Milan tra calcio e politica

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Apparentemente sono due mondi lontani il calcio e la politica ma Berlusconi in tutti questi anni li ha cuciti insieme. Le vittorie del Milan servivano per il consenso, erano la dimostrazione che conquistando coppe e campionati si poteva arrivare fino a Palazzo Chigi. La notte del 18 maggio del ’94 il Milan batte per 4-0 il Barcellona e vince la Coppa dei Campioni. Berlusconi è a Roma in Senato dove il suo primo governo ottiene la fiducia. E’ lui stesso a raccontare che da Palazzo Madama seguiva in diretta tutti i gol. Rivela che ascoltava poco attentamente gli interventi dei senatori e intanto esultava per i gol di Massaro e Savicevic. Una serata a suo modo storica, diventare primo ministro nel giorno della vittoria in Champions. La prova più evidente di un legame imprescindibile. E allora l’addio al Milan ceduto ad una cordata di acquirenti cinesi potrebbe essere il primo passo per un passo indietro in politica. La risposta arriverà nei prossimi mesi. Al momento c’è l’ennesima investitura nel campo del centro destra. Dopo Alfano che “non aveva il quid” adesso è la volta di Stefano Parisi. Il manager che ha perso le elezioni comunali a Milano può vincere ora la corsa alla leadership di ciò che resta di Forza Italia. In una partita considerata senza storia è riuscito a portare al ballottaggio Beppe Sala e il Pd nella capitale economica italiana. Ha messo insieme tutte le varie anime del centrodestra da quelle più moderate di Lupi e Alfano fino alle ali estreme di Salvini e Giorgia Meloni. Finita però la gara delle amministrative il feeling con la Lega si è subito spezzato. Salvini parte dall’idea che prima dei nomi bisognerebbe occuparsi delle cose da fare che per il leader del Carroccio significano immigrazione, no all’euro, no all’ingresso della Turchia in Europa e soprattutto una bocciatura di una eventuale coalizione con Casini e Alfano. Una linea molto diversa da quella che ha in mente Parisi che non è un professionista della politica ma un manager. Amministratore delegato di Fastweb e direttore generale di Confindustria nel suo recente passato. La sua biografia lo vede però nascere “politicamente” socialista vicino all’ex ministro Gianni De Michelis con il quale collabora nel lontano 1984 al ministero del Lavoro e poi alla Farnesina. E’ evidente dunque leggendo il suo percorso la distanza che oggi lo separa da una Lega che non più secessionista ha sposato idee molto di destra. Parisi è invece un moderato che non a caso piace a Gianni Letta e all’ex sindaco di Milano Letizia Moratti. Sarà dunque difficile ricomporre il puzzle dell’antico centrodestra che si reggeva sull’asse Berlusconi – Bossi. Parisi deve mettere in campo altre idee e altri progetti e possibilmente anche altri uomini e donne. A 60 anni si gioca la sua nuova carriera ma la politica è piena di trappole ed insidie. Berlusconi lo incoraggia ma la sua ombra continua ad allungarsi ancora. L’ex Cavaliere al momento non ha intenzione di mandare in soffitta l’intesa con la Lega ma l’obiettivo immediato è quello di ricostruire una Forza Italia scossa da disorganizzazione e cerchio magico in crisi. Solo dopo aver messo in sicurezza il suo partito Berlusconi e dunque Parisi possono lavorare per ridare smalto alla coalizione e tentare lo scacco a Renzi. La prova di questo ragionamento sta nel referendum sulle riforme. Parisi si batte per il no ma non ritiene che questo passaggio implichi necessariamente la caduta del governo. Forza Italia e il centro destra hanno bisogno di tempo. Berlusconi per vendere il Milan ha impiegato più di un anno, la politica di Parisi cammina senza eccessiva fretta.
edito dal Quotidiano del Sud