Manocalzati si prepara alla festa di San Barbato

Il patrono viene solennemente festeggiato il 19 febbraio

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di Virgilio Iandiorio

San Barbato, è il patrono della omonima frazione del comune di Manocalzati, solennemente festeggiato il 19 febbraio con qualsiasi clima e tempo, il più delle volte inclemente, cadendo la ricorrenza nella stagione invernale .

San Barbato fu vescovo di Benevento nel secolo VII. La tradizione vuole che egli sia nato a Castelvenere, paese della Valle Telesina, intorno al 602 o 603 e morto il 19 febbraio del 682; il suo nome è legato, soprattutto, alla conversione dei Longobardi di Benevento. Sono ampiamente conosciute le sue azioni che hanno del miracoloso: la fine dell’assedio della città sannita da parte dell’esercito bizantino dell’imperatore Costante II, lo sradicamento del noce intorno al quale si celebravano riti pagani.

Le notizie che abbiamo della vita del vescovo Barbato, che fu scritta molto tempo dopo il suo episcopato, si ispirano alla Storia dei Longobardi di Paolo Diacono, per questo motivo la Vita del santo è posteriore agli anni 790, in cui venne redatta la Storia.

Dopo alcuni secoli un notaio e giudice della curia della città di Benevento, di nome Falcone (nato alla fine del sec. XI e morto intorno alla metà del XII sec.), nel suo Chronicon Beneventanum, scritto in età normanna, narra gli avvenimenti dei primi cinquant’anni del XII secolo.

Nella Cronaca, che è la più antica cronaca cittadina scritta in Italia da un laico, Falcone Beneventano rafforza l’autenticità dei fatti narrati appoggiandosi sulla sua memoria, spesso collegata a letture di atti pubblici. E’ il caso della narrazione del ritrovamento e ricognizione del corpo di San Barbato nel 1124 e delle guarigioni miracolose che ad esso sono connesse.

“Dei miracoli che, per i meriti e l’intercessione del nostro padre Barbato, il Signore Gesù Cristo, amante del genere umano, si è degnato di concedere a tutti noi che guardiamo con fiduciosa meraviglia, parlerò ora”…

“Narrerò un altro miracolo, che operò Cristo Gesù, Redentore del genere umano, a gloria del nostro padre Barbato. Un contadino, abitante nel castello di Montefusco, attirato dalla fama della santità di un così grande uomo venne a Benevento. Costui da molti anni era zoppo. Gli si erano rinsecchiti i nervi della gamba e del piede; era perciò afflitto da un dolore terribile, che non gli dava un attimo di tregua; il piede si era rattrappito fino alla natica, e quel poveretto ogni momento era tormentato dal dolore. Subito si prostrò davanti alla basilica di San Barbato, pregando Dio Redentore, perché gli restituisse la salute. Fu preso, mentre pregava, da un pesante sopore, e in quello stato rimase una notte. Nel silenzio di quella stessa notte, ecco si presenta un uomo dall’aspetto senile, con veneranda canizie, il quale, come abbiamo sentito dalle sue stesse parole, lo svegliò in questo modo: “Alzati –disse- presto! vai all’altare consacrato al mio nome e prega, per la clemenza del Salvatore, lì ricevi la gioia della guarigione così a lungo desiderata”. E quello: “Chi sei – domandò- che mi prometti un così grande tesoro?”. “ Sono Barbato –esclamò- vescovo della città di Benevento”. Quello zoppo senza indugio ebbe l’audacia di dire: “Non posso, me infelice, fare ciò; non vedi che rimango immobile qui afflitto dal piede secco? Ho sentito la fama della tua santità e su di un asinello subito sono venuto, per ricevere per tua intercessione la desiderata guarigione”. Senza indugio, il padre Barbato allunga la mano e tocca il piede arido e la tibia dell’uomo, dicendo: “Alzati subito, e guarito prosternati davanti all’altare!”. Ascoltate queste parole si sollevò guarito, lui che era zoppo, e ad alta voce lodò Dio, che gli aveva donato la salute e gli aveva restituito la gioia”.

Già nella Vita Barbati si trovano chiari cenni alle virtù taumaturgiche del santo vescovo: Dio “concesse –si legge nella Vita– di confermare le parole della sua predicazione con prove miracolose; affinché se non con le parole, con la vista dei miracoli si volgessero alla propria salute. Infatti scacciava i demoni dai corpi degli ossessi talora con preghiere rivolte al Signore, talora solo con minacce. Ed ancor oggi davanti alle reliquie del suo corpo, con l’aiuto di Dio, spesso vediamo che molti sono salvati dal demonio”.

Questa virtù di scacciare i demoni è sottolineata nella grande tela della chiesa parrocchiale di San Barbato, e oggi, dopo il terremoto dell’80, conservata nella chiesetta della confraternita di Sant’Anna, in cui sono raffigurati l’Assunzione di Maria e il santo Patrono nell’atto di schiacciare il demonio. Anche l’iconografia ci tramanda così una devozione antica.