti sottovalutando che i debiti generano altri debiti e chi non onora le cambiali in scadenza non ne dovrebbe firmare altre e rinviare sine die quel pareggio di bilancio che, secondo gli impegni del governo Berlusconi a seguito della lettera della BCE del 5,8,2011 avrebbe dovuto esserci già nel 2014. Quella lettera conteneva ulteriori “istruzioni” che Renzi sta attuando solo nella parte che riguarda la riduzione dei diritti dei lavoratori, come il Jobs Act e la privatizzazione dei servizi pubblici (vedi l’acqua) riservando ai privati gli utili e accollando allo Stato, e quindi ai cittadini, le passività. Non sta facendo – come pure suggeritole liberalizzazioni dei servizi pubblici e privati, per esempio abolendo gli ordini professionali (avvocati, ingegneri, farmacisti, notai, perfino tassisti), e neanche la contrattazione salariale collettiva d’impresa, né sta mettendo mano alla sostenibilità delle finanze pubbliche rivoluzionando il sistema bancario, il meno efficiente in Europa, né qualificando la spesa pubblica, chiudendo Enti inutili e costosi; non sta neanche procedendo ad una vera mobilità nella Pubblica Amministrazione togliendo il personale dove è numeroso per spostarlo nei servizi utili ed essenziali (sanità e beni culturali). Non pensa anche lontanamente alla riduzione del debito pubblico, come pure era negli impegni con L’Europa, che, invece, continua a crescere, né sta procedendo a semplificare sul serio la burocrazia della Pubblica Amministrazione riducendo una normativa (interna ed europea che uccide le piccole imprese, specie in agricoltura. In questo settore, come nel turismo e nei beni culturali, si dovrebbe investire molto di più invece di erogare finanziamenti a pioggia dividendo piccole somme a tutti per motivi elettorali che, però, sortiscono scarsi risultati. Gli investimenti privati continuano ad essere lontani dall’Italia per la sfiducia dei mercati. Le cause sono note: migliaia di leggi, regolamenti, procedure, divieti, una burocrazia indecente, una giustizia assente e lontana (i processi continuano a durare anni) una classe politica e dirigenziale incapace, autoreferenziale e vorace. L’Italia di Renzi continua a somigliare, purtroppo nonostante le promesse e gli annunci, sempre di più all’Italia del passato. E la gente comincia ad accorgersene.
edito dal Quotidiano del Sud